La vendetta di Dio: Hamas e l’Isis

Hamas è come l’Isis? Se così fosse, allora sarebbe lecito chiamare a raccolta il resto del mondo, Islam moderato compreso, come lo si fece per l’eliminazione del Califfato e del suo autoproclamato Califfo, Abu Bakr al-Baghdadi. Allora, tutti furono invitati a fare corpo comune per un’azione militare a tutto campo, che portò all’eliminazione militare dell’Isis e all’estinzione della sua minaccia nei confronti del mondo libero. L’equazione “Hamas = Isis”, per noi assai suggestiva sul piano ideale e simbolico, non solo non ha soluzioni, ma è priva di senso. Il mito del Califfato del XXI secolo dopo Cristo rappresentò un’entità astratta e a-storica, frutto del sogno malato di una ristretta élite di fanatici integralisti. I miliziani di Dio dell’Isis, infatti, si richiamavano a una forma pura e radicale di fondamentalismo islamico delle origini, in cui si ribadiva l’obbligo dell’adesione incondizionata (pena lo sterminio e il genocidio di chi vi si opponeva, sciiti e yazidi compresi) al messaggio coranico e al rispetto integrale dei suoi precetti. Pertanto, il terrorismo islamico dell’Isis si presentava con un Dna ben poco politico e quasi esclusivamente religioso-integralista: il che lo privava di ogni ipotesi di compromesso con i regimi secolari arabi e occidentali, Sud Globale compreso! Hamas, invece, governa un’area geografica molto ristretta come la Striscia di Gaza con il consenso popolare, espresso in libere elezioni legislative nel 2006.

L’organizzazione politico-fondamentalista vanta inoltre, in base ai sondaggi, la maggioranza dei consensi nella semi-occupata Cisgiordania, governata per la parte araba da una pluri-delegittimata Autorità nazionale palestinese (nata con gli Accordi di Oslo), che dal 1996 non è mai più voluta andare alle elezioni generali, proprio nel timore di perderle a favore di Hamas! Al contrario di Gaza, nell’area sono presenti qualcosa come 500mila coloni israeliani disseminati in centinaia di insediamenti che, a oggi, rendono impossibile solo pensare a uno Stato palestinese che non sia un abito di Arlecchino, con molte decine di “toppe” fortificate e difese da coloni armati, pertanto impossibili da connettere con il resto dei territori arabi residuati. Se anche lì vi fosse stata un’operazione del tipo “Sabato nerodel 7 ottobre, l’eccidio di ebrei sarebbe stato molto più eclatante. Ed è per questo che il grosso dell’esercito israeliano era stato dislocato nell’area, a impedire che una nuova intifada molecolare ma super armata facesse strage di cittadini israeliani. Per la storia, Hamas nasce politicamente come una costola palestinese dei Fratelli musulmani (questi ultimi l’Isis li avrebbe giustiziati tutti senza esitazioni!), e in origine si presentava come un movimento popolare di mutuo soccorso islamico, che era stato in grado di creare una rete di assistenza alimentare, abitativa e sanitaria per i suoi cittadini al fine di alleviarne le sofferenze materiali.

Negli ultimi decenni, tuttavia, a seguito del fallimento di ben due intifade, quella dei “sassi” del 1987 e quella del 2000 (caratterizzata da un’ondata di attentati suicidi e dalla partecipazione alle proteste degli arabi israeliani), Hamas ha accentuato nel tempo il suo carattere sempre più militare in funzione anti-israeliana, per tenere fede fino in fondo al solenne giuramento, contenuto nel suo statuto, di cancellare Israele dalla carta geografica del Medio Oriente. Questo spiega il suo disinteresse per lo sviluppo economico di Gaza (in modo da caricare all’inverosimile e strumentalmente la rabbia dei palestinesi nei confronti dell’occupante israeliano), utilizzando miliardi di dollari di aiuti dei donatori arabi, occidentali ed europei per costruire un corpo armato molto più simile a quello di Hezbollah. Il tutto, grazie soprattutto all’aiuto fondamentale del regime di Teheran, che ha consentito ad Hamas di dotarsi di armamenti sempre più sofisticati, come quelli missilistici, e di costruire una rete capillare di tunnel sotterranei in grado, come si è visto, di portare l’attacco nel cuore dello “Stato sionista”, funzionando sia da sito diffuso di stoccaggio per nascondere ogni tipo di armamento, sia da base logistica per la dispersione dei centri decisionali. Questo complesso di situazioni rende inutile e inefficace il solo tentativo di eradicamento di Hamas manu militari. In sintesi: l’eliminazione fisica dei suoi militanti non cancellerà dalle menti e dai cuori dei palestinesi la ragione stessa della loro lotta armata contro Israele. Per questo, nelle soluzioni più moderate per la crisi mediorientale attuale, si pensa di fare di Gaza una sorta di “protettoratointernazionale, garantito da attori tanto disparati e politicamente eterogenei, come Stati arabi, Cina e Stati Uniti.

Discorso completamente diverso riguarda il così detto “Terrorismo islamico molecolare” pro-Isis (quello dei “Lupi solitari”, per intenderci). Il suo Rna sta in quella parte del Corano che obbliga ogni fedele alla sua Jihad, che sarebbe in teoria una lotta interiore contro il Satana che è in noi, mentre sul piano generale che ci interessa il nodo risiede nella assoluta indivisibilità nell’Islam tra Stato e religione, per cui i mullah o gli imam dettano la legge morale e civile con le loro “fatwe” (sorta di editti che obbligano i fedeli all'osservanza assoluta delle disposizioni in esse contenute). La ragion d’essere di questo terrorismo integralista è la guerra senza quartiere ai “crociati” e ai miscredenti, in base al seguente terribile comando che ogni buon fedele musulmano è tenuto a rispettare, in cui si dice: “Whoever stands in the ranks of Kufr will be a target for our swords and will fall in humiliation”. Tradotto: “Chiunque si trovi nel campo dei miscredenti sarà il bersaglio privilegiato delle nostre spade e verrà umiliato”. Questo, in fondo, rappresenta il carattere “globale” del terrorismo islamico jihadista, ancor meglio sintetizzato dall’espressione “pubblico combattente”. Il significato di quest’ultimo è il seguente: qualunque persona, che non sia un islamico ortodosso, è un nemico dell’Islam e va, alternativamente, convertito, decapitato o sottomesso. Come si combatte questo mostro, all’apparenza insopprimibile, che ci perseguita da decenni? Con tantissima humint. Bisogna scoprire per tempo i “cattivi maestri”, come imam incendiari, carcerati fanatici convertiti, gruppi chiusi social di fondamentalisti che studiano il passaggio all’azione, e così via, per neutralizzarli prima che commettano stragi. E, per fare questo, servono tantissimi infiltrati, tenendo nel debito conto i doppi e i tripli agenti. Però, così li si può vincere.

Aggiornato il 20 ottobre 2023 alle ore 09:22