Vladimir Putin: un isolato nascosto

Nel 2014 Angela Merkel – allora Cancelliera federale della Germania – dopo un lungo colloquio con Vladimir Putin, che si ostinava a negare ogni presenza russa nel Donbass, si espresse affermando che il presidente russo “ha perso il contatto con la realtà. Ricordo che nel 2014 Putin rinnegò la scelta fatta nel 1954 da Nikita Krusciov, il quale per commemorare i 300 anni dal trattato di Pereiaslav (1654), che sanciva la fedeltà allo Zar dei Cosacchi – comunità militare antesignana anche degli ucraini – donò la Crimea all’Ucraina. Una donazione disconosciuta informalmente già nel 2000 quando Putin successe a Boris El’cin sul trono della presidenza, e che quattordici anni dopo formalmente mise in atto occupando la Crimea.

Ma che il presidente russo avesse un controllo discutibile delle sue azioni fu manifestato anche da Boris Nemtsov, un suo avversario politico che poco prima di essere eliminato, nel febbraio 2015, affermò che “Putin era pazzo”. In questi ultimi tempi, sempre più spesso lo stato psichico dello Zar Putin I viene messo sotto i riflettori, sia da osservatori internazionali che dagli stessi russi. Infatti, dal 2014 a oggi i comportamenti e gli atteggiamenti del presidente hanno mostrato delle notevoli variazioni. Seppur con estrema cautela, anche i telespettatori russi più dogmatici cominciano a esprimere perplessità sugli atteggiamenti tenuti dal capo del Cremlino nelle trasmissioni televisive, dove in queste ultime settimane ha incrementato la presenza, riempiendo gli spazi sui media con logorroiche elucubrazioni, spesso impastate con citazioni storiche, che richiamano le antiche tradizioni o i passati fasti imperiali.

Tuttavia, anche se gli argomenti trattati non sono nuovi, quello che si nota sono i discorsi, decisamente più aspri e farciti da frasi demagogiche e rabbiose, espressioni e toni che scorrono sul confine della perdita del controllo. In un quadro di gelida rabbia, dove le mani battono sul tavolo, e dove i sospiri esasperati interrompono discorsi con tendenze deliranti, l’attribuzione di “banda di tossicodipendenti e neonazistia chi è al potere a Kiev, suggella l’esaurimento di trattare temi strategici, che davano una personale pseudo giustificazione all’Operazione speciale, che di speciale ha ormai solo la lunghezza, la indeterminatezza temporale e le atrocità, a favore di ossessioni sempre più martellati.

Non bisogna dimenticare che quando il presidente decise di invadere l’Ucraina, un territorio vicino non solo geograficamente, al di là della propaganda de-nazificatrice e “velatamente” imperialista, il popolo russo rimase generalmente sgomento da questa scelta. Ksenia Sobchak –figlia dell’ex sindaco di San Pietroburgo Anatoly Sobchak – giornalista televisiva e anche politica, ebbe l’occasione di chiedere alla blindata politologa Ekaterina Schulmann se c’era “qualcosa di razionale in questo obiettivo o si tratta solo di una convinzione “superiore” alla comprensione umana?”. La risposta della Schulmann fu: “Come facciamo a saperlo? Mi stai chiedendo di fare una psicoanalisi su una fotografia… Sono io che dovrei farti la domanda, sei tu l’amica di famiglia!”.

Quindi, gli interrogativi sono sempre stati di questo tenore: perché l’invasione? Cosa vuole il presidente russo? Come dare una giustificazione a una decisione che, comunque vada, potrebbe condurre la Russia verso una catastrofe (finché Putin resta in sella), che è già comunque tracciata da centinaia di miglia di morti e da famiglie russe sfinite dai lutti e da forti incertezze? Così, anche chi orbitava nell’entourage di Putin e immaginava di sapere chi fosse, ora si interroga sul tragico attore che sta sul palcoscenico russo da 23 anni, ma che recita anche in “piazze” molto più vaste e pericolose.

Ma quale potrà essere l’obiettivo finale di Putin? Ormai è chiaro che l’Ucraina non è la meta e non potrà esserla; quindi, l’obiettivo è la civiltà occidentale, con il suo sistema simil-democratico e di conseguenza il consolidamento di un Nuovo ordine mondiale con marchio euroasiatico allargato. Uno sviluppo del Brics (dal 2009), organizzazione economica tra Brasile, India, Cina, Russia e Sud Africa.

Quando Putin assunse la carica di presidente russo, appariva un uomo quasi comprensivo; spesso parlava di democrazia come fosse l’unica strada per i cittadini della Federazione Russa, di elezioni libere, di riforme illuminate, di rispetto dei diritti umani. Senza dimenticare le libertà di espressione sotto tutte le sue forme, la cooperazione internazionale anche verso l’Occidente, ma soprattutto l’avvicendamento costante al vertice del potere. Dopo il 24 febbraio del 2022, la metamorfosi del padrone della Russia si è completata. E la sua “visione messianica”, drogata dalla tragicità della guerra, cesella le prospettive di uomo proiettato verso un isolamento, anche interno, in contrapposizione alla crescente solidarietà per il popolo russo.

Ricordo che Putin ha sempre sostenuto che il crollo dell’Urss è stata la più grande catastrofe del XX secolo.

Aggiornato il 14 aprile 2023 alle ore 10:24