La questione migratoria che affligge i confini afro-europei corre in parallelo con altre dinamiche migratorie altrettanto complesse e sociologicamente invasive. Infatti, riscontriamo che anche i confini tra Stati Uniti e Messico sono gravati da cronici flussi provenienti da Sud, che pesano sui rapporti politici tra i due Stati. La situazione alla frontiera tra questi due Paesi è sempre più drammatica. Secondo quanto emerge dai dati resi noti dalla polizia di frontiera statunitense, nel mese di dicembre sono giunte giornalmente circa diecimila persone alla frontiera meridionale degli Usa. Il Dipartimento doganale degli Stati Uniti ha così affermato che nell’ultimo anno oltre tre milioni di migranti sono stati intercettati dalle autorità di frontiera, contro i quasi due milioni e settecentomila dell’anno precedente.
Il 27 dicembre il capo della diplomazia, Antony Blinken e il segretario alla Sicurezza nazionale, Alejandro Mayorkas, membri della delegazione americana, hanno raggiunto Città del Messico per incontrare il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (noto come Amlo), incentrando il loro incontro sulla questione migratoria. Il presidente messicano, dopo più di due ore di incontro a porte chiuse, ha dichiarato la “positività” della discussione che, come è stato stabilito avrà cadenza mensile, invitando anche a partecipare i Paesi centroamericani, preoccupati e coinvolti nel fenomeno migratorio. Successivamente, attraverso i canali televisivi, Amlo ha ammesso che “gli Stati Uniti hanno accettato di riaprire i varchi della frontiera”, che è stata chiusa a metà dicembre a causa dell’afflusso migratorio. “Il rapporto con i nostri vicini è fondamentale: dobbiamo prenderci cura di loro e dobbiamo prenderci cura anche dei migranti. Dobbiamo garantire che non si verifichino abusi, rapimenti o incidenti lungo il percorso”. Il flusso migratorio messicano verso gli Stati Uniti ha da sempre rappresentato una grande piaga sociale. Gli spostamenti “incontrollati” sono da sempre stati cause di tensioni.
Il 25 dicembre, dal Chiapas, sono partiti quasi più di diecimila migranti diretti a Città del Messico; il Texas in vista di questo spostamento ha rafforzato le proprie frontiere e organizzato pullman per trasportare i migranti verso altri Stati del Paese, soprattutto quelli gestiti da “governatori democratici”, come New York e California. Anche Oltreoceano il “quadro” all’interno del quale si muovono le dinamiche migratorie ha gli stessi connotati riscontrabili nell’area mediterranea: una criminalità organizzata che si destreggia egregiamente all’interno dell’ipocrisia vestita di solidarietà e assistenza.
Così, negli articolati confini tra Messico e Stati Uniti molti nuclei familiari vengono sequestrati da discutibili agenti di polizia di frontiera, considerati da alcune ong complici dei trafficanti di esseri umani, che a seguire li conducono nelle vaste fattorie texane dove vengono schiavizzati o consegnati a “intermediari”. Il loro rilascio verso la libertà ha un prezzo, che deve essere corrisposto dai parenti rimasti in Messico o da quelli presenti negli Stati Uniti. Il valore del riscatto varia da duemilacinquecento a tremila dollari. Più il flusso migratorio aumenta, più cresce il business del commercio di esseri umani. Oltre ai messicani, anche altre popolazioni sudamericane, come gli honduregni, sono vittime di estorsioni e rapimenti durante il viaggio in pullman che da Città del Messico va verso il confine con gli Stati Uniti.
Le linee di trasporto dei gruppi Estrella Blanca, Futura e Chihuahuenses, che collegano la città messicana di Ciudad Juarez ai confini Usa, sono quelle più citate come soggette a rapimenti. Tuttavia, le istituzioni messicane, come l’Istituto nazionale per la migrazione, il Ministero dei Trasporti e la compagnia Estrella Blanca avrebbero esercitato una certa omertà riguardo a queste azioni criminali. Infatti, nonostante le interrogazioni da parte delle ong e dei giornalisti, non hanno fornito alcuna risposta, ignorando pure le numerose testimonianze delle vittime. Quindi, sia raggiungere il Mediterraneo via Sahara, che arrivare ai confini tra Messico e Stati Uniti, presenta le stesse dinamiche, le stesse problematiche. Ma, soprattutto, lo stesso business. Il tutto abbracciato da una forte dose di cinismo.
Aggiornato il 04 gennaio 2024 alle ore 10:18