“Difendetevi da soli!”, Donald Trump dixit. Nel frattempo, occorre prendere atto come, almeno per il prossimo biennio, le industrie belliche – americana ed europea – non siano in grado di sostenere lo sforzo necessario alla difesa di Kiev, né per quanto riguarda i proiettili di artiglieria, né per il rapido reintegro dei mezzi corazzati andati distrutti nel corso dell’ultimo anno di guerra. È vero, però, che per il breve periodo una parte del problema delle forniture belliche immediate all’Ucraina potrebbe essere risolto, qualora si raggiungesse un compromesso al Congresso con l’opposizione repubblicana, in modo da poter sbloccare l’invio di un ulteriore pacchetto di aiuti e di armamenti a Kiev. Sempre che possa funzionare in campagna elettorale il baratto tra lo sblocco di fondi per impedire alla Russia di vincere la guerra, in cambio del rafforzamento dei controlli alla frontiera con il Messico, per respingere i migranti irregolari. A sostenere che le industrie occidentali degli armamenti, europee e americane, non siano in grado di ampliare quanto servirebbe e in tempi rapidi le loro strutture produttive, è la grande stampa angloamericana, per cui si ha l’impressione che gli stanziamenti richiesti dal presidente Joe Biden servano soltanto a svuotare i magazzini degli arsenali Usa, per reintegrali con armi super-moderne e avanzate. Del resto, malgrado l’abbondanza di ordini, le industrie americane non sono in grado di consegnare a Kiev né tutti i Patriot che servirebbero per la sua difesa antiaerea, né i sistemi missilistici più avanzati, dato che le scorte esistenti fanno parte delle riserve strategiche della Difesa Usa. Dei 60 miliardi di dollari richiesti da Biden per l’Ucraina, ben 20 sono destinati rimpiazzare gli stock della difesa Usa, e soltanto 18 sono a disposizione di Kiev per riarmarsi, acquistando armi e munizioni dai fornitori militari americani.
Per quanto poi riguarda la politica del Vecchio Continente, si è sufficientemente ironizzato (in parte, a torto) a proposito del ravvedimento sulla Via di Damasco di Emmanuel Macron, in merito al suo rilancio per la costruzione di una “Difesa europea”. Proposta certamente benemerita, ma molto tardiva, che ha incontrato finora lo scetticismo di tutti gli altri leader europei, e nessuna condivisione da parte delle loro opinioni pubbliche. Sarà, forse, perché i francesi, con la loro mitica e alquanto obsoleta “Force de Frappe” nucleare (che in questo caso diverrebbe “de Trappe”, una trappola per ingenui, cioè), hanno soffocato sul nascere, negli anni Cinquanta, proprio la Difesa comune europea, grazie alla politica gaullista della Chaise vide. Siccome a pensar male si fa sicuramente peccato, ma ci si avvicina spesso alla verità, l’impressione degli scettici è che Parigi, approfittando dell’autoesclusione di Londra dalla Ue, a seguito della Brexit, voglia in qualche modo mettersi alla testa di un esercito europeo, con i francesi convintissimi di poterlo comandare. E non a torto, tutto sommato, essendo la loro l’unica potenza nucleare sopravvissuta della Ue, e avendo ancora il suo esercito una proiezione internazionale. Del resto, si rischia concretamente che il mantra sulla necessità di una Difesa europea sia destinato a rimanere soltanto uno slogan privo di effetti, dopo che i Paesi membri avranno superato la prova elettorale di giugno prossimo e, soprattutto, una volta aperto il tavolo delle trattative con Mosca per la fine del conflitto in Ucraina.
Del resto, le analisi degli istituti specializzati nello studio degli armamenti, e le notizie riportate in merito dalla grande stampa francese e tedesca, non fanno mistero dello stato deplorevole in cui versano sia la Bundeswehr che l’Armée(rispettivamente le Forze armate tedesche e francesi), per cui anche se decidessimo oggi per una difesa comune europea ci vorrebbero decenni per poter competere con quelle di Cina, Russia e America. E come finanziare il nostro sforzo di riarmo, se non con gli Eurobond, ai quali è contrarissima la Germania, avendo Berlino stanziato 100 miliardi di euro al bilancio quadriennale della “sua” difesa, per ricostruire il “suo” esercito a pezzi? Ma c’è un gigantesco problema insuperabile di fondo, per cui la costruzione di un esercito europeo è semplicemente impraticabile: ovvero, il tasso di denatalità e la politica spontanea del figlio unico, che rende impossibile la sola idea di sacrificare figli per la Patria europea! Perché, poi, in tutta sincerità se ne ha davvero abbastanza di quel Bella ciao di popoli come quelli europei, che fanno i coraggiosi parolai con il fegato degli altri (ucraini, in questo caso)! Prendiamo atto allora del nostro rifiuto psicologico di imparare di nuovo a combattere per difendere innanzitutto la nostra libertà, nonché della nostra impossibilità di mettere fine all’irenismo pacifista politicamente corretto, che ci porterà di sicuro in catene un bel giorno alla corte di Zar Putin, o di chi per lui.
Francia, Germania e Usa sono i massimi colpevoli per non aver voluto una Russia europea post-1991, come al contrario avvenne per i Paesi dell’Europa dell’Est. Invece, il liberalismo forzato della Scuola di Chicago seminò nella Russia post-1991 caos e povertà. Perché, sciolto il Patto di Varsavia, non si è fatto lo stesso con il Patto Atlantico, associando contestualmente la nuova Russia in un Trattato internazionale per la sicurezza e la non proliferazione, in modo da rassicurare a lungo termine l’ossessione securitaria di Mosca? Pertanto, adesso, l’unica via d’uscita possibile è di aumentare significativamente la nostra contribuzione in sede Nato, perché dell’America non possiamo per il futuro fare a meno, che vinca Trump o Biden a novembre prossimo. Come diceva l’immortale Don Abbondio: “Chi il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare”. Un requiem aeternam per questa Europa in via di estinzione.
Aggiornato il 13 marzo 2024 alle ore 09:39