Al momento Javier Milei, per noi irriducibili liberali, liberisti e libertari, rimane un’ipotesi infarcita di tante belle speranze. Diciamo pure, seppur in maniera sussurrata, un’utopia impastata con dosi massicce di individualismo e mercato aperto. Al momento, certo. D’altronde Milei, al netto di alcuni atteggiamenti a metà tra il vezzo e il folkloristico, è attualmente la (più bella) novità politica a livello mondiale. Qui in Italia, uno sguardo giornalistico troppe volte semplicistico, e per di più complice di un progressismo perennemente moralisteggiante, sebbene ormai privo di proposte originali in termini politico-culturali, ha tratteggiato un profilo del presidente argentino decisamente caricaturale. Populista. È stato derubricato così, in maniera tout court.
Eppure, il populista è colui che vede lo Stato come panacea per ogni male individuale, mentre Milei vuole restringere drasticamente il perimetro del Leviatano d’origine peronista. D’altro canto, il populista è colui che pronuncia parole assai gradite al suo elettorato mentre Milei, appena eletto, ha dichiarato pubblicamente che i soldi sono finiti. Ciononostante, il populista è colui che utilizza copiosamente la leva della spesa pubblica come fosse manna dal cielo per pianificare ciò che di natura sorge per spontaneismo, mentre Milei ha abolito la parola “gratis” dai documenti ufficiali governativi. Insomma, al momento siamo sul campo della teoria, che è cosa ben differente dalla prassi fattuale, ma si dà il caso che di per sé la grammatica del nuovo leader sudamericano è impregnata di un coraggio che rasenta l’incoscienza. Che poi gli argentini l’abbiano votato per il suo programma all’insegna del “più individuo e meno Stato” è tutto da dimostrare.
Più probabile che Milei abbia conquistato un voto di protesta dopo gli anni peronisti fautori di un’inflazione esorbitante, di una criminalità crescente e di un assistenzialismo selvaggio. Ed è altresì inconfutabile che le ricette economiche propugnate da Milei siano simili a quelle degli anni Ottanta che non riuscirono ad attecchire tra le pampas e il Río de la Plata. Tutto vero. Ma qualcosa suggerisce che stavolta sarà diverso. In un Paese come il nostro, dove molto spesso si confonde il ribellismo con l’anelito di libertà e l’essere anticonformisti con la richiesta di una protezione corporativista, sentire un argentino che parla, in maniera onesta e veritiera, di riscatto, concretezza e di pura libertà, fatemelo dire, è un corroborante niente male per chi continua a difendere il liberalismo a queste latitudini geografiche e di pensiero dominante.
Aggiornato il 08 febbraio 2024 alle ore 09:24