L’economia secondo Putin

Finanza creativa con Trilioni di perdite

Il 14 dicembre Vladimir Putin, per più di quattro ore, ha fatto il punto dell’anno e ha risposto a numerose domande di giornalisti e cittadini russi. A prima vista, si potrebbe dire che non ci siano state rivelazioni eclatanti in questa “maratona” televisiva, a eccezione della “rivelazione” che il ministro dell’Agricoltura Dmitry Patrushev aveva qualche problema a gestire il prezzo delle uova. Un vero e proprio scoop. Si, perché nella Russia di Putin tutto va a gonfie vele, meno che le “uova” del ministro Patrushev. Tuttavia, scavando un po’ più a fondo, il presidente russo ha svelato alcune sue “brillanti” intuizioni economiche. Evidentemente, la gag sulle uova, ricca di drammatica comicità, aveva uno scopo ben preciso: dare modo ai giornalisti russi di poter scrivere qualcosa l’indomani. Per quanto riguarda l’economia, Putin ha tradizionalmente parlato di come l’Occidente si stia “dando la zappa sui piedi” e la Russia stia solo meglio così. Tuttavia, quando si è iniziato a parlare delle ragioni dell’elevato margine di sicurezza dell’economia russa, il presidente russo ha dato il meglio di sé, illustrando un’idea – a dir poco – rivoluzionaria (dal punto di vista della teoria economica). Si scopre così che l’ostentata sicurezza del Cremlino si basa su diverse componenti, di cui le tre principali sono state “svelate” da Putin.

Vediamo allora quali siano i tre pilastri dell’economia russa per il 2024, citando il diretto protagonista, Putin:

1) “Alto consolidamento della società russa”.

2) “Stabilità del sistema finanziario ed economico del Paese”.

3) “Aumento delle capacità della nostra componente di potere: l’esercito e le agenzie di sicurezza”.

Forse, quest’ultimo, tra tutti è davvero il più rivoluzionario. È davvero un peccato che Putin non abbia avuto modo di sviluppare questo aspetto della sua teoria economica e che sia stato interrotto dalla domanda successiva, altrimenti sarebbe potuta nascere una scoperta degna del “Premio Stalin”. Tuttavia, l’eterno inquilino del Cremlino ha comunque potuto sfoggiare tutto il suo poliedrico sapere. Un “tuttologo” a tutto tondo. Ad esempio, quando si è parlato del finanziamento dei territori ucraini occupati o, come vengono chiamati da Mosca, delle “nuove regioni russe”, si è distinto in aritmetica: “Ogni anno il bilancio federale stanzia più di mille miliardi di rubli per lo sviluppo di queste regioni e il loro graduale ingresso nella vita economica e sociale della Russia. Ogni anno vengono investiti mille miliardi e ciò avverrà anche nei prossimi anni. Inoltre, noi abbiamo stabilito rapporti di gemellaggio tra queste regioni e altre regioni della Federazione Russa. Esse hanno già investito, secondo me (queste sono parole testuali di Putin, ndr), circa 100-40, circa 150 miliardi. Ma cosa voglio dire? È importante che quest’anno queste cosiddette nuove regioni abbiano versato 170 miliardi di rubli al bilancio federale”.

Andiamo a riepilogare quanto detto. Ci saranno uscite per mille miliardi, provenienti dal bilancio federale, a cui si devono sommare 150 miliardi dalle Regioni occupate sotto forma di “patrocinio” volontario-obbligatorio. E il ritorno, sotto forma di tasse, è di 170 miliardi di rubli. Cioè, la perdita netta derivante dall’occupazione è di quasi un trilione. Questo dato, peraltro, non include gli altri costi derivanti dalle sanzioni internazionali, dall’aumento della produzione militare a scapito di quella civile e dall’impiego in guerra di centinaia di migliaia di russi di età produttiva. È sempre Putin, tra l’altro, che snocciola gli ultimi dati: 300mila mobilitati e 486mila soldati a contratto, per un totale di 786mila persone, sottratte al mercato del lavoro russo. Le regioni non solo hanno perso i loro lavoratori (che, come tali, sono anche contribuenti) e stanno pagando tasse aggiuntive a favore dei “nuovi territori”, ma hanno anche creato battaglioni e brigate di volontari che non sono più in grado di mantenere. Nessuno pensava che ci sarebbe voluto così tanto tempo. Tuttavia, anche qui, Putin ha promesso di voler favorire che i “volontari” vengano mantenuti come “soldati a contratto”.

In quasi tutte le risposte alle domande, il filo conduttore era “se il ministro delle Finanze fosse seduto qui, direbbe che non ci sono soldi” (questa è una citazione diretta di Putin nella sua risposta a una domanda sul programma di reinsediamento per i residenti dell’estremo nord). Fortunatamente per gli interroganti, lì seduto non c’era il ministro delle Finanze Anton Siluanov, ma Vladimir Putin. E il presidente russo ha promesso di cercare soldi per l’estremo nord, di estendere il programma di mutui preferenziali e molto altro ancora. Si è anche lasciato sfuggire da dove proverranno i soldi per fare tutto ciò, rispondendo a una domanda sui piani del nuovo presidente dell’Argentina di abbandonare la moneta nazionale e passare ai dollari americani: “Qualsiasi governo deve sempre adempiere agli obblighi sociali. Noi li adempiamo completamente, nella loro interezza. Passando al dollaro, non puoi garantire nulla; dovrai tagliare la spesa di bilancio per prestazioni sociali, pensioni, stipendi, strade, sicurezza nazionale”.

Si scopre che, secondo Putin, questo è il motivo per cui è necessaria una valuta nazionale. In questo modo, quando non si ha abbastanza cartamoneta per pagare le spese militari o le pensioni, la stessa può, in qualsiasi momento, essere “ristampata”. Anche se ciò è vietato persino in Russia, dove vige il divieto di finanziare la spesa pubblica con nuove emissioni di valuta. È la normativa vigente a stabilirlo. Questa legge non venne adottata all’improvviso, ma dopo l’iperinflazione degli anni Novanta, quando le autorità erano troppo propense a “stampare denaro” per risolvere i problemi di bilancio. Tuttavia, il giorno seguente alla conferenza stampa di Putin, la Banca di Russia – nella sua prima riunione – ha aumentato il tasso di un altro punto percentuale, portandolo al 16 per cento annuo. E tutto perché l’inflazione continua ad accelerare e non esistono altri strumenti normativi efficaci. Ne consegue che i prestiti diventeranno ancora più onerosi sia per i cittadini sia per quelle imprese che non hanno ricevuto ordini militari e anticipi dal Ministero della Difesa. La domanda da un trilione di rubli è: “Chi fallirà prima: i cittadini che hanno contratto prestiti o le imprese del settore civile?”. Nel primo caso, i prezzi smetteranno di aumentare. Semplicemente perché una parte significativa della popolazione rimarrà senza soldi per comprare qualsiasi cosa. Nella seconda ipotesi, però, i prezzi continueranno a crescere vertiginosamente, poiché le merci scompariranno dagli scaffali più velocemente di quanto diminuisca il potere d’acquisto della popolazione. Questi sono i frutti della generosità di Putin. Non c’è dubbio, il popolo russo ha di cosa essere contento.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza

Aggiornato il 20 dicembre 2023 alle ore 11:53