C’era una volta il Sud America: il monopolio delle gang

Com’è accaduto, nell’indifferenza mondiale, che un intero Continente si sia trascinato verso la violenza criminale del narcotraffico? L’America Latina, una volta rifugio e porto sicuro per le migrazioni europee, si presenta oggi con una veste lacerata e insanguinata fino all’orlo, a causa del dilagare della criminalità organizzata e del monopolio dei narcotrafficanti, che hanno fatto dei propri Paesi dei veri Narco State e regno incontrastato dell’Anti-Stato! E non importa se ad alternarsi alla loro guida siano presidenti di sinistra o di destra.

In Ecuador, nel piccolo porto di Esmeraldas, nove pescatori sono stati uccisi pochi giorni fa per una banale “dimostrazione di forza” da parte di un commando di trenta persone pesantemente armate arrivate via mare, appartenenti al gruppo di narcotrafficanti conosciuto con il nome di Los Tiguerones. La ragione? Una banale vendetta nei confronti dei pescatori, ritenuti responsabili di aver fatto ricorso alla protezione del gruppo criminale rivale dei Gangsters! Nell’economia planetaria dei narcotraffici, occorre rilevare come porti del Pacifico sul modello di Esmeraldas siano divenuti punti di passaggio obbligati per l’esportazione della droga verso gli Stati Uniti. Con la conseguenza, per le popolazioni locali, di provocare un vero terremoto socio-politico, per l’assedio delle bande criminali e l’aumento vertiginoso dei reati di ogni tipo, dagli omicidi ai sequestri e alle estorsioni. Da gennaio 2023, le autorità locali hanno sequestrato qualcosa come 65 tonnellate di droga (in prevalenza cocaina) e arrestato più di 4mila persone.

In Cile, alle ricorrenti ondate migratorie di cittadini venezuelani che fuggono la repressione nel proprio Paese si è associato il forte aumento degli indici di criminalità, costringendo il Governo del presidente progressista Gabriel Boric a mobilitare l’esercito per sorvegliare i confini nord del Paese. Per arginare il fenomeno, a Santiago le procure ricorrono al fermo preventivo degli stranieri arrestati perché privi di documenti. In Brasile, a seguito dell’omicidio di più di 1440 donne nel solo anno 2022, il presidente socialista Luiz Inácio Lula da Silva ha annunciato misure severe per reprimere queste forme intollerabili di violenza. Le statistiche raccontano in proposito che il Continente sudamericano si distingue tristemente per il numero elevato di femminicidi, favoriti da una semplice questione di genere. Dal 2000, il tasso di omicidi in tutta l’America Latina è passato da 15 per centomila abitanti agli attuali 21, destinati quasi a raddoppiare dopo il 2030. Malgrado il Continente latino-americano abbia una popolazione complessiva pari al 9 per cento di quella mondiale detiene il non invidiabile primato del 27 per cento degli omicidi che vengono commessi nel mondo intero. Non per nulla, 17 dei Paesi più violenti del mondo si situano nel Continente sudamericano, con particolare riferimento alle regioni centrali che ricomprendono gli Stati dell’Honduras, del Salvador e del Venezuela.

Ma quali sono le caratteristiche peculiari che determinano un simile fenomeno di violenza criminale? Da un lato, vasti spazi e terreni adatti per la coltivazione di papaveri da oppio e hashish e, soprattutto, la vicinanza del principale Paese consumatore: gli Stati Uniti d’America. Negli anni più recenti, i tradizionali canali del traffico di stupefacenti sono stati utilizzati per l’ulteriore trasporto delle droghe sintetiche. Circostanza, quest’ultima, che ha visto più che raddoppiare i guadagni dei narcotrafficanti, che acquistano immensi quantitativi di materia prima dalla Cina. Com’è noto, il fentanyl ha un potenziale analgesico 100 volte più forte della morfina e 50 volte quello dell’eroina. Arresti clamorosi, come quello del capo del narcotraffico messicano, Ovidio Guzmán, possono provocare una vera e propria insurrezione armata con armi d’assalto, com’è accaduto nella città di Culiacán, causando la morte di 29 persone. Anche se la Colombia rimane il primo produttore al mondo di cocaina, è il Messico oggi a rappresentare il vero e proprio hub mondiale dei traffici di droga, grazie al suo lunghissimo confine in comune con gli Stati Uniti d’America. Ragion per cui numerosi gruppi mafiosi in tutto il mondo si trovano a collaborare e fare affari con i loro “colleghi” messicani, che si riforniscono di armi moderne dai loro vicini americani.

La seconda ragione della violenza dilagante in America Latina è dovuta alla condizione di povertà e indigenza in cui si trova il 40 per cento della popolazione, costretta a vivere sotto la soglia della povertà, anche a causa delle fortissime diseguaglianze sociali esistenti in tutti i Paesi del Continente. Più della metà dei cittadini sudamericani lavora in nero e non gode di alcuna protezione sociale, vivendo in Stati quasi falliti, devastati dalla corruzione e incapaci di controllare parti del loro territorio, abbandonate all’arbitrio delle gang e del crimine organizzato. In Perù, dal 1990 tutti i presidenti sono stati condannati per corruzione e scontano attualmente le loro condanne in carcere. C’è da dire che da qualche tempo le migrazioni sudamericane hanno un carattere interno di massa, con consistenti movimenti di popolazione che abbandonano Paesi come Haiti, il Venezuela e Cuba. La reazione dei presidenti eletti come quelli della Colombia e del Messico è stata di fare ricorso alla militarizzazione dei loro territori per venire a capo, o quantomeno contenere, la violenza delle gang e del crimine organizzato, anche se con risultati scarsamente apprezzabili.

In merito, si calcola che 240mila militari siano occupati, senza molto successo, nella sorveglianza delle coste del Pacifico e dell’Atlantico. In Salvador il presidente Nayib Bukele è stato anche lui costretto a ricorrere all’esercito e a sospendere in parte i diritti civili dichiarando lo stato di emergenza. Cosa che ha comportato l’arresto indiscriminato di 60mila persone, molte delle quali senza alcun legame con il milieu criminale salvadoregno. Né è andata meglio al presidente colombiano Gustavo Petro che ha tentato la politica di pacificazione della mano tesa nei confronti dell’insieme dei gruppi armati del Paese, cosa che non ha minimamente fatto scendere il tasso di violenza delle gang che, anzi, hanno fatto sfoggio del loro potere esibendosi armate nei villaggi della provincia. Ma se il Sud America lacrima sangue e cocaina, l’Occidente ne è in gran parte responsabile, con il suo vertiginoso aumento dei consumi di droga. Forse, anche in tal senso, occorre smantellare un’istituzione mondiale obsoleta come l’Onu e pensare al suo posto a qualcosa di molto più efficace, per un governo mondiale delle Nazioni.

Aggiornato il 08 giugno 2023 alle ore 10:51