Le donne iraniane sfidano la paura

Basterebbe riportare quanto urlato dalle donne iraniane il 26 ottobre, per la commemorazione dei quaranta giorni dalla morte di Mahsa Amini, per comprendere la loro forza. Ovvero “donna, vita, libertà” e “morte al dittatore”. Donne e uomini si sono uniti in una sfilata compatta, sfidando le forze di sicurezza iraniane che hanno sparato gas lacrimogeni e proiettili veri contro i manifestanti presenti in piazza Zindan a Saqqez, nella provincia del Kurdistan occidentale.

Secondo l’agenzia iraniana Fars, circa duemila erano presenti nel cimitero di Saqqez sulla tomba di Mahsa. La notizia è stata pubblicata su Twitter dall’associazione dei curdi dell’Iran, Hengaw organization for human rights, che ha sede in Norvegia. Studentesse e donne generalmente giovani, molte con i capelli al vento, si sono mostrate libere di infrangere le regole del regime. Hanno bruciato i loro veli, ostentando visi scoperti e abbigliamenti incompatibili con l’oscurantismo degli ayatollah. Gli scontri si basano sul confronto tra una severa repressione e una ostinata ribellione.

In previsione di queste manifestazioni a Saqqez, l’agenzia di stampa Isna, Iranian students news agency, curata prevalentemente da studenti, ha riferito che era stata interrotta la connessione internet, “per motivi di sicurezza”. Un’interruzione mantenuta a lungo, a seguito delle tensioni e degli scontri esplosi dopo la cerimonia. Le immagini pubblicate on-line da attivisti antiregime, ma anche da organizzazioni per la difesa dei diritti umani, hanno mostrato migliaia di persone che in vari scenari e con ogni mezzo hanno percorso la strada che collega Saqqez al cimitero. Otto chilometri per raggiungere l’area della sepoltura di Mahsa con grida, suoni di clacson e slogan rivolti al regime e al dittatore, Seyyed Ali: Quest’anno è l’anno del sangue, Seyed Ali sarà rovesciato”. Il riferimento è a Seyyed Ali Hosseini Khamenei, guida suprema iraniana. In contemporanea a queste manifestazioni, nel Kurdistan iraniano si sono verificati una serie di scioperi. Inoltre, l’organizzazione Hengaw ha fatto sapere che due calciatori iraniani, il portiere Hamed Lak e il mitico attaccante Ali Daei si sono recati a Saqqez per la cerimonia di commemorazione a Mahsa Amini. Un altro forte segnale di “crepe nel Regime”.

Dopo più di quaranta giorni dalla morte della giovane curda, le repressioni hanno causato oltre duecentocinquanta morti accertati, tra questi anche minori: così ha riportato martedì un rapporto dall’Ong, con sede a Oslo, Ihr, Iran human rights. Teheran, in risposta alle misure punitive imposte da Bruxelles contro i leader iraniani e contro la polizia morale, mercoledì ha annunciato sanzioni contro persone, istituzioni e media dell’Unione europea. Ma in questa Europa disunita, la Germania ha preso le distanze dalle iniziative sanzionatorie di Bruxelles, affermando di voler rafforzare ulteriormente i suoi legami con l’Iran.

In un tale articolato scenario mancava la posizione di Washington, che minacciando le ennesime sanzioni all’Iran, concentrate soprattutto sulle aziende iraniane e sui fondi esteri dei vari burocrati di Stato, per voce di Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca, ha manifestato serie preoccupazioni sul fatto che Mosca potrebbe consigliare all’Iran come gestire al meglio le proteste. Ma visti i deludenti (per Mosca) risultati della “repressione” in Ucraina, immagino che Teheran difficilmente potrà accogliere i consigli dei russi, sempre che in questo momento, alla luce anche dell’insuccesso nella nomina del ceceno Ramzan Kadyrov a terza carica militare russa, nella capitale russa abbiano tempo, spirito e voglia di darli.

Aggiornato il 28 ottobre 2022 alle ore 10:39