La Libertà avanza è la coalizione che sostiene Javier Milei, il candidato libertario che alle presidenziali in Argentina è dato primo nei sondaggi. Il suo programma si ispira alla scuola austriaca di economia di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek. È apertamente contrario all’aborto, vorrebbe abolire la Banca centrale e crede fortemente nel libero mercato e nella proprietà privata. Se dovesse vincere il libertario e antiperonista Javier, l’Argentina svolterebbe decisamente, lasciandosi alle spalle anni di socialismo dirigista che l’ha portata alla fame a dispetto delle immense risorse di cui è dotata. Vedremo come andrà a finire, ma intanto possiamo registrare il fatto concreto che il 13 agosto 2023 la coalizione libertaria di Milei, composta da quattro partiti nazionali e altri regionali, ha raccolto il 30 per cento dei consensi. Intanto in Ecuador è stato eletto Daniel Noboa con il 52,30 per cento dei voti, il più giovane presidente della storia ecuadoriana, grazie ad un programma economico decisamente liberista in economia e conservatore in materia di sicurezza, sbaragliando la concorrenza della socialista Luisa González.
Un altro esempio della scelta dei popoli in favore della libertà. Nel contempo in Nuova Zelanda la coalizione di centrodestra del Partito nazionale, guidato da Christopher Luxon ha ottenuto il 39,1 per cento dei voti battendo il Partito laburista, che ha governato da solo il paese negli ultimi sei anni, prima con Jacinda Ardern e poi con l’attuale primo ministro Chris Hipkins, che si è fermato al 26,7 per cento. Per la vittoria del centrodestra si è rivelato essenziale il risultato del 9 per cento di Act, Association of Consumers and Taxpayers (Associazione dei consumatori e dei contribuenti), qui da noi avremmo scritto la lista di quelli della “Terza Italia che producono, lavorano e pagano le tasse”. Una formazione libertaria con a capo David Breen Seymour che ha incentrato la sua azione sulla promozione della responsabilità individuale, dello stato minimo e del laissez faire. Anche in Nuova Zelanda c’è stato un cambio di rotta fondamentale da parte di un elettorato stanco e disilluso dalle politiche dirigiste tipiche della sinistra.
La stessa operazione sarebbe potuta accadere anche in Venezuela, se María Corina Machado, l’oppositrice liberale più apprezzata e più dura nei confronti del sistema di Maduro, non fosse stata interdetta per 15 anni dalla Contraloría general de la República bolivariana de Venezuela (Cgr) un organo amministrativo, sollevando una serie di dubbi sulla legittimità costituzionale del provvedimento tanto che persino il presidente colombiano Gustavo Petro ha dichiarato che “nessuna autorità amministrativa dovrebbe togliere i diritti politici a nessun cittadino”. Ma quando di mezzo ci sono i marxisti tutto è possibile in nome sempre del “bene comune”, che in genere corrisponde alla loro volontà. Apertamente anticomunista, María Corina Machado è l’ala liberale dell’opposizione venezuelana, nonostante come lei stessa dice venga rappresentata in maniera distorta “perché per i marxisti se non sei di sinistra sei di estrema destra, ma Vente, così si chiama il suo movimento, è un partito di liberali di centro”. D’altronde, in Italia avviene la stessa identica cosa: se non sei di sinistra sei automaticamente “fascista”, “razzista”, “di estrema destra”. La leader di Vente si ispira al “capitalismo popolare” che, come sostiene lei, “mette al centro l’individuo e la famiglia, non lo Stato. Vogliamo un Paese di proprietari, una società di imprenditori” e “un Venezuela di progresso, speranza, lavoro, dove ciò che è tuo è tuo e nessuno te lo può togliere”.
Il suo partito aderisce alla Rete liberale dell’America Latina (Relial), un’organizzazione che collabora strettamente con la Fondazione Friedrich Naumann per la libertà, legata all’Internazionale liberale, al Consiglio dei liberali e democratici dell’Asia (Cald), all’Africa liberal network (Aln), alla Federazione liberale araba (Alf) che dal 2011 ha mutato nome in Alleanza per la Libertà e la Democrazia visto che il termine “liberale” in alcuni Paesi ha un’accezione negativa per poi tornare all’originaria denominazione nel 2016. È interessante notare come siano in espansione sia in Africa che in Asia i movimenti politici di cultura liberale e in particolare modo nel nord del Continente, proprio in quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo che sono i nostri vicini più prossimi. Spesso hanno anche sensibilità filo monarchiche quando i loro Re sono aperti alle riforme in senso più democratico, è questo il caso per esempio di Mohammed VI del Marocco. Va riconosciuta anche la lungimiranza del Regno Unito che sostiene e aiuta la crescita di questi movimenti attraverso la Westminster Foundation for Democracy, un ente pubblico indipendente dal Governo attualmente presieduto dal conservatore Richard Graham, che sorregge attività che possano far fiorire la democrazia liberale anche in luoghi lontani da casa nostra.
A questi movimenti e partiti si aggiungono quelli libertari che nel mondo occidentale, grazie anche al fatto che sono riusciti a eleggere deputati nei rispettivi Parlamenti, continuano a svolgere la loro funzione di promozione della Libertà come: Alleanza liberale in Danimarca, Korwin (Koalicja Odnowy Rzeczypospolitej Wolność i Nadzieja – Coalizione per il rinnovamento della Repubblica – libertà e speranza) in Polonia; libertaria, diretta, democratica in Belgio; Movimento libertario in Costa Rica; Partito europeo per la Libertà individuale (Epil) nei Paesi Bassi che ha firmato la dichiarazione di Utrecht; Partito libertario negli Usa; Svobodní (libertari) in Repubblica ceca e Nuova destra fondato da Naftali Bennett e Ayelet Shaked in Israele; in Italia il Movimento libertario e il Partito liberale italiano, solo per citarne alcuni. Con le dovute differenze per aree geografiche e storie nazionali hanno tutti un comune denominatore: la promozione dell’individuo e la tutela dei suoi diritti naturali, in primis quello alla proprietà privata e alla vita. Ora l’Occidente ha più di prima bisogno, visto quello che sta succedendo nel Medio Oriente ed in Europa dell’est, di incrementare la cultura della tolleranza, del reciproco rispetto e dello scambio, aiutando, queste associazioni nei paesi dove ancora le idee liberali sono scarsamente apprezzate, affinché gli individui escano dallo stato tribale in cui i movimenti radicali a sfondo pseudo-religioso vogliono tenerli o trascinarli come nell’Iran degli Ayatollah.
Solo così possiamo sperare che le controversie, che naturalmente ci sono tra i popoli, si trasformino in conflitti armati. Il rischio poi dei movimenti conservatori è quello di non considerare le proposte e le idealità che i “liberal-libertari” portano con sé e di finire nel vicolo cieco in cui si è cacciato il Pis (Diritto e giustizia) di Jarosław Kaczyński in Polonia che, nonostante resti il primo partito, molto probabilmente perderà il Governo che passerà alla coalizione di centrosinistra guidata dal liberale europeista Donald Tusk che ha conquistato recentemente la maggioranza in Parlamento. La maggioranza di quelli che vanno a votare vuole concretezza e tutela delle libertà, che presumibilmente le coalizioni formate da liberali, libertari e conservatori riescono a garantire meglio ma, quando non lo fanno, inesorabilmente consegnano alla sinistra o al non voto gli elettori disincantati e delusi. Il primo passo per costruire un solido fronte liberal-conservatore è quello di mettere da parte la propaganda facile e la retorica incapacitante ed aprirsi alla critica anche la più dura, mettendo al centro le garanzie costituzionali, l’individuo e i suoi diritti.
Aggiornato il 23 ottobre 2023 alle ore 11:27