Sebbene il desiderio di porre fine allo spargimento di sangue in Ucraina sia perfettamente comprensibile, chiunque sostenga un accordo di pace con Vladimir Putin deve prima fare i conti con la realtà genocida dell’invasione russa. Putin in persona ha ripetutamente chiarito che nega il diritto all’esistenza dell’Ucraina ed è determinato a estinguere lo Stato ucraino. A meno che non venga sconfitto, qualsiasi accordo di compromesso, porrebbe semplicemente le basi per la fase successiva della campagna russa volta a cancellare l’Ucraina dalla mappa geografica. L’ossessione di Putin per l’Ucraina e il suo rifiuto della legittimità storica del Paese sono stati messi in piena luce recentemente durante un discorso del 3 novembre alla Camera civica russa. “Non c’era l’Ucraina nell’impero russo”, ha dichiarato. Il dittatore ha poi proseguito sfoderando molte delle sue più consuete distorsioni storiche, inclusa l’affermazione secondo cui l’Ucraina era stata creata artificialmente da Vladimir Lenin e dalle prime autorità sovietiche “a spese delle terre della Russia meridionale”. Tali argomenti non sono nuovi. In effetti, Putin ha utilizzato la storia come un’arma per delegittimare l’Ucraina indipendente da quasi due decenni, con una tendenza che si è intensificata drammaticamente durante la preparazione dell’attuale invasione su vasta scala. Nel luglio 2021, Putin ha pubblicato un saggio di 6mila parole attaccando l’Ucraina come Stato artificiale e sostenendo che gli ucraini sono in realtà russi (“un solo popolo”). Questo trattato agghiacciante venne ampiamente diffuso tra le forze armate russe e da allora venne considerato la base ideologica per l’invasione dell’Ucraina. Mesi dopo lo scoppio delle ostilità, Putin paragonò la sua invasione dell’Ucraina alle conquiste imperiali dello zar russo Pietro il Grande nel XVIII secolo, sostenendo che stava “restituendo le terre russe”. Durante le successive cerimonie che segnarono “l’annessione” di quattro province ucraine parzialmente occupate, dichiarò che queste regioni avrebbero fatto parte della Russia “per sempre”. Nel primo anniversario dell’invasione, Putin ha detto alla folla a Mosca che la Russia stava combattendo per le sue “terre storiche” in Ucraina.
L’analfabetismo e la doppiezza storici di Putin sono stati nuovamente messi in mostra nella primavera del 2023, quando ha esibito pubblicamente una mappa francese del XVII secolo raffigurante le terre dell’Europa orientale, che includeva l’odierna Ucraina. Il dittatore russo ha indicato la mappa come presunta prova che “l’Ucraina non è mai esistita nella storia dell’umanità”, nonostante il fatto che l’Ucraina fosse chiaramente indicata con il nome sulla mappa. Se avesse prestato più attenzione, Putin avrebbe notato che la mappa non conteneva alcun riferimento all’Impero russo, che all’epoca era conosciuto come Moscovia. Né figurava la sua città natale, San Pietroburgo, fondata solo all’inizio del XVIII secolo. Al contrario, si pensa che la capitale ucraina Kyiv risalga a oltre 1500 anni fa, il che la rende molto più antica delle principali città russe. Putin non è il primo sovrano russo a negare l’esistenza della nazione ucraina. Al contrario, il negazionismo ucraino è stato per secoli un pilastro centrale della politica imperiale russa. L’Impero russo rifiutò costantemente di riconoscere l’Ucraina proprio perché la repressione dell’identità nazionale ucraina era considerata essenziale per la sopravvivenza del regime zarista. Invece, gli ucraini furono etichettati come “piccoli russi” dalle autorità zariste, che bandirono la lingua ucraina dichiarando che “una piccola lingua russa separata non è mai esistita, non esiste e non esisterà”.
L’insistenza di Putin sulla presunta mancanza di legittimità dell’Ucraina riflette la profonda insicurezza della Russia riguardo al proprio passato. Generazioni di russi hanno fatto risalire la loro storia nazionale all’Ucraina e allo Stato Rus di Kyiv, dell’Europa medievale. Tuttavia, molti storici considerano la Russia odierna come il successore del Granducato di Mosca, che per primo assurse alla ribalta regionale come stato vassallo dell’Impero mongolo molto tempo dopo il declino e la caduta del Rus di Kyiv. Nonostante questi tenui legami con l’era del Rus di Kyiv, i governanti russi a partire dal XVII secolo hanno rivendicato l’eredità storica di Kyiv per giustificare la colonizzazione dell’Ucraina e rafforzare le proprie credenziali europee. Putin ha continuato questa tradizione, inaugurando nel 2016 un enorme monumento al principe Volodymyr il Grande nel centro di Mosca, nonostante il fatto che la capitale russa sia stata fondata solo più di un secolo dopo la morte di Volodymyr.
Dopo il crollo dell’Urss nel 1991, la crescente consapevolezza internazionale della storia ucraina ha sollevato domande imbarazzanti su molti aspetti profondamente radicati della narrativa nazionale russa risalenti all’epoca zarista e sovietica. Ciò aiuta a spiegare perché Putin e altri membri dell’establishment russo considerano il consolidamento dello Stato ucraino come una minaccia esistenziale al proprio impero autoritario. L’adesione dell’Ucraina indipendente ai valori democratici europei è servita solo ad aumentare questo senso di pericolo all’interno dell’élite russa. Putin ha cercato di inquadrare l’invasione dell’Ucraina come una crociata per la giustizia storica e la restituzione delle terre ancestrali russe. In realtà, si tratta di una guerra coloniale vecchio stile che riecheggia i peggiori eccessi dell’imperialismo europeo. La sua versione mitizzata della storia russa è del tutto incompatibile con l’idea di una nazione ucraina separata; è quindi obbligato a negarne completamente l’esistenza.
Questa negazione sta ora alimentando un genocidio nel cuore dell’Europa. Le truppe russe hanno già ucciso migliaia di ucraini e ne hanno deportati altri milioni. In tutte le regioni dell’Ucraina, attualmente sotto il controllo del Cremlino, le autorità di occupazione russe sono apertamente impegnate nello sradicamento metodico dell’identità ucraina e nella russificazione forzata della restante popolazione. In tali circostanze, le richieste internazionali per una pace di compromesso sono profondamente sbagliate. Dovrebbe essere chiarissimo a tutti gli osservatori obiettivi che, a meno che l’Ucraina non riesca a ottenere una vittoria decisiva, qualsiasi pausa nelle ostilità fornirebbe semplicemente al Cremlino un momento di respiro per riarmarsi e riorganizzarsi prima di rinnovare le ostilità. Putin ha utilizzato la storia come un’arma per giustificare la distruzione di uno Stato vicino che minaccia i suoi sogni di un nuovo impero russo. Fino a quando questa ideologia imperiale non sarà definitivamente sconfitta, la guerra continuerà.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
Aggiornato il 17 novembre 2023 alle ore 11:08