Vertice Nato di Vilnius: un’asta andata a vuoto

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan occupa una peculiare posizione tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Ha un’importante dipendenza da Mosca, ma non si esime dall’approvvigionare armi a Kiev. Inoltre, è chiaramente l’unico interlocutore concreto con Putin e ciò pesa alle gerarchie europee. Di questa realtà Erdoğan è conscio e questo suo status gli consente di giocare d’azzardo su ogni tavolo diplomatico, con la consapevolezza di essere comunque un passaggio obbligato per ogni azione, ufficiale o meno, diretta verso il Cremlino.

Il “funambolo di Costantinopoli” gode delle sue grandi soddisfazioni diplomatiche accomodato nel suo palazzo in stile selgiuchide di 300mila metri quadrati, ubicato nel quartiere di Beştepe ad Ankara, dove il suo ego si nutre della convinzione di avere un profilo neo-sultaniale, che lo proietta verso traguardi mai nascosti, come quello di entrare nell’Unione europea.

Intanto il 7 luglio, dopo la prima visita dall’inizio della guerra del presidente ucraino Zelensky a Istanbul, Erdoğan ha annunciato che ad agosto anche Putin verrà a trovarlo. Tuttavia, come è prassi, l’incontro tra i due presidenti è stato più una passerella che una fruttuosa visita, in quanto molti buoni propositi hanno costellato il vertice, ma all’atto pratico c’è stato ovviamente il vuoto. Infatti, il presidente ucraino ha tentato di convincere Erdoğan ad avere un atteggiamento più incisivo verso Putin, ma senza risultati. Zelensky è arrivato ad Ankara dopo avere elemosinato armi alla Repubblica Ceca, alla Slovacchia e alla Bulgaria; da queste nazioni ha anche cercato sostegno per le sue aspirazioni di aderire alla Nato. Insomma, un viaggio propedeutico al vertice Nato di Vilnius dell’11 e 12 luglio.

Tuttavia, qualcosa si è mosso riguardo alle prossime esportazioni di grano ucraino attraverso il corridoio nel Mar Nero. Infatti, sul tavolo delle attuali discussioni c’è il protocollo di intesa, sottoscritto esattamente un anno fa, patrocinato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia, in scadenza il 17 luglio, che garantiva un corridoio sicuro per l’approvvigionamento del grano soprattutto all’Africa. Ma sembra che il Cremlino abbia minacciato di non accettare la proroga oltre tale termine. E questo sarà uno dei temi che Erdoğan tratterà con Putin, al quale racconterà un po’ di geografia e un po’ di storia, per rammentare che la Turchia ha la chiave degli stretti che collegano il Mar Mediterraneo al Mar Nero.

In questo quadro, lunedì Erdoğan ha giocato una carta a sorpresa, che lo ha posto nuovamente sotto i riflettori del vertice Nato di Vilnius, dove ha palesato alcune condizioni per fare cadere i veti turchi sull’adesione della Svezia come 32esimo membro dell’Organizzazione. Così, la rigida ostruzione turca alla Svezia pare sia crollata sotto l’apparente comprensività assunta da Erdoğan. Ciononostante, lo stesso presidente turco ha preannunciato che l’eventuale nulla osta dovrà passare per l’approvazione parlamentare. Va considerato che, se si verificherà tale ratifica, rappresenterà una nuova sconfitta diplomatica per Putin, ovvero la dimostrazione dell’unità degli alleati della Nato. Ma non solo Putin dovrà dare attenzione a questa possibile operazione diplomatica, bensì pure gli alleati occidentali, che da vent’anni conoscono questi spettacolari e contradditori capovolgimenti del “neo-sultano”. Inoltre, la rielezione di Erdoğan a fine maggio lo proietta come interlocutore ancora per alcuni anni.

Così, la settimana è iniziata con questa sbalorditiva dichiarazione di Recep Tayyip Erdoğan, che in una veloce conferenza stampa da Istanbul, prima di imbarcarsi per Vilnius, ha voluto porre sul piatto della bilancia la candidatura svedese all’Alleanza con l’adesione della Turchia all’Unione europea. Esprimendo chiaramente il concetto in questo modo: “Prima apriamo la strada alla Turchia nella Ue e poi apriremo la strada alla Svezia, come abbiamo fatto per la Finlandia”.

I negoziati per l’adesione all’Ue della Turchia partirono nel 2005, poi vennero stoppati dal 2019. Resta la perplessità europea a tale ingresso: oltre alle formali motivazioni che vedono nel calpestio dei Diritti umani un’usanza turca, la motivazione è soprattutto religiosa, con un eventuale ingresso in Europa di un Paese musulmano con tendenze antilaiche. Probabilmente, la Repubblica di Turchia nata dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano, ufficializzata nel 1923, e rappresentata da Mustafa Kemal Atatürk, aveva delle caratteristiche più idonee della Turchia di Erdoğan per il suo ingresso tra i Paesi europei. Comunque, forti dubbi sorgono sulla posizione assunta da Erdoğan. E l’ingresso nella Nato della Svezia resta troppo ancorato agli obiettivi europei del presidente turco.

Inoltre, a Vilnius la Nato non ha mostrato una omogeneità di intenti. Infatti, l’11 luglio Joe Biden e Olaf Scholz, imbastiti nella loro posizione, non hanno ceduto alle richieste avanzate da Zelensky di ipotecare al più presto l’adesione dell’Ucraina alla Nato, temendo una escalation del conflitto e declinando ogni coinvolgimento diretto dell’Alleanza nei confronti della Russia. In tal modo, hanno resistito oltre che alle pressioni forsennate del presidente ucraino, anche a quelle di buona parte dei loro alleati, guidati dalla Polonia e dagli Stati baltici, supportati questa volta pure dalla Francia.

Insomma, la Svezia potrà entrare nella Nato solo se la Turchia potrà far parte dell’Unione europea. E l’Ucraina per ora resta fuori dalla Nato. A Vilnius si è celebrato un “vertice” dell’Alleanza Atlantica, che è sembrato più un’asta andata a vuoto.

Aggiornato il 14 luglio 2023 alle ore 09:23