Bukele “El Salvador”, il super-autocrate

Chi è più popolare del Papa nel cattolicissimo El Salvador? Ma il Presidente super-autocratico Nayib Bukele, naturalmente, in base a suo profilo su Twitter. Ed è sempre lui che vanta presso l’opinione pubblica un gradimento monstre del 92 per cento, grazie allo strepitoso successo ottenuto con le sue politiche sulla sicurezza, contro le potentissime gang dei narcotrafficanti. Dopo un anno e mezzo dalla dichiarazione dello stato di emergenza, i risultati ottenuti con la guerra a tutto campo contro le pandillas (i gruppi armati criminali che dettano legge a El Salvador) sono pienamente confortanti, con il recupero del 100 per cento del controllo del territorio da parte dello Stato. Ne è diretta testimonianza il crollo del 92 per cento degli omicidi rispetto ai dati drammatici del 2015, allora tra i più alti del mondo, in un Paese di soli 6,3 milioni di abitanti.

Del resto, la biografia del presidente 41enne parla chiaro: la sua carriera politica nasce all’interno della formazione di sinistra del Fronte marti di liberazione nazionale sorto alla fine della guerra civile. Successivamente, Bukele è eletto nel 2012 sindaco di Nuevo Cuscatlán, comune della periferia di San Salvador, divenendo poi sindaco della stessa Capitale nel 2015. Accusato di favorire la scissione del partito viene espulso dal Fronte marti nel 2017 e nel 2018 vince al primo turno le elezioni per la Presidenza presentandosi con il partito di centrodestra Gana. Tre anni dopo il partito da lui fondato, il Nuevas Ideas, ottiene la maggioranza qualificata al Parlamento, rompendo così il monopolio bipartitico che durava dal 1992.

Figlio di una famiglia palestinese, il Presidente è il più grande di quattro fratelli e, prima di entrare in politica, lavorava presso l’azienda a conduzione familiare specializzata in pubblicità. Fatto quest’ultimo che lo ha aiutato non poco a impadronirsi degli strumenti più performanti della comunicazione mediatica. Come Donald Trump, il Presidente ha tratto enorme beneficio dalla sua presenza costante sui social e risulta il più seguito nel mondo, con 5,5 milioni di followers su TikTok, anche se Twitter resta il suo canale privilegiato di comunicazione con il pubblico. Al centro del suo successo sulla sicurezza c’è la costruzione della mega prigione Cecot (Centro di confinamento del terrorismo), che rappresenta il più grande carcere mai tirato su in America, nato per rinchiudere migliaia di pericolosissimi esponenti delle pandillas. Ovviamente, alle reprimende onussiane su questi “campi mascherati di concentramento” Bukele ha risposto facendo spallucce, e ricordando al resto del mondo che il popolo salvadoregno è “libero, sovrano e indipendente”.

I suoi tre fratelli costituiscono poi una sorta di falange macedone, pur non avendo alcun ruolo nell’Esecutivo, affiancandolo nello svolgimento della campagna elettorale e nella gestione degli affari più delicati, come accaduto per la creazione del bitcoin, divenuta dal 2021 la seconda moneta con corso legale in El Salvador. In merito, alcune inchieste giornalistiche hanno pubblicato stralci del dossier relativo all’inchiesta “Cathedrale”, condotta dall’ex procuratore generale, in cui sono stati rivelati gli incontri segreti, avvenuti tra il 2019 e il 2021, tra alti esponenti dell’amministrazione Bukele e i leader delle bande criminali. In quella occasione, si può supporre che vi sia stato uno scambio tra la mediazione dei boss per porre fine alle guerre tra bande, e il via libera governativo come contropartita securitaria al riciclaggio in bitcoin di grandi capitali mafiosi.

Di recente, la Corte costituzionale di El Salvador (in cui sono stati nominati molti magistrati fedeli a Bukele) è intenzionata a rimuovere il senso favorevole al Presidente l’interdizione costituzionale per un secondo mandato presidenziale. Il modello securitario di El Salvator è portato come esempio nel mondo della superiorità delle autocrazie rispetto alle democrazie, grazie soprattutto al successo ottenuto nella repressione delle gang e del narcocrimine. Soltanto nel 2016 un rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni unite stimava l’impatto delle estorsione sul Pil di El Salvador a non meno del 3 per cento e ben a -16 per cento quello dovuto ai mancati introiti da lavoro a causa dell’onnipresenza del crimine organizzato sull’economia locale dei piccoli commerci.

Dalla elezione di Bukele nel 2019, la maggior parte dei criminali che minacciavano la convivenza civile dei cittadini del Salvador scontano oggi in massa forti pene detentive in carcere, o si sono dati alla latitanza. E se l’attuale Presidente dovesse correre per un secondo mandato, i suoi detrattori parlano chiaramente di una deriva dittatoriale, cosa che tuttavia non sembra dispiacere a Bukele che sui social si definisce “il dittatore più fico del mondo”. La sua guerra senza quartiere alle gang ha avuto inizio a marzo 2022, quando furono uccise ben 87 persone in un solo fine settimana, malgrado qualche giorno prima fosse stato trovato un accordo tra le bande e le autorità di sicurezza per arginare il fenomeno della violenza. Grazie alla decretazione dello stato di emergenza, le forze di polizia hanno proceduto ad arresti di massa in base anche a semplici circostanze indiziarie, come la presenza di tatuaggi sulle persone fermate che facessero pensare a una loro adesione alle gang locali. L’operazione ha condotto all’arresto di ben 71mila sospetti, incarcerati nella nuova prigione – da subito sovraffollata – al punto che ben il 7 per cento dei giovani maschi salvadoregni, di età compresa tra i 14 e i 29 anni, si trova oggi costretto in carcere.

Malgrado le inevitabili censure delle Ong internazionali per la difesa dei diritti umani, l’assoluta maggioranza dei cittadini di El Salvador condivide e approva la politica securitaria di Bukele. Del resto, prima dello stato di emergenza e degli arresti di massa (restano da catturare 15mila delinquenti che si sono eclissati o fuggiti all’estero) chiunque non avesse sottostato alla richiesta di pizzo di una gang o si fosse rivolto alla polizia per avere protezione, sarebbe stato immediatamente giustiziato. Dal marzo 2022, basta una semplice telefonata a provocare l’arresto di un sospetto riconosciuto come criminale dal cittadino denunciante. Il che ha contribuito a rovesciare il rapporto di forza tra persone oneste e criminali privi di scrupoli. A quando pare, sta funzionando bene come deterrente il notevole aumento delle pene detentive – passate da 9 a 45 anni – per chi subisca condanne in cui gli venga riconosciuto il reato associativo di aver fatto parte attiva delle gang o colluso con esse. Non meraviglia, pertanto, che in molte parti del mondo (e soprattutto in America Latina) si stia guardando con molto interesse all’esempio del superautocrate Nayib Bukele.

Aggiornato il 13 settembre 2023 alle ore 16:50