Il gioco di Vladimir Putin con i leader africani

Lo storico rapporto tra Russia e Africa è consolidato negli ambiti più strategici, da quello commerciale a quello politico, fino a quello militare. Ma oggi ha assunto una fisionomia tentacolare, che la vede inserita profondamente nelle dinamiche governative più sottili. Inoltre, l’operazione diplomatica di alcuni capi di Stato africani – che si è svolta nel fine settimana scorso – ne rafforza la solidità, vista la diversità di approccio con Kiev e Mosca.

La delegazione africana si è recata prima nella capitale ucraina, interloquendo con Volodymyr Zelensky su tematiche piuttosto vaghe e ambigue. Infatti, le “proposte africane” sono state totalmente respinte dal presidente ucraino, che ha interpretato il vertice come un’inutile passerella. Poi, sabato, i rappresentanti africani si sono presentati alla corte di Vladimir Putin, dove hanno chiesto ufficialmente la fine del conflitto, ostentando un tracciato di pace senza scandirne i margini. Il presidente russo si è dichiarato favorevole e aperto a un dialogo costruttivo con l’omologo ucraino, che come già annunciato ha fatto sapere di essere contrario a ogni tipo di confronto, interpretando ogni azione diplomatica tra le parti come un “inganno” da parte della Russia.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, che rifiuta di condannare la Russia per la sua aggressione, ha incontrato Putin a San Pietroburgo. E, a nome dei mediatori africani, ha affermato che la guerra non può durare per sempre; anche se, ad aprile, è stato accusato dall’ambasciatore statunitense in Sudafrica di avere venduto armi ai russi. Infatti, a fine dicembre un cargo russo ormeggiato nel porto di Città del Capo è stato colmato di armi fornite dal Sudafrica e spedite in Russia. La “questione” è ancora aperta.

La delegazione africana, ridotta rispetto al numero degli Stati aderenti, era composta anche da Macky Sall, presidente del Senegal, Hakainde Hichilema presidente dello Zambia e il presidente delle Comore, Azali Assoumani, che è anche presidente di turno dell’Unione Africana. Tra l’altro, erano presenti le delegazioni diplomatiche di Uganda, Egitto e Congo: tutti Stati con profondi legami con Mosca.

Putin ha recitato malamente la parte del pacifista. E ha accolto con pacato favore quello che ha definito un “approccio equilibrato” dei Paesi africani nei confronti della crisi ucraina. Rafforzando, così, la convinzione del determinante ruolo dell’Africa in un processo di pacificazione. E apprezzando lo spiccato ideale della politica pacifista africana”. Affermazioni, queste, che tracciano molti scenari e che lasciano molti dubbi, considerando che il 48 per cento delle armi vendute in Africa sono sia di fabbricazione che fornite dalla Russia. In più, i Paesi africani hanno la consuetudine di procedere agli avvicendamenti politici tramite i colpi di Stato, dove i diritti umani stentano a essereletti”.

È noto che il fascino esercitato dalla Russia sulla “politica africana” e il legame ideologico che ne scaturisce pongono sullo stesso piano la maggior parte degli Stati africani e la Russia. Ciò si basa proprio sulla condivisione delle modalità governative, spiccatamente autoritarie. Inoltre, va considerato che questa operazione diplomatica di matrice africana è stata manovrata dal Cremlino, nel quadro di uno scenario dove l’Africa doveva porsi sul piatto della bilancia al fianco di Putin.

Tuttavia, l’Africa è l’anello più debole del sofferente sistema economico scaturito dal proto-multilateralismo nato dal tramonto, ma non dal decesso, della globalizzazione a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma è anche un sistema economico “addestrato” ad affrontare ogni tipo di crisi sociale: non con risposte, ma con rassegnazione. Perciò, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, nati dagli effetti della guerra sul commercio mondiale, frustano i sistemi sociali del Continente africano, acuendo povertà e fame. E arricchendo chi governa.

Vladimir Putin sta coccolando e attraendo, fatalmente, i leader africani nel suo campo, dichiarando di erigersi a baluardo contro l’imperialismo e accusando i burattinai occidentali di bloccare con le proprie sanzioni le esportazioni di cereali e fertilizzanti russi, necessari per la popolazione africana.

In questo quadro, non va sottovalutato l’incontro tra il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e il Papa. Una visita apparentemente circoscritta a “fattori socio-diplomatici”: povertà, guerra, sofferenza dei più deboli. Ma con la consapevolezza che il Brasile fa parte del Brics – Brasile, Cina, India, Sudafrica e Russia – dove tutti i rispettivi presidenti sono legati da ampi obiettivi geostrategici comuni, nel quadro di un ordine mondiale alternativo, e da contatti diretti. Come il filo diretto sempre attivo tra Lula e Putin.

Aggiornato il 23 giugno 2023 alle ore 10:03