La Torre gemella, noi e Israele

Israele, Torre gemella dell’Occidente, in procinto di crollare su se stessa. Perché è chiaro fin da ora che la sua sopravvivenza non interessa né al Global South né ai così detti Paesi non-allineati, e tanto meno all’Onu. A sua difesa, come sempre, resteranno i soli Stati Uniti d’America, dato che la pallida Europa si è già portata avanti con il suo atteggiamento pilatesco dei distinguo tra il popolo palestinese e il terrorismo fondamentalista di Hamas. Come se l’uno non fosse espressione dell’altro e viceversa. Per capire come stanno davvero le cose, è sufficiente un attento esame dei testi scolastici diffusi nella scuola dell’obbligo e alle superiori, destinati ai bambini e agli adolescenti palestinesi di Cisgiordania e Gaza, in cui il clima di odio verso Israele fa parte integrante, fin dalla prima infanzia, dell’educazione scolastica a ogni livello. Domanda: perché l’Occidente continua a non capire che sono i rapporti di forza, e non i contenuti irenici e vuoti del politicamente corretto, a regolare le vere relazioni tra gli uomini, le loro tribù e nazioni? Perché continuiamo a disarmarci materialmente e idealmente, senza poter riconoscere che a contare come sempre sono soltanto i rapporti di forza tra grandi, medie e piccole Nazioni? È bene convincerci che non c’è più da fare affidamento sui dividendi di una pace illusoria, anche se in suo onore i think tank delle migliori università progressiste americane ed europee hanno elaborato l’utopia (rigettata dal Global South e da moltissimi altri Paesi nel mondo) dei “Valori universali” di illuministica discendenza, che pretendevano di azzerare le identità, le tradizioni etnico-religiose, i confini, le nazionalità e i nazionalismi.

E così, per tre lunghi decenni abbiamo recitato a noi stessi la favola di un mondo multipolare e multiculturale in perfetto equilibrio, grazie ai dividendi mondiali della pace post-1991, conseguita con la vittoria delle democrazie liberali dopo la dissoluzione del blocco comunista antagonista dell’Urss. Allora come oggi, l’Occidente si lascia confondere dai fumi dell’ubriacatura da onnipotenza di quel successo lontano, per cui la sua più grande potenza, gli Usa, si è illusa di poter divulgare erga omnes in tutto il mondo la dottrina liberale e i presunti “Valori universali”. E lo ha fatto attraverso una politica di potenza, per l’affermazione coatta del suo ideale di “Nation building”, il cui rovescio e il fallimento più drammatico si è avuto con l’Iraq post-2003 e l’Afghanistan del 2021. Oggi la realtà bruta ci presenta il conto, con la guerra in Ucraina e il ritorno di fiamma del conflitto in Medio Oriente, delle cui conseguenze a oggi non sappiamo e non possiamo prevedere nulla. Ma una cosa si può dire, per capire come sta andando il mondo. L’arroganza della nostra supremazia tecnologica (di cui siamo diventati schiavi e ne perseguiamo i fini che, a quel punto, sono solo “suoi” e non umanamente nostri!) ci ha portati a dividere il mondo esattamente in due, per cui a nostro avviso il conflitto globale attuale sarebbe tra democrazie e autocrazie. Dimenticando il terzo incomodo: la “Teocraziaislamica, molto più pericolosa e perenne delle altre due, perché in lei non v’è distinzione tra Stato e Chiesa, essendo il suo Testo sacro precetto religioso e regola giuridica civile e penale, amministrata dai suoi Imam e Tribunali islamici.

Quest’ultima forza ha un carattere terribile, che trascende e irride la secolarità delle prime due di matrice civile, in cui la religione è annoverata tra le libertà della persona, o è di Stato, a seconda della convenienza. Nella cornice dell’Islam il guerriero di Dio non ha alcuna paura di morire e il suo essere soldato a prescindere lo rende a priori vincente su chi, come l’Occidente, coltiva esclusivamente il diritto alla felicità, l’edonismo e l’individualismo. Noi cancelliamo lo spettro della morte annegandolo nella tecnologia e nel tempo presente. “Loro”, invece, fanno l’opposto ritenendo che il sacrificio della propria vita sia ricompensato nell’Aldilà per aver fatto la volontà divina, quest’ultima eterna per definizione come il Corano, Parola di Dio. Ed è pertanto “volere di Dio” cancellare dalla faccia della terra il miscredente che osa violare e occupare il “Sacro suolo dell’Islam”. Non c’è tregua, non c’è pace fino a quando questo atto di purificazione non sarà compiuto. Ed è la Jihad contro l’infedele occidentale che oggi accomuna sciismo e sunnismo, altrimenti incompatibili e in perenne conflitto tra di loro. La Russia ha scelto molto tempo fa di stare dalla parte dell’Iran sciita, dopo aver combattuto il terrorismo ceceno e l’Isis, movimenti integralisti sunniti. Mosca e Teheran si sono mosse all’unisono per difendere lo sciita Bashar al-Assad e sconfiggere lo Stato Islamico con la Wagner e i mujaheddin iraniani.

Russia e Iran si sono anche alleati politicamente per contrastare sui principali scenari mondiali il “Grande Satana” statunitense, che i primi combattono in difesa dei valori cristiani, opposti a quelli decadenti occidentali delle teorie gender e dei valori universali politicamente corretti; mentre i secondi lo fanno in nome di Allah, per combattere gli infedeli atei e materialisti. Ecco, tutto questo enorme carico di dinamite religioso-ideologica si concentra oggi in Medio Oriente, con una presenza armata e implacabile dell’islamismo sciita trionfante, che troneggia sulle macerie di due Stati falliti come il Libano e la Siria. Gli Hezbollah, i mujaheddin e Hamas non hanno alcun interesse a lottare per il benessere materiale dei loro popoli, finché i “Crociati” e gli ebrei non saranno definitivamente vinti e annientati, allontanati per sempre dalla terra consacrata di Allah. Né, come si vedrà ancora una volta nel caso di Gaza, la Jihad nutre alcuna pena o dubbio nel sacrificare il Popolo della Striscia alla distruzione delle loro case, alla fame e alla miseria più nera. Più profughi e infelici senza terra produrranno la politica di forza di Israele e degli Usa, tanto maggiore sarà il numero di fedeli islamici che si convertiranno alla lotta armata della Jihad per la riconquista di al-Aqsa. Democrazie a Autocrazie possono pure trovare le forme per vivere in pace. Le Teocrazie islamiche, invece, che non conoscono il compromesso, continueranno a lottare contro entrambe fino alla vittoria finale. Sta a noi impedirglielo.

Aggiornato il 12 ottobre 2023 alle ore 10:28