È giunto il momento di confiscare i beni della Banca centrale russa, congelati nei conti delle istituzioni finanziarie occidentali, e di usarli per ripristinare le infrastrutture dell’Ucraina, scrive nel suo Rapporto il “Gruppo di Lavoro Internazionale sulle Sanzioni russe” della Stanford University. Le argomentazioni degli autori, tra cui economisti, politologi e diplomatici, possono essere riassunte in un concetto chiave: la Russia deve pagare un risarcimento per l’aggressione contro l’Ucraina, come altri Paesi aggressori sono stati costretti a fare in passato.
Subito dopo l’attacco russo all’Ucraina, il Gruppo dei Sette (G7) e l’Unione europea (Ue) hanno deciso di congelare i beni della Banca centrale russa detenuti negli Stati occidentali. Vladimir Putin ha risposto che “con il congelamento illegittimo di alcune riserve valutarie della Banca di Russia… gli Stati Uniti e l’Ue sono venuti meno ai loro obblighi nei confronti della Russia”.
Tuttavia, questa decisione è stata presa in conformità con le leggi nazionali e internazionali, in risposta a un’invasione russa ingiustificata e non provocata dell’Ucraina. Questi fondi sono ingenti, ma sono detenuti in diversi Paesi. Anche se non possono pagare tutta la ricostruzione e i risarcimenti ucraini, possono finanziarne gran parte. L’obbligo di risarcire una violazione del diritto internazionale è una norma consolidata. Esistono ampi precedenti storici per le riparazioni di guerra e sono state stabilite le basi legali per la confisca delle riserve valutarie della Banca Centrale Russa.
L’invasione non provocata della Russia e la tentata annessione dell’Ucraina nel 2022 presentano molte similitudini con l’invasione non provocata dell’Iraq e la tentata annessione del Kuwait (1990). Alla fine di quella guerra, l’Iraq fu costretto a pagare sostanziali risarcimenti al Kuwait. Alcuni osserveranno che la Russia, a differenza dall’Iraq, è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, quindi, può sempre porre il veto su qualsiasi proposta internazionale di riparazione. Questo problema può essere superato proprio confiscando i beni del Governo russo già congelati al di fuori della Russia. Le risorse della Banca centrale russa dovrebbero essere trasferite a beneficio dell’Ucraina e delle vittime della guerra.
Il 2 marzo 2022 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto alla Russia “di ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale” con un voto di 141 Stati favorevoli e solo 5 contrari. La Russia non ha obbedito.
La Corte internazionale di Giustizia ha stabilito che la Russia “sospenderà immediatamente le operazioni militari iniziate il 24 febbraio”. La Russia non ha fatto nulla del genere. Il verdetto finale della Corte internazionale di Giustizia, che deve ancora arrivare, dovrebbe fornire una base sufficiente nel diritto internazionale affinché qualsiasi Paese possa confiscare i fondi russi.
Dopo aver adottato diverse risoluzioni a larga maggioranza che chiedevano alla Russia di porre fine all’invasione dell’Ucraina, il 14 novembre 2022 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sull’“Avanzamento di rimedi e riparazioni per l’aggressione contro l’Ucraina”. Questa risoluzione invita la Russia a pagare le riparazioni di guerra all’Ucraina. Dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, 94 Paesi hanno votato a favore della risoluzione, 14 i contrari, mentre in 73 si sono astenuti. Questa risoluzione ribadisce “la richiesta che la Federazione Russa cessi immediatamente l’uso della forza contro l’Ucraina e che la Federazione Russa ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, estendendosi alle sue acque territoriali”.
La risoluzione procede riconoscendo “la necessità di istituire, in cooperazione con l’Ucraina, un meccanismo internazionale di riparazione per danni, perdite o lesioni derivanti dagli atti illeciti a livello internazionale della Federazione Russa in o contro l’Ucraina”. Si noti che questa risoluzione non richiede alcun ruolo delle Nazioni Unite in questo processo, ma lascia agli Stati membri il compito di procedere. Raccomanda, inoltre, che gli Stati membri istituiscano “un registro internazionale dei danni che serva da registro, in forma documentale, di prove e informazioni sulle richieste di risarcimento di danni, perdite o lesioni a tutte le persone fisiche e giuridiche interessate, nonché allo Stato dell’Ucraina”, causati da atti illeciti a livello internazionale della Federazione Russa in o contro l’Ucraina, nonché “di promuovere e coordinare la raccolta di prove”. Il 17 maggio 2023 il vertice del Consiglio d’Europa ha annunciato l’istituzione del “Registro dei danni causati dall’Aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina attraverso un accordo parziale allargato”.
Un’obiezione comune è che il sequestro delle riserve della Banca centrale russa costituirebbe una violazione dei diritti di proprietà. Ogni Paese, in cui sia vigente lo Stato di diritto, protegge i diritti di proprietà. Anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo prevede simili tutele. Tuttavia, queste protezioni non si applicano ai beni sovrani. I diritti di proprietà di un individuo sono diversi dai diritti di proprietà di uno Stato. La base giuridica internazionale per il sequestro delle riserve della Banca centrale russa in Occidente appare solida.
Un’altra obiezione che viene mossa a procedere in tal senso è che il sequestro dei beni sovrani della Russia metterebbe in pericolo il dollaro Usa o l’euro, che sono le uniche due valute di riserva rilevanti nel mondo. Finora entrambe le valute non hanno sofferto dell’immobilizzazione da parte del G7 delle riserve valutarie della Banca centrale russa detenute in Occidente. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) pubblica statistiche trimestrali sulla composizione delle riserve valutarie. Sia il dollaro sia l’euro sono straordinariamente stabili. Secondo l’ultima lettura, alla fine del primo trimestre del 2023 tra le riserve identificate la quota del dollaro Usa era del 59 per cento e dell’euro del 20 per cento. Insieme, cioè, rappresentavano i quattro quinti di tutte le riserve delle banche centrali.
Poche valute si qualificano come valute di riserva. Solo le grandi economie forniscono valute di riserva affidabili e un Paese con valuta di riserva deve soddisfare qualità elementari, come la convertibilità, un’economia di mercato e un forte Stato di diritto. Un Paese con una valuta di riserva dovrebbe anche avere solide politiche economiche che garantiscano un valore ragionevolmente stabile e una grande liquidità. Inoltre, nessuno – tranne gli Stati Uniti e l’Ue – vuole fungere da principale valuta di riserva.
Una ipotesi più volte avanzata di recente è che il renminbi cinese possa sostituire il dollaro o l’euro come valuta di riserva, ma ciò non è realistico. Il renminbi è una valuta di bassa qualità. Non è convertibile e il Governo cinese non ha intenzione di migliorarne lo status. Poiché la Cina non dispone di uno Stato di diritto affidabile, chiunque detenga il renminbi corre il rischio di una confisca arbitraria per volere del Partito Comunista cinese. Né gli Stati Uniti né l’Ue considerano la Cina un’economia di mercato.
In breve, non vi è alcuna valida ragione economica per temere che l’utilizzo occidentale delle riserve della Banca centrale russa possa compromettere lo status del dollaro statunitense o dell’euro, finché gli Stati Uniti e l’Ue agiranno insieme come hanno fatto in passato. Il 12 luglio 2023 i leader del G7 hanno rilasciato un’importante dichiarazione a sostegno dell’Ucraina: “Riaffermiamo che, in linea con i nostri rispettivi sistemi giuridici, i beni sovrani della Russia nelle nostre giurisdizioni rimarranno immobilizzati finché la Russia non pagherà per il danno che ha causato all’Ucraina. Riconosciamo la necessità di istituire un meccanismo internazionale per la riparazione dei danni, delle perdite o delle lesioni causate dall’aggressione russa ed esprimiamo la nostra disponibilità a esplorare opzioni per lo sviluppo di meccanismi adeguati”.
Questa affermazione dice tutto. La Russia non avrà diritto a ricevere nessuna delle sue riserve della Banca centrale immobilizzate in Occidente, fino a quando non avrà pagato sufficienti riparazioni di guerra all’Ucraina. La procedura suggerita per il sequestro dei fondi sovrani non è solo perfettamente etica, ma anche un obbligo legale ai sensi del principio di diritto internazionale della responsabilità dello Stato. Sarebbe inaccettabile se lo Stato russo non fosse costretto a pagare risarcimenti e riparazioni di guerra per tutti i danni che ha causato. La proprietà statale non è protetta dalle leggi a sostegno della proprietà privata. Sulla base di leggi appropriate, le decisioni rilevanti sarebbero esecutive e non dovrebbero passare attraverso delle lunghe procedure giudiziarie. Lo Stato russo tenterà senza dubbio di adire i tribunali, ma le sue ragioni sono inadeguate e la confisca sarà completata.
Una cosa è certa: la Russia deve essere ritenuta responsabile della distruzione dell’Ucraina e non lo farà volontariamente.
(*) Docente universitario di Diritto Internazionale e Normative sulla Sicurezza
Aggiornato il 25 settembre 2023 alle ore 10:51