La storia dell’Argentina è un esempio di come i problemi economici, se non affrontati per tempo, possano protrarsi sino a divenire ancora più difficilmente risolvibili.
Il Paese del Sud America ha visto il suo rating creditizio peggiorare di cinque livelli dal 2001, passando da B2 all’attuale Ca. Questo significa che i mercati hanno perso molta fiducia sulla capacità dell’Argentina di ripagare il suo debito pubblico, nonostante lo Stato sia definito dalla Banca Mondiale come ad alto reddito.
Nell’ultimo decennio, infatti, il Paese ha continuato a spendere più delle sue possibilità, aumentando il deficit di bilancio mentre l’inflazione cresceva costantemente per arrivare all’attuale 113 per cento su base annua. Le risposte della politica non sono state sufficienti ad arginare i rischi sull’economia e lo spettro del default continua a preoccupare i mercati.
In vista delle prossime elezioni presidenziali che si terranno a ottobre, tutti i tre candidati (Patricia Bullrich del partito Cambiemos, il libertario radicale Javier Milei e il peronista Sergio Massa) hanno riconosciuto la centralità delle questioni economiche per il futuro dell’Argentina, annunciando interventi coraggiosi anche in materia fiscale. La storia del Paese, tuttavia, dimostra che i potenziali rischi relativi alla governabilità e ai disordini sociali hanno spesso rappresentato un freno all’azione politica.
L’Argentina ha ristrutturato il suo debito due volte negli ultimi vent’anni e ha ricevuto 50 miliardi di dollari dal Fondo monetario internazionale (Fmi) pochi mesi prima del suo secondo default nel 2019. Nonostante questo, è stata stampata nuova moneta per finanziare i deficit fiscali degli ultimi quattro anni, aprendo le porte all’iperinflazione e a un’ulteriore perdita di fiducia nella valuta locale, il pesos argentino.
Una possibile soluzione a questo scenario è stata individuata dal candidato Milei, che propone la dollarizzazione. Questa misura consiste nell’utilizzare una valuta straniera insieme o in sostituzione alla moneta locale. Si tratta di una proposta volta a creare condizioni di maggiore stabilità e a ridurre l’aumento dei prezzi, ma la sua attuazione non è semplice e ci sono dubbi sulla capacità del sistema politico argentino di integrare il dollaro statunitense nell’economia nazionale. Le preoccupazioni si concentrano, in particolare, sulla disponibilità liquida di dollari. La base monetaria (ossia la quantità di moneta emessa dalla Banca centrale) e i depositi locali in pesos argentini, infatti, hanno un valore complessivo, espresso in dollari, superiore alle riserve nette in valuta estera detenute dal Paese.
In altri termini, non è chiaro come ‒ e se ‒ l’Argentina riuscirà a rifornirsi di una quantità di moneta statunitense sufficiente per attuare la dollarizzazione.
Per quanti riguarda gli altri due candidati, il modo in cui i rispettivi partiti hanno gestito l’economia non infonde fiducia sulla qualità dei loro possibili risultati futuri.
Dall’attuale prezzo dei titoli sovrani argentini emerge che i mercati sono scettici sulla capacità della politica locale di realizzare i propri obiettivi. Con il nuovo governo, l’Argentina dovrà riuscire nel difficile compito di dimostrare la sostenibilità del suo debito pubblico.
Aggiornato il 11 settembre 2023 alle ore 11:48