È dal lontano 1948 che Israele, senza soluzione di continuità, è in guerra con il mondo arabo per difendere l’esistenza dello Stato ebraico fondato con la risoluzione dell’Onu. Dalla sua nascita si è sempre dovuto difendere dai Paesi confinanti, che hanno sempre cercato di annientare una nazione e un popolo. Da tutte le guerre che i Paesi arabi hanno avviato contro gli ebrei, Israele è sempre uscito vincitore. Ciò nonostante, non ha mai lasciato nulla di intentato per cercare una definitiva pacificazione con i vicini. Ogni volta che c’è stata la possibilità di una pacifica negoziazione con i metodi diplomatici per trovare una soluzione, ha offerto territori conquistati con le guerre in cambio della agognata pace. Tutti i primi ministri israeliani, sia laburisti che di centrodestra, che si sono succeduti dal 1948, hanno cercato di risolvere il problema con la diplomazia. Hanno fallito i governi di ogni colore politico per il rifiuto dei palestinesi di riconoscere lo Stato di Israele. Non è possibile negoziare la pace, se la controparte persegue l’obiettivo della distruzione dello Stato ebraico.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è stato individuato come capro espiatorio di tutti i problemi legati all’infinita guerra tra gli arabi e gli israeliani che è iniziata nel 1947 con la risoluzione Onu (numero 181), che prevedeva la nascita d’Israele e lo Stato palestinese. Due popoli e due Stati. Risoluzione accettata dagli ebrei e contestata dal mondo arabo nel suo complesso. Bibi Netanyahu è la vittima sacrificale ideale per l’intellighenzia sinistrorsa. È il leader del Likud, partito di centrodestra, quindi incompatibile con l’assumere l’onere e l’onore di guidare l’unica democrazia del Medio Oriente anche se democraticamente eletto. A un partito di centrodestra non è consentito di governare, se per raggiungere la maggioranza alla Knesset si è dovuto alleare con partiti religiosi e con partiti ultraconservatori. Ovviamente, quello che è negato al centrodestra è consentito alla sinistra, cioè allearsi con la sinistra estrema e con gli indipendentisti catalani in Spagna.
Ha l’inaudita colpa di tutelare gli interessi della sua nazione senza farsi condizionare dagli Stati Uniti e dall’Europa. Difende con ogni mezzo l’esistenza di uno Stato, Israele, che è l’ancora di salvezza di tutti gli ebrei della diaspora che sono ancora oggi oggetto di discriminazione nel mondo. In sostanza, anche se ha vinto le elezioni, non è idoneo a governare Israele. Gli viene addebitata la colpa, per responsabilità oggettiva, di non aver saputo prevenire e difendere i cittadini ebrei che sono stati trucidati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre scorso. Gli viene altresì rimproverato di aver avuto una reazione “sproporzionata” contro Hamas con la guerra a Gaza, causando un enorme numero di vittime civili. Di fatto, equiparando le conseguenze orrende di una guerra con una carneficina perpetrata da terroristi che non si creano scrupoli nell’utilizzare i civili come scudi umani.
È sempre sua la colpa di non avere ancora risolto il problema degli ostaggi detenuti dai tagliagole islamisti. Eppure, mai sono stati addebitati al presidente degli Stati Uniti l’attentato alle Torri Gemelle né tantomeno sono stati colpevolizzati i leader di Francia, Gran Bretagna e Spagna per gli efferati attentati islamisti che hanno subito i loro cittadini. È possibile prevenire attentati terroristici come quello che si è verificato il 7 ottobre in Israele? Ho molti dubbi. L’opinione comune degli osservatori internazionali è che Benjamin Netanyahu, finita la guerra, sarà defenestrato da primo ministro. Tutto potrà essere addebitato, per responsabilità oggettiva, al capo del Governo israeliano. Ma una cosa è certa: se sarà costretto alle dimissioni, lascerà la nazione ebraica libera dai terroristi di Hamas. E infliggerà una severa sconfitta agli Hezbollah e alla Jihad islamica, rendendo Israele relativamente più sicuro!
Aggiornato il 21 novembre 2023 alle ore 11:35