Il cimitero dei Wagner è quasi colmo

In questi ultimi giorni, anche da fonti russe, aumentano le spinte per avviare un percorso che conduca a negoziati per favorire la fine della guerra. Il capo dei mercenari Wagner, il potentissimo Yevgeny Prigojine, uomo che non ha titubanza a manifestare opinioni fuori dal “coro di Mosca”, tramite il suo canale Telegram, la settimana scorsa ha affermato che la Russia ha “raggiunto i risultati che aveva programmato”. E che quindi è necessario porre fine alla “operazione militare speciale”. Ha anche sostenuto che questa scelta è utile per i “registi” della guerra e necessaria per la società russa.

Il discorso di Prigojine ricalca la sua modalità di esprimersi senza reticenze e apparentemente senza condizionamenti, in quanto, in questo caso, la sua opinione contrasta totalmente con la posizione ufficiale del Cremlino tracciata poche ore prima di questa sua “analisi”. Il padrone dei Wagner, e uomo fondamentale per la guerra di Vladimir Putin, supporta la sua impegnativa affermazione, esaminando i risultati ottenuti sul campo di battaglia. Nel suo discorso ha dichiarato che in questo momento lo scenario della guerra è ideale per decretare la fine dell’Operazione speciale, in quanto la Russia ha raggiunto i risultati previsti. Tra questi lo sterminio di una quantità enorme di soldati ucraini, affermando inoltre che l’esercito russo ha annichilito gran parte della popolazione maschile ucraina. E quella che non è stata uccisa è scappata in Europa.

Ancora, grazie ai Wagner, è stato aperto un corridoio sicuro verso la Crimea, e la Russia ha occupato un vasto territorio ucraino. Da questo momento, secondo il capo dei Wagner, le aree conquistate resteranno a disposizione di Mosca a tempo indeterminato. Infine, Prigojine avverte Vladimir Putin e i suoi collaboratori sulla non convenienza a continuare la guerra, che potrebbe esporre la Russia a situazioni svantaggiose. Infatti, ha aggiunto che ritiene non certo il successo di una grande offensiva russa visto che sta cambiando la dotazione dei mezzi blindati e armati di intercettazione aerea disponibili da Kiev, che potrebbero favorire una controffensiva ucraina che destabilizzerebbe le difese russe. Tale eventualità provocherebbe un calo del morale dell’esercito russo, con conseguenze negative per gli esiti dell’Operazione.

L’analisi di Prigojine è sicuramente oggettiva e lucida, poco politica, e ancora meno pregna di orgoglio nazional-zarista. La frase di Putin che “un piccolo esercito russo può essere sconfitto solo da un grande esercito russo”, contrasta totalmente con la visione strategica che anche alcuni audaci generali “regolari” di Mosca stanno cautamente, e con prudenza, esprimendo. Inoltre, Prigojine è cosciente che gli ucraini sono in fase di miglioramento delle proprie capacità offensive, nonostante siano stati “sterminati”.

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha affermato che l’esercito di Kiev ha già ricevuto dagli Stati Uniti i sistemi di difesa Patriot a protezione dei cieli ucraini dai missili russi. Paesi Bassi e Danimarca stanno consegnando 14 carri armati Leopard 2 a Kiev, mentre i carri armati francesi Amx-10 sono già sul campo di battaglia. Yoon Suk Yeol, presidente della Corea del Sud, ha lasciato intendere che Seoul potrebbe sostenere l’Ucraina in caso di “attacco su larga scala” contro la popolazione civile. Tale dichiarazione è stata criticata dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il quale ha sostenuto che una fornitura di armi da Seul a Kiev significherebbe “indirettamente un certo grado di coinvolgimento in questo conflitto”.

Ma la situazione sul campo, leggendo anche tra le righe dell’analisi del capo dei mercenari, è che il cimitero dei Wagner è quasi colmo. Come in tutti i conflitti dati certi ovviamente non si hanno. Molte informazioni vanno considerate propaganda, ma da fonti sia statunitensi che ucraine, nonché da valutazioni fatte su quanto trapela dal “tessuto sociale” russo, la realtà è che si stimano dai sessantamila ai centomila soldati russi morti. Altre fonti, come quelle norvegesi, raddoppiano questi dati.

Si stima che su circa 50mila Wagner impegnati sul fronte ucraino, 13/16mila (come carne da cannone) sono rimasti sul campo. Oltre ventimila i soggetti feriti e difficilmente recuperabili. Quasi la metà dei mercenari morti sono ex galeotti, russi e bielorussi. Un dato che manifesta difficoltà nel mantenere un numero adeguato di mercenari attivi. Quindi, il fatto di rimpiazzare i morti e feriti emerge anche dall’apertura di oltre cinquanta uffici di reclutamento, gestiti dai Wagner, sul territorio russo.

Tuttavia, Prigojine non crede che al momento il potere di Putin sia a rischio, eppure afferma che una sconfitta militare potrebbe sfociare in una rivolta popolare contro quello che definisce “lo Stato profondo impantanato nel lusso e nella burocrazia”. È proprio sul suo concetto di “Stato profondo” che si scaglia il capo Wagner: una élite lontana dalla guerra, che non si preoccupa di strategie e che non ode il frastuono delle esplosioni.

Ambiguità, malessere e disinformazioni, che viaggiano in parallelo con quanto espresso da Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, il quale non in esclusiva ha parlato della visita di Putin nella regione di Kherson – parte occupata dai russi – dove il presidente russo ha inscenato la sua presenza, perché in realtà il capo del Cremlino era un sosia. Un sospetto diffuso su ambo i “fronti”, che sottolinea il particolare momento di difficoltà russa. I cimiteri sono colmi da ambo le parti, e i “padroni della guerra” assistono dal loro “Stato profondo” all’espansione di nuove aree di sepoltura.

Aggiornato il 26 aprile 2023 alle ore 17:07