Qatargate, Eva Kaili resta in carcere

Uno dei suoi legali assicura: “Mai stata corrotta, spero sia presto libera”. Ma Eva Kaili resta in carcere. Gli avvocati greci dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo non ha convinto i giudici della Camera di consiglio del tribunale di Bruxelles. Dopo una prima udienza a porte chiuse alla fine non le hanno concesso i domiciliari in regime di sorveglianza elettronica. Così Kaili a Natale resterà lontana dalla figlia di due anni. La piccola non potrà contare neanche sulla presenza del padre Francesco Giorgi, anch’egli in detenzione. La linea della cosiddetta “collaborazione attiva” non ha pagato. Ma i problemi per la coppia coinvolta nel Qatargate continuano. Il procuratore della Corte Suprema greca che ha ordinato il congelamento di un terreno di loro proprietà sull’isola di Paros.

Erano da poco passate le nove di mattina quando 44enne eurodeputata greca è apparsa per la prima volta davanti ai giudici in un tribunale popolato da giornalisti. Un’udienza proibita agli occhi delle telecamere durante la quale il duo di avvocati Mihalis Dimitrakopoulos e André Risopoulos ha portato avanti la propria strategia per provare l’innocenza dell’ex conduttrice tivù: la sua “totale estraneità ai fatti”. Una linea anticipata dal legale Dimitrakopulos, noto in Grecia per la difesa dei vip. “Eva Kaili è innocente – ha detto – non è mai stata corrotta e non sapeva niente”.

Secondo l’avvocato, Kaili non ha “mai” saputo niente né delle attività del compagno Francesco Giorgi con il suo “capo” Pier Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato del Pd e poi di Articolo 1 considerato dagli investigatori il vero artefice dell’organizzazione criminale che prestava il fianco a Qatar e Marocco per influenzare le decisioni politiche Ue in cambio di denaro. Dimitrakopulos nega anche la responsabilità degli oltre 150mila euro scoperti nella casa di Kaili in Rue Wiertz; e nemmeno degli altri 750mila euro in contanti con i quali la polizia belga ha sorpreso il padre pronto a darsi alla fuga nel cuore del quartiere europeo di Bruxelles. Per provare la sua innocenza, Kaili, oltre a contestare “ogni accusa di corruzione”, ha deciso di collaborare con gli inquirenti. La collaborazione però non è bastata a persuadere i giudici della camera di consiglio a lasciarla libera. Troppo forte la loro convinzione che l’eurodeputata ellenica possa inquinare le prove come avrebbe già cercato di fare ordinando al padre di mettersi in fuga con la valigia piena di banconote. Negli interrogatori offerti nei giorni scorsi – secondo quanto ricostruito dai media – Kaili, pur proclamandosi estranea ai fatti, avrebbe del resto sostenuto di aver contattato i colleghi eurodeputati Marc Tarabella e Maria Arena – in questi giorni citati a più riprese dai media per un loro possibile coinvolgimento – oltre allo stesso Panzeri, appena saputo dell’arresto del compagno.

La politica avrebbe inoltre tirato in ballo gran parte della delegazione del Pd, con tanto di assistenti parlamentari, e rivelato che Giorgi sentiva di avere un “obbligo morale” nei confronti di Panzeri e dell’eurodeputato dem Andrea Cozzolino; lei “non si fidava” delle loro attività ma, avrebbe spiegato rammaricandosi di non aver saputo intervenire come “più anziana” della coppia, “Francesco non sapeva dire di no, era troppo gentile”. Tra tutti i nomi che Kaili avrebbe fatto risulta anche quello del capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, Brando Benifei, che tirato più volte in mezzo dalla stampa respinge “con fermezza qualunque accostamento” all’Euroscandalo e si dice “disponibile a collaborare con la magistratura insieme a tutta la delegazione” dem, mentre per il collega Cozzolino è confermata l’autosospensione dalla presidenza della delegazione dell’Eurocamera per i rapporti col Maghreb.

Aggiornato il 23 dicembre 2022 alle ore 11:28