Sempre più ombre sulla “questione” migranti

La “questione” dei migranti va oltre l’aspetto pseudo-umanitario con cui viene descritta. Se il flusso di questa popolazione proveniente prevalentemente dall’area sub sahariana, ma anche dalla zona asiatica, avesse mantenuto nel 2023 gli stessi numeri degli anni precedenti, probabilmente non avrebbe sollevato riflessioni sull’aspetto politico. In pratica, da quando il Governo della Penisola è cambiato, forse non casualmente, è stato investito da almeno “tre siluri” dal carattere socio-economico: quello dei migranti, quello legato ai tassi di interesse e ora anche allo spread – di respiro europeo – e quello che profondamente colpisce la popolazione, l’aumento del liquido propellente, solo per restare sul generale.

Tramite il mainstream non è complicato somministrare alla massa che tali “siluri” non siano il frutto di una visione complottista verso il Governo, bensì un prodotto di problematiche africane, o un fisiologico e paternalistico sforzo europeo per frenare l’inflazione, o ancora perché è aumentato il prezzo del greggio al barile. Ma con una visione a-dogmatica e nemmeno troppo tecnicista, queste spiegazioni vacillano dalla base. Le fondamenta fragili di queste indicazioni, senza scendere nel pantano dei commenti monocordi europei, o di “verdetti” di prezzolati saccenti operatori dell’informazione, possono essere osservate semplicemente informandosi su ciò che accade ai nostri confini e – allargando gli orizzonti – alle operazioni dei Paesi Opec, Organization of the petroleum exporting countries, e analoghi. Insomma, tenere sotto scacco l’Italia, ma soprattutto la sua popolazione: perché? La risposta potrebbe essere connotata come populista, se ciò venisse attribuito alla presenza di un Governo di centrodestra, e magari di una donna primo ministro; ma è molto probabile che il progetto dei “siluranti” e affini sia piuttosto quello di ristabilire uno status quo, riportando tassi di interesse e collegati ai minimi storici (esempio non casuale).

Comunque, il 28 settembre, Ruven Menikdiwela, direttore dell’Unhcr, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha dichiarato che fino a questo mese le persone morte e disperse hanno avuto un incremento rispetto allo stesso periodo del 2022, passando da quasi 1700 a oltre duemilacinquecento. Va tuttavia ricordato che questi numeri hanno una attendibilità relativa, a causa della assoluta impossibilità di registrare alla partenza i migranti e, conseguentemente, contare il numero dei dispersi diventa palesemente immaginario.

Per quanto riguarda i corpi senza vita, solo una piccola parte di coloro che annegano vengono recuperati. Ma i morti ci sono e sono in crescita, considerando che molti di coloro che sbarcano periscono sulla terraferma, lontano dalle video-registrazioni delle Ong, dall’attenzione dei media e dall’interesse di chi con questi fa business.

Sempre utilizzando come fonte l’Onu, da inizio anno a fine settembre sono arrivati in Italia, Grecia, Cipro e Malta almeno 186mila migranti, di cui 131mila in Italia, con un aumento di oltre l’80 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022. Inoltre, ha aggiunto Ruven Menikdiwela, tra gennaio e agosto oltre centomila migranti hanno tentato di attraversare il Mediterraneo dalla Tunisia e almeno 45mila dalla Libia. Sempre dai rapporti dell’Unhcr, risulta che di questa “flotta” di migranti quasi 31mila siano stati intercettati in mare e riportati in Tunisia e almeno 10.600 ricondotti sui porti libici.

Ruven Menikdiwela ha altresì sottolineato le gravi difficoltà che soffre Lampedusa, sotto pressione quotidiana per i massicci sbarchi, rafforzando così la necessità, piuttosto scontata, che l’Italia non può rimanere da sola ad affrontare questo problema, ma che deve essere attivato un meccanismo regionale di sbarchi. Ascoltare o leggere certe affermazioni è imbarazzante, se consideriamo che il “problema” è annoso. Soprattutto l’Europa, in teoria, pare rendersi attiva; in pratica è latitante, se non uno ostacolo per le iniziative del nostro Paese.

Però la Russia, che in Africa spadroneggia, cosa fa? Intanto Vassily Nebenzia, ambasciatore russo all’Onu, accusa l’Unione europea di essere responsabile di non disinnescare la trappola mortale rappresentata dal Mediterraneo. Ha detto che non bloccando, o non trovando una alternativa alla ferale traversata, si rende praticamente complice della morte dei migranti; poi ha tirato dentro alla “questione migratoria” le modalità di soccorso che l’Ue esercita quando a emigrare sono gli ucraini, mettendo strumentalmente sullo stesso piano i migranti ucraini con quelli africani, trattati con una diversa “solidarietà”.

È noto che il Cremlino ha anche obblighi economici verso l’Unhcr, e da quanto dichiarato da Nicolas de Rivière, ambasciatore di Parigi all’Onu, la Russia non ottempera ai suoi doveri finanziari verso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Allo stesso tempo, i livorosi francesi addebitano ai mercenari Wagner presenti nel Sahel la motivazione della instabilità dell’area, che favorisce il jihadismo e la fuga della popolazione. Tuttavia, sappiamo bene che i Wagner hanno sostituito e stanno sostituendo le varie operazioni fallimentari francesi in Mali, Burkina Faso, Gabon proprio con funzioni anti-jihadiste e a supporto dei governi.

In realtà, l’affaire dei migranti è strumentalizzato geopoliticamente un po’ da tutti gli attori presenti su questo palcoscenico. Osservando nazioni come l’Italia, la Grecia e la Spagna, con la loro conformazione perimetrale proiettata verso “le acque”, emerge una riflessione. Ovvero, se potessero godere di una maggiore sovranità sulla gestione di questi fragili confini, magari potrebbero affrontare con più incisività la problematica migratoria: una incognita socio-economica che proietta ombre, non luci, sul futuro di questi Paesi.

Aggiornato il 02 ottobre 2023 alle ore 11:14