L’orizzonte in cui si colloca il conflitto tra Israele e Hamas

La dichiarazione di Wang Yi, il ministro degli Esteri cinese, per il quale le azioni di Israele “vanno oltre l’autodifesa” si coniugano con le dichiarazioni del suo omologo iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, il quale a Doha, in visita a Ismail Haniyeh, uno dei capi di Hamas, ha minacciato Israele di un coinvolgimento diretto dell’Iran se lo Stato ebraico dovesse lanciare un’offensiva di terra a Gaza. L’asse sino-iraniano apparentemente manca del terzo membro dell’armoniosa triangolazione antioccidentale: la Russia. Per il momento, Vladimir Putin preferisce non scendere in campo contro Israele. In primis, in virtù della copiosa presenza russa all’interno del medesimo, e in seconda battuta probabilmente considerando che Israele è l’unico dei Paesi liberali e democratici che, in merito all’aggressione dell’Ucraina, si è limitato a una condanna formale all’Onu, ma non ha mai esplicitamente assunto una posizione antirussa. In realtà, la Russia ha ben chiaro dove collocare la propria naturale posizione, in sostegno della “causa palestinese”, da essa sostanzialmente forgiata a partire dalla metà degli anni Sessanta, dopo la clamorosa vittoria israeliana nella Guerra dei sei giorni. Quello che sta accadendo in queste ore sullo scacchiere mediorientale riproduce quanto sta avvenendo su quello est europeo: il coagularsi del fronte antioccidentale, composto da Cina, Russia e Iran, con la differenza che Cina e Russia si sono invertite i ruoli.

Mentre nella guerra in Ucraina la Cina, pur essendo alleata della Russia, ha finto di porsi come attrice super partes e come mediatrice, nel conflitto aperto tra Hamas e Israele questo ruolo di finta mediatrice in pectore se lo è assunto la Russia. Si tratta di un gioco delle parti all’interno di una vasta partita dalle ampie ramificazioni geopolitiche che contrappone in modo plastico l’asse liberal-democratico occidentale a quello autoritario-antidemocratico antioccidentale. Israele è, evidentemente, parte integrante del primo asse, come lo è l’Ucraina. In seguito alla sua prima dichiarazione, Wang Yi ha poi esplicitamente affermato che la Cina sostiene i Paesi islamici relativamente alla Palestina, nonostante la feroce repressione degli uiguri nello Xinjiang. Ma si tratta, naturalmente, di una contraddizione di poco conto. Fondamentale è l’entrare in gioco posizionandosi contro Israele, con i suoi abituali antagonisti. Lo scenario ucraino e quello israeliano definiscono crudamente l’orizzonte in cui siamo ormai pericolosamente entrati, dopo l’illusione da parte occidentale di avere definitivamente messo al sicuro l’ordinamento liberale, orizzonte che prossimamente rischia di includere Taiwan. Si tratta dello scontro, dal potenziale devastante, tra una assoluta incompatibilità di valori e visioni del mondo, che pone una gravosa ipoteca sugli anni che verranno.

Aggiornato il 17 ottobre 2023 alle ore 10:52