Cina-Russia: una sceneggiata geostrategica

L’incontro del 20 marzo a Mosca tra Xi Jinping e Vladimir Putin, ha dato più che l’idea di un incontro tra leader di potenze mondiali, l’immagine di una sceneggiata geopolitica – della durata di quarantotto ore – tesa a mostrare al resto del Pianeta la granitica cooperazione esistente tra cinesi e russi. Quella che i due capi definirono nel 2022 una “amicizia sconfinata”, si è così concentrata sul concetto di una apparente identica visione della geopolitica finalizzata a porre fine all’egemonia statunitense a tutti i costi.

Così il vertice è stato l’occasione per Putin di mostrare di avere il sostegno dell’“Imperatore” Xi, nonostante la chiusura di una esigua parte dei rapporti internazionali sanciti dopo l’invasione dell’Ucraina. Inoltre la Cina ha ribadito la “conforme indifferenza” al mandato di cattura internazionale verso Putin, emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) il 17 marzo scorso. Ricordo che le norme che permettono il mandato di arresto per Putin per Crimini contro l’umanità, è emesso dalla Cpi e nasce dalla Conferenza di Roma del 1998, indetta dall’Assemblea delle Nazioni Unite, operativa da luglio 2002. La Cpi ha lo status di organo di giustizia internazionale ed è riconosciuta da 122 Paesi su 193 aderenti alle Nazioni Unite; tra quelli che non hanno aderito alla Cpi troviamo Russia, Cina, Stati Uniti e Israele.  

Comunque dopo il vertice tra i due leader, quello cinese sicuramente al massimo della sua solidità, quello russo tendente verso una fragilità politica, ben celata ma esistente, viene da domandarsi: cosa vogliono davvero Cina e Russia? E Xi può avere un ruolo “serio” nella risoluzione del conflitto in Ucraina? Intanto la Cina non ha mai condannato l’invasione dell’Ucraina, quindi non è neutrale e nemmeno equidistante. Infatti abbina un implicito sostegno all’operato di Mosca, con una esplicita critica alle azioni di Washington. La Cina, nonostante un atteggiamento “paterno”, in pratica non ha il ruolo costruttivo che ostenta di svolgere; lo si scorge sia nei rapporti con Mosca che con Kiev. Anche il direttore dell’ufficio centrale per gli Affari esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi, durante il suo tour europeo di febbraio aveva dichiarato che l’obiettivo era quello di far apparire la Cina come una potenza responsabile. Ma in pratica Pechino punta a rafforzare la bilancia anti-occidentale raffigurando l’atteggiamento del governo Usa come portatore di una vetero mentalità da Guerra fredda”. Inoltre il presidente cinese ha sempre mostrato una ossessione verso la politica statunitense, legata indubbiamente anche ai rapporti degli Usa con Taiwan. Pechino, tormentata da questa ossessione, propaganda il coinvolgimento degli Usa nella guerra in Ucraina accusandoli di avere reali programmi di fornitura di armi biologiche da usare contro l’esercito russo. Infatti la rivalità sino-statunitense è la ragione della posizione cinese nella guerra in atto.

Da ciò immaginare che la Cina possa avere un ruolo concreto di mediazione in questo conflitto è soltanto illusorio. Inoltre è forse necessario a livello geostrategico, tenere conto dell’ipocrisia cinese in una crisi internazionale di livello elevato. L’atteggiamento ambiguo di Xi si è rilevato con il rifiuto, nonostante molti “echi”, di incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, diversamente ha risposto alle numerose chiamate di Putin. Tuttavia la Cina non abbandona drasticamente il suolo ucraino, dando una assistenza marginale alla popolazione ucraina, mantenendo una presenza e ipotizzando, come annunciato ieri, un possibile incontro con il presidente ucraino; tutto in funzione di un certo futuro di ricostruzione del Paese. Tuttavia la strategia cinese in questa guerra mostra pragmatismo perché non si schiera chiaramente con la Russia, ciò rende poco attendibile un aiuto militare con armi di distruzione di massa da parte di Pechino, ma contemporaneamente non prende le distanze. Ma mostra anche opportunismo, perché abusa di questo conflitto per offuscare l’immagine degli Stati Uniti, accusandoli di essere il fattore massimo della instabilità mondiale, facendo un parallelo tra la stabilità cinese e il caos europeo

In pratica la “filosofia” di Xi è sempre quella di esaltare la superiorità del suo modello di governo, una Repubblica popolare socialista guidata dal Partito comunista cinese, e screditare i regimi sedicenti liberaldemocratici

Ma è evidente che Xi ha l’obiettivo di creare un Nuovo semi ordine mondiale filo “euro-asiatico allargato”, in opposizione all’agonizzante Ordine mondiale esistente filo-occidentale. Un nuovo bilanciamento che ha avuto il suo battesimo con la nascita del Brics, completato con i cinque Paesi nel 2011 (inizio 2009), dove Cina, Russia, Brasile, India e Sud Africa sancivano un accordo di partenariato tra potenze economiche mondiali e regionali. Una nuova bilancia geostrategica voluta da Xi Jinping che pare penda verso Oriente.

Aggiornato il 03 aprile 2023 alle ore 09:43