L’incubatore delle guerre: l’Islam della spada

Se la Fratellanza musulmana rappresenta “l’incubatore mondiale del moderno terrorismo islamico” (come disse Cynthia Farahat), Hamas risponde pienamente a questa regola, mantenendo nel suo statuto del 1987 e fin dalle origini la missione di cancellare Israele dalle carte geografiche del Medio Oriente. Per di più, la sua impronta totalitaria sulla popolazione di Gaza è molto simile, come struttura medioevale, a quella dei mullah iraniani. L’attuale conflitto con Israele, che ha fatto seguito all’azione devastante di un migliaio di miliziani all’interno del territorio israeliano confinante con la Striscia di Gaza, consente fin da ora ad Hamas di distogliere l’attenzione dalle sue malefatte nei confronti del proprio popolo, per assumere una veste di competitor e di attore strategico con cui dover fare i conti, relativamente a ogni soluzione che riguardi la questione palestinese. Il popolo di Gaza è di nuovo chiamato per una questione identitaria a sacrificare molte migliaia di vite dei suoi sfortunati abitanti (condannati a una prigionia perpetua a cielo aperto, per le colpe equamente suddivise tra arabi e israeliani), mettendo da parte le responsabilità del regime fondamentalista che lo governa dal 2007. Di fatto, Hamas provoca da decenni e ad arte la penuria di beni e servizi che generano le attuali, pessime condizioni di vita in generale dei suoi governati, in cui le forniture di acqua ed elettricità sono limitate a poche ore al giorno, e non solo perché lo vuole Bibi Netanyahu.

Quanti dissalatori si costruiscono con miliardi di dollari di donazioni dai Paesi arabi (Qatar, soprattutto) e internazionali, Europa compresa? Di tutto quel fiume di denaro, quanto è di fatto andato a beneficio delle comunità locali di Gaza in beni e servizi? E chi controlla veramente gli esiti e il raggiungimento degli scopi di queste donazioni, quando esistono decine di false Ong con il compito di incanalare fondi occidentali e arabi verso i forzieri di Hamas, per l’acquisto di armamenti sempre più sofisticati? Invece di migliorare la vita quotidiana della sua gente, Hamas ha investito enormi risorse per scavare tunnel, fabbricare armi, addestrare i più giovani alla Guerra Santa e coltivare in loro la retorica del martirio, piuttosto che costruire nuove strade, scuole e assicurare un futuro economico ai suoi cittadini. Coloro che, dal 2007, hanno potuto andare a vivere altrove (si parla di 250-350mila persone, soprattutto giovani) lo hanno già fatto, e chi è rimasto non ha né la forza né l’organizzazione per disfarsi della presa del movimento fondamentalista sulla società palestinese di Gaza. Altro che fare di quel territorio liberato – come si diceva dopo il ritiro dalla Striscia degli israeliani nel 2005 – una piccola “Singapore del Medio Oriente”, come pure sarebbe stato possibile, vista l’enormità dei flussi di aiuti finanziari confluiti in quell’area da allora in poi.

Prima o poi, è chiaro che l’Occidente sarà chiamato alla resa dei conti, per mettere fine allo Stato-sponsor del terrorismo fondamentalista, rappresentato dal regime teocratico di Teheran. Gli eventi del 7 ottobre si inseriscono in un quadro già fortemente compromesso dell’ordine globale, con la netta perdita d’influenza dell’Occidente, dopo all’incirca mezzo millennio di dominazione culturale e tecnologica. E con il nostro arretramento si esaurisce storicamente anche il ciclo di pensiero che fa riferimento alla generazione dei baby-boomer, che dopo la guerra aveva promosso la libertà come valore fondamentale, ma che oggi è obbligata a lasciare il passo alla domanda crescente di protezione e di autorità, in materia di sicurezza, immigrazione, economia e formazione scolastica. Con la guerra in Ucraina è tramontato il sogno dell’Occidente libertario e illuminista, dato che ben due terzi dell’umanità si è disinteressata di questo conflitto regionale, prendendo per di più posizione a favore della Russia, che oggi sta con Hamas e la Palestina. In tempo di pace, questo cambiamento generazionale all’interno delle democrazie occidentali (caratterizzato dallo spostamento dell’asse di influenza dal Global North al Global South) è rallentato dalla dinamica demografica e dall’invecchiamento degli individui, mentre si rivela molto più veloce nel Dopoguerra, in cui si richiede un rinnovamento rapido delle élite che hanno causato il conflitto e non si sono dimostrate all’altezza della situazione per risolvere le crisi.

Senza più l’America a svolgere il ruolo di “Guardiano del mondo”, ecco che si assiste al risveglio di tutti i demoni del passato che non hanno più il timore di incontrare la loro giusta punizione. Accade così che l’espansionismo russo si allei con la peggiore teocrazia sciita del pianeta che, a sua volta, sostiene e finanzia il terrorismo fondamentalista dell’Hamas sunnita (!) e si impadronisce, attraverso Hezbollah e il braccio armato delle milizie sciite (il così detto “Asse della resistenza”), del controllo di nazioni come il Libano, l’Iraq e la Siria. Per capire l’entità e la rapidità del declino del Global North, basta osservare che all’ultimo G20 è stata l’India a prendere le redini del gruppo. Mentre i Brics, che l’Occidente si era illuso di legare indissolubilmente alla sua sfera di influenza, si rendono sempre più autonomi e si candidano come punto di riferimento dello schieramento antagonista del Global South, parlando di un sistema alternativo per sostituire il dollaro come moneta ufficiale per le transazioni internazionali. Risorgono così, con la rivendicazione sempre più marcata delle “sovranità”, le frontiere e i nazionalismi, per mettere al riparo le identità nazionali minacciate dall’immigrazione aperta e dai valori universali (non condivisi dal Global South!), disseminati dalle élite occidentali grazie alla globalizzazione.

Fatto curioso, politicamente parlando: questo cambiamento epocale si abbina al disastro climatico che, in buona se non esclusiva parte, è stato determinato proprio dal modello di industrializzazione occidentale. Sempre più persone nel mondo si stanno rendendo conto che la ricerca esasperata della libertà individuale ha finito con il corrompere e svalutare il concetto stesso di autorità, sia quella dei professori che della famiglia, degli eletti, della polizia, della competenza sia in campo scientifico che umanistico. E questa corrosione della base sociale oggi ha assunto dimensioni ieri inimmaginabili, grazie alle nuove tecnologie, ai social e alla diffusione di Internet. Anche il sostegno delle piazze occidentali ad Hamas è il frutto e la conseguenza della nostra irreversibile decadenza. Tant’è vero che stiamo tentando di appaltare la nuova pace in Palestina alle autocrazie arabe e mediorientali, nuove alleate del Global South!

Aggiornato il 10 novembre 2023 alle ore 09:39