Sudan: tra un colpo di Stato e i Wagner

In Africa, dalla fine della “seconda decolonizzazione” avvenuta intorno agli anni Settanta, si sono celebrati oltre duecento colpi di Stato per “conformi” avvicendamenti governativi. In alternativa, gli Stati sono retti da presidenti a vita e poi dagli eredi diretti. In altri casi, si fanno elezioni “tendenzialmente farsa”, che creano generalmente divisioni faziose e deboli equilibri di potere.

Stringatamente, tra questi, qualche “perla di democrazia” si scorge nella Repubbliche di Capo Verde e Mauritius, nelle Seychelles, in alcuni Stati del Sud Africa, in Senegal, e fino ad alcuni mesi fa anche in Tunisia. Le altre realtà sono caratterizzate dal concetto di democrazie imperfette, regimi ibridi o autoritari. O come quelle che considero “antidemocrazie naturali”, cioè regimi dove la legge “inserita” nella religione, semplicemente, non prevede la democrazia. E comunque, secondo gli istituti Freedom House ed Economist Intelligence Unit, il trend democratico nel mondo è decisamente al ribasso.

In ogni modo, la democrazia nel mondo seduce poco. E anche in quelle minoritarie aree geografiche dove storicamente c’è “il marchio della Democrazia”, gode di poca salute”. Così, dopo il colpo di Stato dellottobre 2021, il “Governo bicefalo sudanese” ha suscitato solo grandi certezze di instabilità. L’esercito regolare, guidato dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Al-Bourhane, e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Fsr) del generale Mohamed Hamdan Daglo, detto “Hemetti”, si stanno contendendo il potere dal 15 aprile con una guerra civile dai risvolti complessi e dalla durata poco prevedibile. L’aggravamento dei rapporti tra i due generali si è verificato quando il generale golpista Al-Bourhane ha decretato lo scioglimento delle Fsr, che ora sono considerate una banda di “ribelli armati”.

Il Sudan è ora immerso in una guerra fratricida. E in questo scontro ci si chiede: quanto conteranno il ruolo e il peso dei mercenari Wagner presenti stabilmente in Sudan e, capillarmente, in buona parte dell’Africa? Ricordo che il gruppo mercenario russo Wagner è di stanza nel Paese dal 2017. Qui han stretto accordi di cooperazione militare, come con altri Stati africani, ricevendo in cambio l’accesso allo sfruttamento delle risorse auree della Nazione. Ma in questo frangente, il dato più rilevante è che i mercenari di Mosca sono vicini ad Hemetti, quindi ai ribelli.

La presenza dei Wagner in Sudan è meno palese che nella Repubblica Centrafricana dove sono organici alla difesa dello Stato, o come in Mali e Burkina Faso, dove hanno fatto ammainare la “bandiera francesesostituendola con quella russa. Tuttavia, sono radicati e inseriti nei sistemi di sicurezza e addestramento sudanesi. La storia dei rapporti tra il Sudan e la Russia è stata caratterizzata da una notevole “discrezione” nelle relazioni. Legami che sei anni fa – quando il dittatore Omar al-Bashir (destituito nel 2019) non poté più negare che le fondamenta della sua tirannia si stavano sfaldando – si consolidarono in modo strategico. Tra pesanti contestazioni e fiaccato da un embargo economico complesso, il dittatore chiese un incontrò con Vladimir Putin che si celebrò a Sochi, in Russia. Il vertice stabilì un rapporto di cooperazione che vedeva sulla bilancia l’appoggio di Mosca da vari punti di vista – armamenti, economici e alimentari – in cambio di un accesso privilegiato alle miniere d’oro sudanesi. E la possibilità del Cremlino di utilizzare il Paese come una ulteriore testa di ponte per le ambizioni in Africa.

Subito dopo l’incontro di Sochi, la Meroe Gold, una società mineraria controllata dalla compagnia russa M-Invest, legata a Evgenij Prigojine, capo del gruppo Wagner, ha iniziato l’esplorazione e lo sfruttamento delle miniere aurifere in Sudan, terzo produttore mondiale di oro. La vicinanza tra i Wagner ed Hemetti è palesata anche dal ruolo di controllo e sicurezza che i mercenari hanno sulle miniere d’oro non legali sfruttate personalmente, e abusivamente, dal generale ribelle e dai russi. Così enormi quantità di minerale giallo, del valore di svariati miliardi di dollari, vengono razziate da Mosca e contribuiscono a rimpinguare le sue riserve aurifere. Il World Gold Council ha rilevato, in un recente studio, che le riserve d’oro della Russia sono aumentate, dal 2007 alla fine del 2022, da 450 tonnellate a oltre 2.300 tonnellate. Una “incetta” d’oro destinata a sostenere l’economia russa, messa sotto pressione dalle sanzioni occidentali e a finanziare la sempre più onerosa guerra in Ucraina.

Se consideriamo, inoltre, che un’indagine della Cnn ha rivelato che lo scorso luglio sono stati effettuati sedici voli non ufficiali di aerei cargo da Khartoum e Port-Sudan a Latakia in Siria, dove la Russia ha un’importante base aerea, si può immaginare quale potrebbe essere stato il contenuto del materiale trasportato.

In questa guerra civile, adesso, va valutata la forte vicinanza di Hemetti a Mosca. Il 23 febbraio 2022, il giorno prima che Vladimir Putin avviasse l’Operazione speciale, è stata ricevuta a Mosca una delegazione sudanese, guidata proprio da Hemetti. A seguito di questo incontro, il capo della Fsr e i delegati di al-Bourhane hanno avuto numerosi colloqui con le delegazioni russe, compreso il tavolo con il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, per verificare la possibilità di riattivare una ex base navale russa sul Mar Rosso. Tuttavia, al momento non vi sono segnali che i Wagner siano ufficialmente al fianco di Hemetti. Va comunque considerata l’inequivocabile vicinanza dei sudanesi, anche se divisi, a Mosca.

Intanto, il conflitto si sta allargando verso il Ciad e il confine orientale dell’Etiopia Nilo Azzurro – dove anche alcune tribù si sono armate e combattono insieme ai ribelli della Fsr, in attesa di un nuovo colpo di Stato risolutore. Alle fine, ogni tipo di negoziato internazionale a favore di una stabilizzazione del Paese non potrà escludere, ufficialmente o meno, la diplomazia di Mosca.

Aggiornato il 28 aprile 2023 alle ore 09:59