2024: anno della famiglia di Putin

Con decreto presidenziale, Vladimir Putin ha dichiarato il 2024 anno della famiglia. Nelle città della Russia dei nostri giorni, sugli edifici, campeggiano cartelloni pubblicitari a dir poco aberranti. A sinistra c’è un bambino nel grembo materno, a destra c’è un bambino di circa cinque anni in uniforme, che saluta militarmente. Il tutto accompagnato dalla scritta: “Proteggimi oggi, posso proteggerti domani. Firma per il divieto di aborto nella chiesa più vicina”. Non un semplice manifesto, ma un emblematico simbolo della Russia di Putin. Il regime ha bisogno di soldati (e di lavoratori del complesso militare-industriale), le madri devono partorire queste “cartucce umane” per il sistema espansionista promosso dal Cremlino. Devono partorire i loro bambini, non per dare spazio alla vita, ma per creare futuri soldati. Indipendentemente dalle circostanze. La Chiesa ortodossa russa è una fedele collaboratrice della propaganda del regime; il suo capo promette alla crescente “biomassa umana” l’eliminazione di tutti i peccati per una morte eroica.

Il patriarca Kirill perdona i peccati di omicidio – anche se commessi con particolare crudeltà – gli atti di satanismo e perfino cannibalismo (non nel senso politico, ma gastronomico del termine) qui sulla terra. Puoi servire sei mesi al “fronte” e, uscire di prigione, tornando a commettere crimini e altri misfatti, ma nello status di eroe e onorato difensore della Patria e con una coscienza “monda” da qualsiasi peccato. Con il suo decreto, Putin ha dichiarato il 2024, il terzo anno di quella che promette essere una “operazione speciale” pluriennale, “anno della famiglia”. Tutto è esattamente come nella battuta forse più famosa della tarda era sovietica: “Facciamo tutto in nome dell’uomo, tutto è per il bene dell’uomo – e conosciamo quest’uomo”. Parafrasando, potremmo dire oggi: “Tutto è per il bene della famiglia, e noi conosciamo questa famiglia. Questa è la famiglia politica e finanziaria di Vladimir Putin”.

E per preservare il benessere di questa famiglia e mantenerne il potere il più a lungo possibile, i soggetti devono dare alla luce quanti più futuri soldati-difensori del sistema. In questo senso, il Cremlino non ha mentito: questo sarà davvero un anno profondamente familiare con un duplice lieto evento: la “rielezione” dell’eterno presidente, combinata con la celebrazione del 10° anniversario dell’incorporazione della Crimea. Nel frattempo, le famiglie che supereranno l’anno della famiglia chiedono il ritorno a casa dei loro padri, mariti e figli, mobilitati più di un anno fa. Tuttavia, mentre i serial killer e gli stupratori possono tornare alla vita civile, con gli stessi onori che furono riconosciuti ai veterani della “Grande guerra patriottica”, dopo sei mesi di “valoroso” servizio, svolto praticamente nella loro specialità, i mobilitati non possono.

Inoltre, c’è un’evidente contraddizione con la politica demografica: per dare alla luce nuovi futuri soldati sono necessari anche i maschi; le donne non possono concepire da sole i futuri “salvatori della Patria”. A chi il Cremlino ordinerà di mettere incinta le madri, se ha mandato i loro mariti lontano da casa da più di un anno? Soprattutto, tenendo conto che Putin non ha alcuna intenzione di portare a termine la cosiddetta “operazione speciale” e riportarli a casa. Le manifestazioni dei familiari dei mobilitati sono vietate in Russia, nonostante il fatto che esse stesse costituiscano, teoricamente, la base sociale del regime. Alcune mogli dicono proprio questo: noi siamo favorevoli alla “operazione militare speciale”, ma lasciamo che qualcun altro combatta, i nostri mariti hanno già pagato il loro debito, tocca agli altri mariti. Con le elezioni alle porte, bisogna fare qualcosa con questa categoria di cittadini. Inoltre, anche se il Cremlino sembra non l’abbia ancora capito, questi cittadini non vanno rubricati nella sezione “Proteste”, ma andrebbero inseriti nella sezione “Reclami dei lavoratori al Comitato centrale del Pcus (Consiglio supremo)”, di sovietica memoria. Questi russi non sono contro il governo e la sua campagna di espansione imperiale, se ne lamentano solo perché toccate direttamente dal conflitto.

Quello che dovrebbe essere chiaro a tutti è che per le autorità russe il valore della vita di una persona mobilitata è zero, il valore della vita dei criminali è zero, persino il valore della dei cosiddetti “corrispondenti militari” è pari a zero. Se le redazioni accettano di mandarli in “prima linea”, non è certo in nome di una sana informazione, ma solo perché anche la stampa russa è strumento della propaganda, che – similmente a troll – agisce senz’anima, e gli stessi giornalisti sono solo propagandisti che contribuiscono a giustificare un massacro selvaggio del XXI secolo. E la popolazione civile? In cambio del fatto che Putin non mandi tutti in trincea e in generale dimostri impegno per ristabilire un senso di normalità, questa parte della popolazione è pronta a sostenere il “padre della nazione”. Questo è il contratto sociale oggi. I russi sono pronti a portare i bambini alle lezioni di “Parlare di cose importanti” il lunedì, a scrivere denunce contro gli oppositori della guerra, scattare fotografie di schede elettorali correttamente compilate e inviarle alla direzione, pur di non dover pagare in prima persona il prezzo di questa folle guerra. Il voto è il prezzo da pagare per non farsi mandare personalmente in trincea dallo Stato. Un biglietto d’ingresso per una vita relativamente tranquilla e familiare. Queste persone vogliono anche una vita normale e, perché no, un senso di festa. Questi cittadini della Federazione Russa vogliono un miracolo.

Ecco perché, invece di migliaia di persone che protestano contro il regime, che può in ogni momento mandare i suoi uomini a uccidere ed essere uccisi, queste stesse migliaia stanno in fila davanti alla biglietteria del Teatro Bolshoi di Mosca per acquistare i biglietti per Lo schiaccianoci. Stanno in fila, nello stesso modo in cui una volta si trovavano lungo l’argine del fiume Moscova, per vedere le reliquie di San Nicola Taumaturgo. Per queste persone sono altre le priorità: alla fine del 2023 è stato registrato un aumento del 50 per cento (rispetto al 2022) negli acquisti dei tour di Capodanno. Nell’anno della famiglia di Vladimir Putin, i russi non si aspettano un miracolo dallo stesso Putin, anche se il 70 per cento degli intervistati del Centro Levada – stanchi “dell’operazione speciale” – accetterebbe con gratitudine la fine del conflitto da parte del presidente russo. Tuttavia, Il 57 per cento di loro non sarebbe d’accordo con l’instaurazione della pace se la Russia dovesse cedere, per ottenerla, i territori occupati. Chissà se i russi attendono un miracolo come nello “Schiaccianoci” che combatte contro il re dei topi. A dire il vero, è strano che questo balletto non sia stato ancora vietato in Russia. È pieno di spunti pericolosi. Come scrisse l’autore, Ernst Theodor Amadeus Hoffmann: “Con queste parole, il caro Schiaccianoci si scrollò di dosso molto abilmente le sette corone d’oro del re dei topi, che aveva infilato nella mano sinistra, e le diede a Marie, che le accettò con gioia”.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza

Aggiornato il 02 dicembre 2023 alle ore 10:34