Il vice primo ministro russo afferma che quasi tutte le esportazioni di petrolio del Paese quest’anno sono state spedite in India o Cina. “L’India è un mercato in crescita a seguito delle sanzioni contro Mosca adottate dai Paesi occidentali. Le esportazioni di petrolio verso i due Paesi più popolosi del pianeta, India e Cina, hanno rappresentato il 90 per cento di tutte le esportazioni di greggio della Russia nel 2023”, ha detto mercoledì il vice primo ministro Alexander Novak all’emittente statale russa Rossiya-24. Novak, il cui portafoglio include il controllo del settore energetico del Paese, ha affermato che Mosca è riuscita ad aggirare con successo gli effetti delle sanzioni occidentali durante l’invasione dell’Ucraina, reindirizzando le forniture principalmente ai due giganti asiatici. Ha affermato che questo processo era già iniziato prima dell’invasione del febbraio 2022 e che le restrizioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Ue sono servite da catalizzatore. “Per quanto riguarda le restrizioni e gli embarghi introdotti sulle forniture all’Europa e agli Stati Uniti... ciò non ha fatto altro che accelerare il processo di riorientamento dei nostri flussi energetici”, ha affermato Novak.
Ha detto che la quota delle esportazioni di petrolio russo verso i membri dell’UE è scesa a circa il 4 per cento o 5 per cento, mentre quelle verso gli Stati Uniti sono sempre state di portata molto limitata. Novak ha affermato che la quota cinese delle esportazioni russe è cresciuta fino a circa il 45-50 per cento, ma il vicepremier ha anche detto che, dei due mercati, è l’India quello dove le vendite russe crescono più rapidamente. “Prima non c’erano praticamente forniture all’India; in due anni la quota totale delle forniture all’India è arrivata al 40 per cento”, ha detto Novak. L’India è riuscita persino ad acquistare il petrolio greggio russo esportato, a volte con uno sconto, a raffinarlo e poi a venderlo all’Europa. Ciò è in parte possibile perché le raffinerie spesso utilizzano greggio proveniente da varie fonti, rendendo difficile o impossibile definire da dove provenga originariamente il prodotto finale.
L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato all’inizio di quest’anno che il blocco Occidentale era consapevole di questo problema e stava cercando modi per fermare o limitare tale pratica. “Che l’India acquisti petrolio russo, è normale. E se, grazie alle nostre limitazioni sul prezzo del petrolio, l’India può acquistare questo petrolio a un prezzo molto più basso, beh, meno soldi riceverà la Russia, meglio sarà”, aveva detto Borrell a marzo dello scorso anno. Ora, però aggiunge: “Ma se lo usano per diventare un centro dove viene raffinato il petrolio russo e ci vengono venduti i sottoprodotti... dobbiamo agire”. Il vice primo ministro Novak ha detto di prevedere un prezzo del petrolio simile ai livelli attuali per tutto il 2024, intorno agli 80-85 dollari (circa 72-77 euro) al barile. Ha previsto che i ricavi delle esportazioni russe di petrolio e gas ammonterebbero a quasi 9mila miliardi di rubli (circa 98 miliardi di dollari) per il 2024, un livello simile a quello del 2021, l’ultimo anno prima dell’invasione dell’Ucraina e delle successive sanzioni.
Secondo Novak, l’industria del petrolio e del gas rappresenta circa il 27 per cento del Pil russo e circa il 57 per cento dei ricavi delle esportazioni. Ha detto che Mosca è rimasta aperta ad altri acquirenti. Tuttavia, in questo quadro rose e fiori ci sono delle informazioni che, volutamente, il vice primo ministro russo omette di dire. Le esportazioni di petrolio greggio della Russia verso l’India sono crollate sotto 1 milione di barili al giorno per la prima volta in 13 mesi appena due mesi fa, secondo i dati di monitoraggio delle navi cisterna. Ciò dipende dall’aumento dei costi di trasporto, l’inasprimento delle sanzioni e, soprattutto, una disputa sui pagamenti in rupie per il greggio di Mosca. Parlando in ottobre, il presidente della Indian Oil Corp ha affermato che la società di raffinazione statale si stava spostando verso altre fonti di greggio per alimentare le sue raffinerie poiché i forti sconti per il greggio russo, disponibili nell’ultimo anno e mezzo, erano diminuiti. L’aumento dei prezzi frena la sete dell’India di petrolio russo.
Il crollo delle importazioni indiane di greggio russo arriva anche in seguito alle notizie secondo cui la Banca centrale russa non desidera più accettare pagamenti in rupie per le esportazioni di petrolio. Questa modalità di pagamento era frutto di un accordo di compromesso raggiunto all’inizio del 2023, nell’ambito degli sforzi russi per evitare il commercio in dollari, a seguito delle sanzioni occidentali. Per la Banca centrale russa non risulta utile ricevere entrate in una valuta che ha valore reale, al di fuori dell’India, ben al di sotto di quello fissato a livello ufficiale da Nuova Delhi. Persino il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov a settembre aveva ribadito la preoccupazione che Mosca stesse accumulando miliardi di rupie nelle banche indiane per pagamenti petroliferi a cui non poteva accedere. Non proprio un dettaglio di poco conto. Quindi, ancora una volta, i numeri strabilianti sfoggiati dal vice primo ministro russo sono solo l’ennesima performance della propaganda di Mosca, dove tutti quei dettagli che risultano in disaccordo con la narrazione del Cremlino vengono accuratamente omessi.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
Aggiornato il 11 gennaio 2024 alle ore 16:14