Taiwan-Cina: un conflitto di ideologie

Lunedì 10 ottobre in occasione della Giornata nazionale di Taiwan, la presidente di questo stato sovrano e democratico, Tsai Ing-wen, ha dichiarato che una guerra con la Cina non è assolutamente una opzione. La sua affermazione è scaturita a seguito di considerazioni sul parallelismo tra ciò che è l’obiettivo di Vladimir Putin sull’Ucraina, con ciò che è l’obiettivo Xi Jinping su Taiwan.

Nel suo discorso di lunedì scorso la presidente-avvocato taiwanese ha messo al centro il concetto di Democrazia, sottolineando che non permetterà mai a Pechino di interferire sul sistema di vita democratico di cui gode Taiwan. Ha poi sottolineato la reale coesione politica e sociale esistente nel Paese, dove il popolo e i vari partiti politici convergono nell’unico obiettivo di salvaguardare, a tutti i costi, il sistema democratico, e la sovranità nazionale. Concludendo che “su questo punto non lasciamo spazio a compromessi”.

Tuttavia la presidente Tsai Ing-wen non ha nascosto le preoccupazioni per quanto sta accadendo in Russia, affermando che: “Non possiamo assolutamente ignorare i rischi che queste espansioni militari rappresentano per l’Ordine Mondiale libero e democratico. Questi sviluppi sono indissolubilmente legati a Taiwan”. Infatti, sempre più taiwanesi hanno la percezione che un conflitto non è da escludere. Un fattore di sollievo e speranza è comunque lo stallo russo sul fronte ucraino; una situazione che apre a scenari dove il “parallelismo di intenti”, della Cina verso Taiwan, si infrange e si arena. Nonostante Xi manifesti, in ogni occasione, il progetto di prendere un giorno il controllo di Taiwan.

Ma ovviamente quando si affrontano tematiche dove è in ballo la sopravvivenza di uno Stato sovrano, è necessario presentare il “fattore difesa”; così Tsai Ing-wen, ribadendo il concetto di evitare un conflitto armato con la Cina, ha illustrato l’aspetto strategico degli armamenti. Ha chiarito che Taipei sta impegnandosi nella produzione di armi: come navi tecnologicamente avanzate, missili di precisione e artiglieria pesante tecnicamente adeguata a mobilitarsi velocemente in caso di attacco. Ricordo che sono settantatré anni che Pechino minaccia e cerca di trovare l’occasione per annettere con la forza la “ribelle Taiwan all’eterna Cina”.

L’occasione della nascita di un Nuovo Ordine Mondiale dove Mosca e Pechino potrebbero generare un nuovo polo geopolitico, potrebbe portare Xi a forzare sul suo obiettivo. Inoltre la visita a Taipei, il 2 agosto, di Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, è stata presa da Pechino come una grave ingerenza e ha provocato quella esercitazione militare cinese nel tratto di mare che divide i due antagonisti, per ora solo teorici. Tuttavia “l’impero” neo-maoista guidato da Xi Jinping non manca occasione di lanciare crescenti segnali di ostilità verso Taiwan e i suoi ventitré milioni di abitanti.

Così lo stretto che divide la Repubblica Popolare Cinese, con sogni imperiali, dallo Stato sovrano di Taiwan, divide anche la dittatura – o l’antidemocrazia naturale - imposta da Pechino, dove il “suddito” deve assoggettarsi all’ordine dei paladini con mandato celeste, intrisi di “filosofie” post-comuniste, dalla fragile, ma tenace, democrazia parlamentare taiwanese, che con pervicacia afferma la sua diversa identità distinguendola e distanziandola da quella “oltre stretto”.

Una spaccatura socio-politica sotto l’ombra della Cina che mira a porsi al centro delle attenzioni mondiali. A tutti i costi.

Aggiornato il 13 ottobre 2022 alle ore 16:02