Post-guerra in Israele e in Ucraina

La guerra di liberazione di Israele dai terroristi di Hamas, di Hezbollah e dei Jihadisti islamici sta pesantemente influendo anche sul conflitto in Ucraina. Effetti che si sono manifestati pure all’interno della nomenklatura ucraina con il clamoroso contrasto tra il comandante delle forze armate Valerii Zaluzhnyi e il presidente Volodymyr Zelensky. Nello “scherzo” telefonico a Giorgia Meloni, da parte due “comici russi” Vovan e Lexsus, è emerso pubblicamente quello che tutti conoscevano ovvero il sentiment molto diffuso di “stanchezza” sia nell’opinione pubblica del mondo occidentale che tra i leader della coalizione che hanno sostenuto, senza risparmio di mezzi e di denaro, l’Ucraina dalla invasione della Federazione Russa. Il consenso al sostegno alla guerra in Ucraina negli Usa è sceso in maniera significativa. Ancora di più in Europa. Elemento che può concorrere al successo di Donald Trump – che ha reiteratamente affermato “con me non ci sarebbe stata l’invasione dell’Ucraina” – alle prossime elezioni presidenziali americane in programma nel novembre del 2024.

I primi scricchiolii si sono palesati dopo i risultati nelle elezioni di Midterm negli Stati Uniti, dove il presidente Joe Biden, pur conseguendo un mezzo successo elettorale, ha perso la maggioranza alla Camera dei rappresentanti e mantenuto, sul filo di lana, la maggioranza al Senato. Con una maggioranza repubblicana che ha chiaramente dichiarato che non sarebbe stata più disposta a firmare una cambiale senza scadenza per il sostegno incondizionato all’Ucraina contro l’aggressore russo. Gli stessi leader dell’Unione europea, che nella fase iniziale della guerra di invasione Russa all’Ucraina si erano accodati alle decisioni della Nato capitanata dagli Stati Uniti, cominciano a sentire il peso di una guerra che ha causato l’esplosione dei prezzi dell’energia, una inflazione galoppante, la crescita dei tassi d’interesse e la stagnazione economica. In Europa poi, a giugno del 2024 si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e della stessa governance dell’Ue. I leader del Vecchio Continente sono consapevoli che la continuazione della guerra ai propri confini può essere letale per i risultati elettorali. Pragmatismo imporrebbe alla diplomazia europea di farsi parte attiva per una incisiva attività diplomatica, per porre fine a un conflitto che si è arenato in una guerra di trincea e che non produce né vinti né vincitori.

Ciò nonostante, quello che dovrebbe essere il ministro degli Affari esteri dell’Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato: “La prospettiva di una vittoria dell’Ucraina non è immediata”. E ancora: “Noi europei, che abbiamo le risorse, dobbiamo aiutare Kiev a continuare la lotta contro Mosca e a prendere il posto degli Usa se il loro appoggio diminuirà”. Fortuna che a giugno 2024 ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e della governance e ci libereremo di questa nomenclatura europea che ha fatto diventare l’Europa una mera comparsa nella diplomazia internazionale. Un accordo politico diplomatico, nelle condizioni oggettive che si sono create dopo l’invasione, potrebbe essere quello di cristallizzare la situazione attuale sul campo di battaglia, mutuando l’esperienza della guerra tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Un filo invisibile collega la guerra in atto a Gaza a quella in Ucraina. Entrambi i conflitti necessitano di una conferenza di pace che tuteli il diritto di esistere di Israele, quello della sicurezza e della indipendenza dell’Ucraina e un alleggerimento della pressione Nato ai confini della Federazione Russa.

Aggiornato il 14 novembre 2023 alle ore 11:34