Bruxelles, Pm: “Parlamentari Ue a libro paga del Qatar”

Una nuova pista investigativa nella maxi-inchiesta sul Qatargate ai apre nel cuore dell’Europa. Europarlamentari a libro paga dell’Emirato. Addirittura sarebbero più di 60, secondo l’emittente privata greca Mega Tv, gli eurodeputati nel mirino dell’indagine sul Qatargate condotta dalla giustizia belga. I parlamentari europei che potrebbero essere coinvolti nelle indagini e perquisizioni sarebbero, per la maggior parte, esponenti dei Socialisti & Democratici, del Partito popolare europeo e di altri partiti di sinistra. Le indiscrezioni sono state rilanciate anche dalla testata online tedesca Focus.de, ma non trovano alcuna conferma da parte della procura federale belga. Intanto, la prima udienza per i quattro fermati davanti alla Camera di Consiglio del tribunale di Bruxelles ha restituito i primi pronunciamenti della giustizia belga: l’ex eurodeputato Antonio Panzeri e Francesco Giorgi, compagno dell’ex presidente del Parlamento europeo Eva Kaili, resteranno ancora in carcere per almeno un mese, mentre Niccolò Figà-Talamanca potrà uscire sotto regime di sorveglianza elettronica. Resta invece in sospeso il destino della politica ellenica, che ha chiesto e ottenuto il rinvio della decisione al 22 dicembre prossimo. E nel frattempo, a Strasburgo, l’Eurocamera riunita in plenaria ha chiesto lo stop all’intesa Unione europea-Qatar sull’aviazione e la sospensione di tutti i fascicoli legislativi legati a Doha, provocando irritazione nella Lega perché esclusa dalla sottoscrizione della risoluzione comune che dovrà ora essere messa ai voti.

Il clamore dell’indagine per sospetta corruzione condotta dal giudice bruxellese Michel Claise non accenna a sgonfiarsi e con il passare dei giorni il quadro si arricchisce di nuovi dettagli. Secondo la ricostruzione dei due media belgi Le Soir e Knack, l’operazione, confermata poi dal ministero della Giustizia belga, è partita dopo l’indagine condotta dall’intelligence belga insieme ai servizi segreti di altri cinque Paesi europei, che avevano portato a una prima incursione “clandestina” nell’abitazione di Panzeri. Un’informazione che riporta alla mente anche l’allarme messo in evidenza la scorsa estate in un report consegnato al Copasir ai tempi della presidenza dell’attuale ministro Adolfo Urso. Nel frattempo la polizia è impegnata a individuare la banca belga dalla quale sono state prelevate le mazzette, pari a 1,5 milioni di euro in contanti, ritrovate nelle case di Antonio Panzeri ed Eva Kaili, oltre che nelle borse che aveva il padre dell’eurodeputata greca in procinto di darsi alla fuga.

Ma la novità più clamorosa riguarda l’ipotesi che vedrebbe diversi europarlamentari a libro paga del Paese del Golfo. Una tesi sulla quale gli inquirenti sono al lavoro e che, se confermata, potrebbe approfondire lo scandalo e coinvolgere un numero più ampio di politici e funzionari Ue. Rischiando di mandare definitivamente in frantumi la credibilità delle istituzioni comunitarie. L’onda lunga dello scandalo potrebbe poi non fermarsi al Qatar, arrivando fino al Marocco. La polizia belga, ha osservato il direttore de Le Soir, Christophe Berti, potrebbe avere “informazioni anche su un altro Paese”. E le indiscrezioni emerse a più riprese in questi ultimi giorni puntano tutte verso Rabat. Tanto che il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, ha riferito di aspettarsi che i pagamenti in tangenti e regali per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche siano più alti delle somme rintracciate finora. E che “gli interessi” per altre ingerenze straniere possano essere “innumerevoli”. 

Lo chiamavano il “Panzer” 
Pier Antonio Panzeri, il “Panzer”, come lo chiamava il suo staff meneghino durante le Europee del 2019, si trova al centro dello scandalo di corruzione. Un politico di lungo corso che contava su decine di migliaia di voti “frutto di relazioni di una vita di politica e Camera del Lavoro a Milano”. Proprio a casa Panzeri gli inquirenti belgi hanno trovato metà del bottino, 700mila euro in contanti, che ha fatto esplodere lo scandalo del Qatargate. Le sue relazioni, che continuava a tessere con la sua Ong “Fight Impunity”, sono ora sotto la lente degli inquirenti per capire come e se abbia influenzato a favore del Qatar le attività dell’Eurocamera. L’altra metà della somma invece, nascosto in un trolley, era a casa della vicepresidente greca Eva Kaili, giovane deputata socialista del Pasok e un passato da presentatrice televisiva. Una “socialista atipica”, la descrivono all’Eurocamera, “molto spostata a destra”. Sulla sua nomina a vicepresidente infatti già a gennaio 2022 si erano sollevati molti dubbi: esponente di un partito che esprime una manciata di eurodeputati, la dirigenza di S&d fece molte pressioni per lei. “Perché?”, si chiedono oggi i compagni di partito. La connessione tra il “Panzer” ed Eva è Francesco Giorgi, ex assistente del Panzer e compagno della Kaili. Molto attivo nell’Ong Fight Impunity, su di lui pesa l’accusa di essere il manovratore dietro le quinte dello scandalo e colui che ha messo in contatto Panzeri con Kaili. Davanti agli inquirenti belgi Giorgi ha confessato di aver fatto parte di un’organizzazione utilizzata dal Marocco e dal Qatar allo scopo di interferire e condizionare gli affari europei. Il suo ruolo era quello di gestire i contanti. Lo scrive stamane Le Soir in base a documenti visionati insieme a Repubblica. Proprio l’Ong è invece è la connessione con uno degli uomini più misteriosi dello scandalo, Niccolo Figà-Talamanca, ex avvocato della Corte penale dell’Aja con un passato a New York e direttore dell’Ong “No Justice Without Peace” che con Fight Impunity condivide la sede a Bruxelles. È stato rimesso in libertà vigilata con l’obbligo di braccialetto elettronico.

Rilasciato invece Luca Visentini, il super sindacalista di cui il ruolo in questa vicenda non è ancora chiaro. Il segretario generale della International Trade Union, amico e collega di Panzeri, era stato arrestato venerdì ma poi rilasciato dalle autorità. “Ho detto tutto quello che sapevo e sulla base dei chiarimenti mi hanno lasciato andare a casa”. Senza accuse formali figurano gli eurodeputati del Partito democratico, Alessandra Moretti, Antonio Cozzolino e Pietro Bartolo. Gli uffici dei loro assistenti sono finiti sotto sequestro e a loro il Gruppo dei socialisti ha chiesto di autosospendersi da tutte le attività fino a conclusione delle indagini. Sospeso anche l’eurodeputato socialista italo-belga Marc Tarabella, la cui casa è stata perquisita sabato sera, ma su cui ancora non pendono accuse formali.

Aggiornato il 15 dicembre 2022 alle ore 11:34