Esecuzioni mirate: vendetta o giustizia preventiva?

Il mondo libero ha qualcosa di più moderno da opporre al detto biblico “occhio per occhio, dente per dente”, ancora oggi diffusamente praticato in Medio Oriente e, in particolare, nei conflitti arabo-israeliani?

In realtà, l’Onu e la Convenzione universale sui Diritti umani hanno introdotto, a partire dal 1945, un sistema giudiziario internazionale complesso, per giudicare i delitti contro l’umanità, istituendo tribunali internazionali di giustizia, solo in teoria super partes. Peccato, infatti, che troppi Stati (in rappresentanza di molti miliardi di persone) membri nell’Onu non ne riconoscano a oggi la giurisdizione. Ma il difetto sta sempre nella “testa”, nel senso che già all’atto del loro concepimento era ben noto ai loro padri costituenti (Stati aderenti e loro rappresentanti) come questi paludati organismi non possedessero in proprio la “forza” per far rispettare le loro decisioni. Come invece farebbe, attraverso gli organi di polizia, un qualsiasi tribunale occidentale per far arrestare e assicurare alla giustizia i riconosciuti colpevoli di crimini sottoposti alla sua giurisdizione penale. Nel caso delle istituzioni internazionali di giustizia, infatti, questo compito fondamentale è demandato ai tribunali nazionali degli Stati firmatari e al loro braccio secolare repressivo (polizia ordinaria e ordinamenti carcerari). Infatti, Vladimir Putin dorme sonni tranquillissimi, pur accusato di crimini di guerra, visto che ha molti paesi amici in cui recarsi in visita senza incorrere nel rischio di venire arrestato.

Ora, i benpensanti dicono che no, nessuno può avere il diritto (come fa da sempre Israele) di ricorrere alle esecuzioni mirate, per punire mandanti ed esecutori di crimini efferati contro civili innocenti, commessi a fini di terrorismo religioso e/o politico. Tuttavia, la domanda più banale alla quale dover dare una risposta sensata è la seguente: se voi sapeste che uno o più soggetti stanno per commettere una strage li fermereste per tempo e con qualsiasi mezzo? Tipo: se fosse stato possibile eliminare Osama Bin Laden, prima che attuasse l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 Settembre 2001, avreste dato o no l’ordine esecutivo per la sua preventiva eliminazione? Idem per Hitler e Stalin prima che commettessero genocidio nei confronti di decine di milioni di innocenti? Di certo, anche Dio stesso l’avrebbe dato quell’ordine, se per nostra sfortuna non ci avesse concesso il libero arbitrio. Ora, che cosa si fa con quei mandanti ed esecutori di stragi, riparatisi in Stati “canaglia”, cui è inapplicabile il diritto penale internazionale? Come si può assicurare civilmente alla giustizia tutti costoro che rivendicano pubblicamente, per motivi religiosi e/o politici, la propria responsabilità diretta o indiretta in crimini efferati ai danni di cittadini innocenti, promettendone molti altri fino alla distruzione totale del loro nemico?

Del resto, tutti sappiamo bene come contro l’Isis, che sterminava chiunque (definendolo “pubblico non combattente”) non fosse musulmano integralista, si sia creata una “coalition-of-the-willing”, sul tipo di quella messa in piedi da Bush padre per obbligare Saddam Hussein a ritirarsi dal Kuwait, per farla finita con la forza contro lo Stato Islamico.

Nessuno che oggi faccia menzione di quella informale coalizione internazionale, cui hanno partecipato Russia e America con la loro aviazione, e indirettamente l’Iran attraverso i suoi mujaheddin dislocati in Siria e inviati a combattere contro le fazioni fondamentaliste sunnite, schierate contro il dittatore Bashar Assad nella guerra civile siriana. Truppe di terra, quelle dei mujaheddin iraniani, altamente preparate e organizzate che hanno vinto sul campo contro i fondamentalisti sunniti, attirandosi oggi la loro vendetta con il doppio attentato di mercoledì 3 dicembre, che ha provocato centinaia di morti e feriti tra la folla radunata a Kerman presso la tomba del generale Qassem Soleimani.

Chi ricorda intere città roccaforti dell’Isis come Raqqa e Mosul rase letteralmente al suolo dai bombardamenti alleati, facendo molte migliaia di vittime civili come quelle che oggi Hamas dichiara a Gaza? Così, in molte altre occasioni, si è agito preventivamente e basta, per fermare a ogni costo leader e gregari assassini prima che facessero altre migliaia di vittime innocenti. Ma del resto, chi si è mai scandalizzato avendo visto con grandissimo piacere e soddisfazione migliaia di fiction in cui si raccontano le gesta di agenti con licenza di uccidere, incaricati di neutralizzare pericolosi criminali e nemici pubblici numero uno? E, poi: come mai non si scatena una guerra globale contro tutti coloro che predicano, come formazione armata, il genocidio etnico-religioso contro determinate minoranze?

Varrà la pena, per inciso, vista l’iniziativa davvero sorprendente del Sud Africa di chiamare in giudizio davanti alla Corte dell’Aia lo Stato di Israele per “genocidio”, di ricordare a tutti gli uomini di buona volontà che, come tale, si intende una strategia deliberata, hitleriana, staliniana o polpottiana, mirata all’eliminazione intenzionale, dichiarata e pregiudiziale di tutti gli individui che si riconoscono appartenenti a un determinato gruppo sociale, etnico, o religioso. Ora, semmai, sarebbe da chiamare in giudizio per tentato genocidio proprio la stessa Hamas, che ha nel suo atto statutario la cancellazione di Israele dalla carta geografica mediorientale. E, com’è di tutta evidenza, la cancellazione di uno Stato comporta automaticamente quella “fisica” dei popoli che lo abitano. C’è da chiedersi, in proposito: quali insegnamenti alla rovescia vengono impartiti agli studenti delle più prestigiose università americane, sfacciatamente pro-Hamas?

Aggiornato il 10 gennaio 2024 alle ore 09:33