La crisi del Sudan aggrava quella della Libia

L’Alto commissario Onu per i rifugiati, l’italiano Filippo Grandi, che dirige l’Unhcr, organismo che gestisce 70 milioni di persone coinvolte in conflitti e crisi umanitarie, sostiene che una prolungata guerra civile in Sudan potrebbe portare alla fuga di 800mila persone. Si tratta di un problema che riguarderebbe molto da vicino l’Italia.

Suggeriamo, quindi, una soluzione di cui finora nessuno ha parlato: non ci sarà una tregua vera nel Sudan finché l’Onu non dichiarerà di inviare in quell’area una “Forza di pace” armata di tutto punto. Chissà se a quel punto Cina e Russia porranno il veto, venendo allo scoperto. È evidente che la ex Nubia dei faraoni neri (Nub significa oro”) interessa a molti soggetti internazionali per il suo sottosuolo, ricco di oro e petrolio. L’oro della civiltà egiziana proveniva dal Regno di Kush, altro nome con cui si designava l’Africa orientale dal Sudan fino all’’Etiopia e alla Somalia. Kush è citato nel libro della Genesi come figlio di Cam (e nella Bibbia il popolo dei “camiti” popolava gran parte dell’Africa).

Parliamo quindi di una spartizione delle risorse, più che di una guerra civile. O meglio, parliamo di una spartizione nella spartizione, dopo quella del Sud Sudan. L’Africa è un continente incredibile: tra Tunisia e Sudafrica si parlano circa 1500 lingue diverse (un quarto degli idiomi mondiali). Qui si sono svolte alcune delle migrazioni più pazzesche della Storia, come l’espansione della popolazione bantu e la colonizzazione del Madagascar da parte di indonesiani del Borneo, che erano sprovvisti di barche e tecniche di navigazione decenti. Le lingue Khoisan, parlate in Namibia e nel Sudafrica occidentale utilizzano i “suoni avulsivi”, ovvero degli schiocchi della lingua – in inglese “click” – soprattutto palatali, che corrispondono ad alcune consonanti dei linguaggi del resto del mondo. Residui di queste parti di linguaggio si trovano anche in alcune zone bantu fino all’area Niger-Congo, e persino nelle occlusive dentali “Nz” e “tzk”, che in Italia significano “No”, “Puah” oppure “Figurati!”.

I due generali che si combattono in Sudan (Abdel Fattah Burhan per i governativi, e Mohamed Hamdan Dagalo per i ribelli), lo fanno quindi per poter gestire imponenti risorse minerarie. A parte oro e idrocarburi, in Sudan possono esserci Terre rare, minerali radioattivi e chissà cos’altro, in una nazione così grande e scarsamente popolata (45 milioni di abitanti). Il generale Dagalo – detto Hemetti – è l’uomo sudanese più ricco, essendo con la sua famiglia proprietario di numerose miniere, aziende di trasporto. Dagalo ha ammesso di essere coinvolto nei massacri e negli stupri di massa di Adwa nel Darfur meridionale (2004). Personaggio quindi da prendere con le molle.

Rispetto ai combattimenti, tutto parte dal controllo della capitale Khartum. Per questo motivo la tregua del post Ramadan ha retto poco e male, tanto che i nuovi scontri sono avvenuti vicino al palazzo presidenziale. Il Sud Sudan, dove esplose un’altra guerra civile dopo l’indipendenza del 2011, durata dal 2013 al 2020, è una delle due mete finora raggiunte dai circa 50mila profughi che hanno già lasciato il Sudan (l’altra è il Ciad). Si calcoli che in Sudan sarebbero intrappolati anche centinaia di migliaia di profughi dal Tigrai etiope e dall’Eritrea.

Siccome tutti i profughi – nel caso di una guerra prolungata – andrebbero verso l’Egitto e la Libia, e dato che il Sudan è già da tempo terra di passaggio delle migrazioni dall’Africa orientale, è chiaro che i sudanesi alla fine si aggiungerebbero ai migranti la cui meta è Lampedusa, dopo che Grecia e Malta (come Spagna e Francia a nord) hanno bloccato in vario modo il flusso migratorio e quello dei rifugiati. È quindi possibile che il Gruppo Wagner, che opera nella Bengasi del generale Haftar, sia il burattinaio di tutto il caos sudanese. Ciò sia per questioni strategiche e militari che interessano alla Russia, sia per i ben più prosaici traffici di oro sudanese, che – gestiti in comunella con un Governo fantoccio – porterebbero non pochi benefici anche allo schieramento antioccidentale con cui ci si deve confrontare da Taiwan all’Ucraina all’Africa. Detto di passaggio: anche le guerre post-coloniali nell’ex Congo belga, cui partecipò nel 1965 anche Ernesto Che Guevara con un corpo di spedizione cubano, avevano al centro la spartizione – predatoria e politica – delle ricchissime risorse minerarie del Congo, che divenne un’area calda della Guerra fredda.

Oggi il Sudan vive anche la paura di epidemie, dopo che i ribelli si sono impadroniti di un laboratorio biochimico, dove sarebbero custoditi virus e batteri di malattie come morbillo, colera, Hiv, tubercolosi. Nel frattempo, cresce la fame, in una nazione in cui secondo l’Oms vi erano già 50mila bambini malnutriti, che dovevano utilizzare gli aiuti Onu per mangiare e curarsi. Nel 2021 il tasso di malnutrizione di tutta la popolazione nel Darfur ovest arrivava al 61 per cento, mentre in tutto il Sudan il 30 per cento della popolazione aveva bisogno di assistenza umanitaria.

RIFLESSI DELLA CRISI IN LIBIA

Anche in Libia è in corso – per quanto raffreddata – una lunga guerra civile tra Cirenaica e Tripolitania. Il sito di informazione Africanews.com riferisce di alcune proteste nella città libica di al Zawiya, poco a nord di Tripoli, dove tra l’altro ci sono importanti raffinerie. I residenti della città costiera puntano il dito contro i gruppi paramilitari (non quelli russi che operano nella lontana Cirenaica), accusandoli di reclutare mercenari tra gli immigrati dal Sahel e da altre zone.

Zawiya è una delle sedi principale di partenza della rotta migratoria verso l’Italia e l’Europa. Un video che circola nei social libici mostra alcuni libici attaccati e percossi (si parla anche di “torture”) da “Mercenari africani”. Un rappresentante dei “Giovani di Zawiya” ha detto che le proteste di giovedì scorso hanno bloccato l’accesso alla raffineria di petrolio e hanno causato la chiusura temporanea del palazzo comunale. La richiesta è che le diverse milizie che controllano il territorio urbano mandino via dalla città i mercenari reclutati tra gli immigrati.

Aggiornato il 02 maggio 2023 alle ore 12:34