Minerali del Karabakh: la protesta azera

L’attenzione dell’informazione internazionale torna a riaccendersi lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian, dopo le innumerevoli proteste che si stanno susseguendo lungo la strada di Lachin.

Numerose organizzazioni non governative per la tutela dell’ambiente e gli attivisti ecologisti dell’Azerbaigian denunciano l’accesso ai giacimenti minerari sfruttati illegalmente dagli armeni locali nella regione del Karabakh dell’Azerbaigian, dove è dispiegato il contingente russo di peace keeping, posizionato lì dopo la seconda guerra del Karabakh, del novembre 2020, in conformità con la Dichiarazione Trilaterale. Gli attivisti chiedono alla Comunità internazionale di non sottovalutare il danno ecologico e lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’Armenia, nella splendida regione azerbaigiana. A tal riguardo, intervistiamo l’analista azerbaigiano Orkhan Amashov, esponente locale di una Ong per la tutela dell’ambiente e autorevole animatore delle recenti manifestazioni in corso lungo la strada di Lachin.

L’Armenia ha promosso insediamenti illegali a Lachin sostenendo le compagnie minerarie statali nel compiere danni ambientali nella Regione. Cosa sta accadendo e cosa chiedete alle autorità internazionali?

Durante il corso della trentennale occupazione dei territori dell’Azerbaigian, l’Armenia ha avviato delle politiche di insediamento illegale nel distretto di Lachin, ufficialmente riconosciuto all’Azerbaigian dalla comunità internazionale, violando il diritto internazionale che vieta esplicitamente qualsiasi forma di programmazione urbana e abitativa nei territori occupati. La situazione che stiamo affrontando nelle ultime settimane è legata allo sfruttamento delle risorse naturali dell’Azerbaigian in Karabakh, regione in cui sono temporaneamente dispiegati i “peacekeeper” russi, come stabilito dalla dichiarazione del 10 novembre del 2020. Stiamo lottando per mantenere e tutelare il nostro ambiente. Non possiamo restare in silenzio e non possiamo far finta di nulla, poiché la regione ha un patrimonio ambientale importante e le conseguenze delle estrazioni illegali potrebbero essere irreversibili. Voglio spiegare ai lettori italiani perché la situazione è realmente preoccupante. Una parte del territorio dell’Azerbaigian, comprendente Khankandi e la sua periferia, attualmente vede il dispiegamento temporaneo dei “peacekeeper” russi. Le forze armate armene avrebbero dovuto lasciare quella zona, come stabilito dall’articolo 4, ma ciò non è accaduto. Non solo si sono rifiutati di lasciare il territorio, ma si sono impegnati anche nell’estrazione illegale di rame e oro, attraverso il coinvolgimento di una società con sede in Svizzera. Le risorse del nostro territorio vengono sfruttate illegalmente, senza alcun controllo di sostenibilità e senza autorizzazione statuale e quindi senza le condizioni essenziali per uno sfruttamento che non generi danni ambientali ed inquinamento, problematiche che genereranno gravi conseguenze nel futuro della regione. La nostra mobilitazione è contro tale modo di operare, riteniamo che si debba porre subito rimedio a tale situazione e che la comunità internazionale possa condurre un monitoraggio sull’ambiente locale proprio nella zona geografica soggetta al dispiegamento delle forze armate russe. Inoltre, temiamo che la Lachin Road, collegata all’Armenia, possa divenire uno strumento logistico per il trasporto di minerali e armamenti illegali. Con nostro grande dispiacere, notiamo che i media internazionali, invece di concentrarsi su ciò che chiediamo e sulle nostre legittime richieste, descrivono e rilanciano informazioni sulle false priorità dell’Armenia, affermando che le nostre manifestazioni bloccano la vita ai residenti armeni nella regione dell’Azerbaigian. Bugie! Stiamo facendo passare tutti i mezzi dei civili e gli aiuti umanitari e non stiamo lavorando ad un blocco totale del territorio. Abbiamo già ottenuto delle vittorie. La società mineraria Base Metal, coinvolta nell’estrazione illecita delle risorse, ha già interrotto la sua attività sul territorio, ma riteniamo che il monitoraggio delle condizioni ambientali sia la richiesta principale cui tendere per garantire il futuro della regione. Ecco perché continuiamo a manifestare.

Diverse società internazionali, come la Switzerland Base Metals, sono coinvolte nell’estrazione di minerali e di oro dal Karabakh per il mercato internazionale. Quali sono i danni ambientali che avete registrato?

Il punto chiave è che per comprendere l’entità del danno ambientale, dobbiamo condurre un monitoraggio e valutare cosa sta accadendo, intraprendendo azioni per mitigare il fenomeno. Abbiamo avuto numerosi incontri con gli esperti di programmazione ambientale e l’alto comando del contingente russo, ma non si è raggiunto ancora nessun accordo. Tuttavia, le forze armate armene hanno approfittato della situazione burocraticamente complessa, continuando a sfruttare il territorio senza la possibilità di poterlo controllare. Attualmente, siamo già a conoscenza dell’abbattimento di alcuni ettari di foresta, di rifiuti che contaminano l’ambiente e di materiale per le demolizioni lasciato all’incuria nell’ambiente. Per avere una situazione chiara di ciò che sta accadendo abbiamo la necessità di intraprendere azioni di monitoraggio. La comunità internazionale ha già assistito all’inquinamento del fiume Okhchuchay, che giunge in Azerbaigian attraverso alcuni affluenti e l’analisi delle acque registra la presenza massiccia di metalli pesanti, frutto dell’attività mineraria. Stanno continuando a distruggere il territorio all’interno dei confini dell’Azerbaigian e attraverso la movimentazione delle truppe illegali presenti nel territorio. Se non fermiamo queste operazioni sarà troppo tardi ed è per queste motivazioni che continuiamo a manifestare.

Nelle circostanze attuali sembra che il problema principale sulla strada di Lachin non sia solo l’estrazione illegale di risorse o il danno ambientale, ma anche l’uso del tragitto per armare i separatisti e l’esercito armeno presente nella Regione. Che situazione registrate negli ultimi giorni?

Verissimo. L’uso improprio della Lachin Road per il trasporto dei minerali estratti illecitamente genera dei problemi economici e ambientali enormi. Se la zona fosse controllata adeguatamente si eviterebbe la catastrofe ambientale della regione. La nostra azione e le nostre manifestazioni continue garantiscono che il percorso sia utilizzato solo per il trasporto dei beni umanitari, evitando di far transitare, mine antiuomo, munizioni, armi e materie prime illegali. Abbiamo sempre lasciato passare i soccorsi umanitari e i veicoli del contingente russo. Qualche giorno fa abbiamo soccorso anche una famiglia armena che stava vivendo una situazione problematica. Accogliamo tutti i civili della zona, distribuendo cibo, sostegno psicologico e tabacco. Dobbiamo restare uniti per salvare insieme il nostro ambiente, collaborare e condividere insieme valori di umanità e rispetto reciproco.

La Dichiarazione Trilaterale ha riconfermato ancora una volta la strada di Lachin come territorio dell’Azerbaigian, internazionalmente riconosciuto, ma l’Armenia continua a violare i trattati internazionali. Come sta reagendo la popolazione locale?

La popolazione locale è arrabbiatissima. Stiamo lavorando affinché tale zona non sia utilizzata per scopi illeciti e giuridicamente questo territorio è dell’Azerbaigian e quindi dovrebbe essere monitorato e controllato delle istituzioni dell’Azerbaigian. Negli ultimi due anni, dall’entrata in vigore della dichiarazione del 10 novembre 2020, che ha posto fine alla seconda guerra del Karabakh, l’Armenia ha ripetutamente violato gli accordi e utilizzato la strada di Lachin per scopi illegali. Oggi, mettiamo al centro dell’azione politica i nostri corpi e la nostra tenacia, con il freddo e le temperature gelide e non possiamo fermare le manifestazioni. Non possiamo consentire la distruzione del nostro territorio e dell’ambiente. Se falliremo, le generazioni future non potranno usufruire dei beni della regione e dell’ambiente. Chiediamo ai cittadini di tutto il mondo di comprendere che siamo qui per la tutela del nostro ambiente e del nostro territorio e che non stiamo invadendo o massacrando nessun civile e nessun’altra nazione. Inoltre, ribadisco che la Lachin Road è territorio dell’Azerbaigian e le istituzioni di tale Repubblica dovrebbero poter controllarlo e monitorarlo.

Aggiornato il 17 gennaio 2023 alle ore 11:35