L’utopia del Russky mir (mondo russo) di Putin

Da circa venti anni la tattica geostrategica di Vladimir Putin è quella di porre la Russia al centro delle attenzioni mondiali. Ma in questa operazione – che oggi vede le sanzioni verso Mosca danneggiare coloro che le esercitano, soprattutto l’Italia – si scorgono aspetti della politica putiniana che tendono ad annientare proprio la sua visione del “Russky mir”, il mondo russo. Come per Xj Jinping, il presidente cinese che considera sottomettibili alla Cina tutti i popoli che parlano mandarino standard, anche per Vladimir Putin è giustificabile ogni azione che porti all’accorpamento, nel mondo russo, di quei popoli appartenuti all’ex Unione Sovietica, esclusi i Paesi baltici, che hanno nella lingua russa un comune denominatore. Ma l’Impero a cui fa riferimento il presidente russo era multietnico e la sua eredità è il prodotto della grande diversità acquisita nei secoli. Pertanto, si può comprendere la motivazione per cui gli ucraini non hanno alcun desiderio di far parte del “Russky mir”, che Vladimir Putin sta cercando di imporre loro. Se Putin, perché di lui quasi esclusivamente si tratta, realizzasse, cosa improbabile, questa fantasia nazionalista della Grande Russia, l’Ucraina sarebbe umiliata, diventando un cortile della Russia.

Per Putin, i popoli che compongono il “mondo russo” hanno in comune solo ciò che è russo; ma ciò che intende per “russo” è spesso costituito da apporti non russi. Infatti, il centro del “patrimonio globale” è composto dalla periferia, quanto lo stesso patrimonio della periferia è fatto dal centro. La storia della Russia è il prodotto della articolata multietnicità e diversità dell’Impero russo. Ricordo che una parte significativa della nobiltà discende dai tartari. Pare che Fëdor Dostoevskij (1821-1881) abbia detto: “Noi – categoria scrittori russi – siamo usciti tutti dal mantello di Gogol (Nikolai Vasilyevich Gogol, 1809-1852), che era ucraino e scriveva in russo. Le sue opere trasudano di folklore e di storie incastonate negli ameni paesaggi ucraini”. Ma Putin, sull’Ucraina, è stato chiaro: “O fai parte di noi o non sei niente”. L’idea putiniana che vede l’Ucraina governata da nazisti, depravati e tossicodipendenti, motiva il “sacro dovere” di distruggerli: così ha affermato il presidente russo in molte occasioni. Tuttavia, anche se all’inizio della guerra, il 24 febbraio, si potevano contendere, obiettivamente, due negatività – la Nato e Putin – ora al neo Zar pare che sfugga il fatto che il “mondo russo” rischi l’annientamento proprio per mano sua. Quel mondo russo reale che ha la sua spettacolare identità nella concretezza storica, nella compattezza culturale e sociale. Questo “mir”, mondo, è ciò che resta, dopo la russificazione imperiale, la colonizzazione e i soviet.

Il “Russky mir” è dove il lessico russo continua a essere la lingua franca – la lingua comune – e dove, a tre decenni dalla caduta dell’Urss, gli uomini d’affari uzbeki, kirghisi, armeni, solo per citare alcuni, continuano a parlare russo, perché il mondo del business, ma anche della cultura, parla prevalentemente russo, ancora insegnato nelle scuole e utilizzato nel mondo accademico. E, contrariamente alla loro lingua madre, il russo è presente ovunque nella loro vita quotidiana, permettendo così una lineare comunicazione, sia localmente che globalmente. Ma, con pochi dubbi, è evidente che la guerra in Ucraina, con tutti suoi fattori collaterali, sta portando Putin verso una prevedibile e fisiologica deriva comportamentale. Così le sue azioni si stanno concentrando anche sulla continua deportazione di bambini ucraini, sui corridoi di evacuazione a senso unico verso “campi di filtrazione”, allo scopo di “russificarli”, il che significa una amputazione del futuro dell’Ucraina. Infatti, secondo il ministero della Difesa russo, dal 24 febbraio alla fine di giugno, poco meno di due-milioni di ucraini, tra cui oltre 307mila bambini, sarebbero stati trasferiti forzatamente in Russia, senza le normali garanzie per le loro condizioni di vita.

Risulta che questi reconditi campi di filtrazione siano la città di Murmansk, alcune zone della penisola della Kamchatka e anche l’area confinante con la Corea del Nord. Si riesumano, perciò, i fantasmi delle deportazioni perpetrate dalla Russia zarista e dall’Unione Sovietica. Ci sono, inoltre, un numero ignoto di bambini rimasti orfani a causa della guerra, strappati ai genitori detenuti nei “campi di filtrazione” perché accusati di appartenere all’esercito ucraino o a gruppi di resistenza. L’ucraino Dmytro Lubinets, difensore dei diritti civili, rivela i timori che questi minori possano essere adottati da famiglie russe con scopo plagiante. E afferma che oltre un centinaio di bambini adottati a fine luglio sono originari della regione di Donetsk. Sulla stessa linea, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite teme che questo sistema spregiudicato di adozione di minori ucraini possa diffondersi a dismisura. Va ricordato che Mosca non ha ratificato la Convenzione dell’Aia del 1993 sulla protezione dei bambini e la cooperazione in materia di adozione internazionale. Questo è l’unico complesso giuridico transnazionale che consente procedure di adozione internazionale. Inoltre, Vladimir Putin, il 25 maggio e l’11 luglio, ha emanato alcune norme che semplificano il processo di ottenimento della cittadinanza russa per gli ucraini, ovviamente compresi i minori, facilitandone l’adozione.

Per finire l’opera di distacco normativo extra Russky mir, queste regole sono state completate con una legge, votata il 7 giugno, che autorizza la Federazione Russa a non applicare più le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Così, per ora, si perpetua l’immagine propagandistica del buon zar, padre e padrone, redentore del popolo salvato dal malvagio Occidente che voleva distruggere il “Russky mir”. L’unica cosa certa, perché tangibile, è che il ritorno della Crimea nella Sacra Russia non ha riparato strade, non ha portato acqua corrente né servizi igienici ai piccoli agglomerati urbani. E non è chiaro se gli ucraini, ora, siano orgogliosi del loro Zar. Ma il popolo “occidentale” è orgoglioso dei suoi governanti?

Aggiornato il 10 settembre 2022 alle ore 10:50