Nonostante le dure sanzioni occidentali alla Russia, la guerra del presidente Vladimir Putin contro l’Ucraina dura ormai da più di un mese e Putin non ha alcuna intenzione di fermarsi. La potenza che lo aiuta a resistere agli effetti delle sanzioni e a continuare la guerra è la Cina, il più importante alleato della Russia.
Poco prima dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio, Russia e Cina hanno stipulato contratti per centinaia di miliardi di dollari. Il 4 febbraio, Putin ha annunciato nuovi accordi raggiunti con Pechino sul gas e sul petrolio dal valore di circa 117,5 miliardi di dollari. Il 18 febbraio, sei giorni prima dell’invasione, Mosca ha annunciato un accordo da 20 miliardi di dollari per vendere 100 milioni di tonnellate di carbone alla Cina. Il giorno dell’invasione, la Cina, revocando le restrizioni precedentemente in vigore a causa delle preoccupazioni per le malattie delle piante, ha accettato di acquistare grano russo.
Tutti questi accordi, che minano le sanzioni occidentali alla Russia, sono un’ancora di salvezza per Putin e per la sua guerra all’Ucraina. “La Cina potrebbe emergere come uno dei principali acquirenti di grano e olio di girasole russi poiché sanzioni finanziarie ad ampio raggio minacciano i flussi commerciali agricoli della Russia verso i suoi mercati tradizionali in Europa”, ha scritto S&P Global Commodity Insights.
La Cina, forse con occhi colmi di avidità nei confronti di Taiwan, non ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina e ha ripetutamente affermato di essere contraria a sanzionare la Russia. Il viceministro degli Esteri cinese Le Yucheng ha definito “oltraggiose” le sanzioni occidentali. Pechino non ha nemmeno cercato di nascondere che continua a fare affari con la Russia. Come ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella sua conferenza stampa, “Cina e Russia continueranno a svolgere la normale cooperazione commerciale nello spirito del rispetto reciproco, dell’uguaglianza e del reciproco vantaggio”.
Non c’è nulla di nuovo né di sorprendente nella decisione della Cina di fornire l’ancora di salvezza che consente a Putin di rimanere a galla. Dopo che nel marzo 2014 la Russia ha annesso la penisola di Crimea e tale decisione è stata punita con sanzioni occidentali, Mosca si è rivolta a Pechino. Nel maggio 2014, Russia e Cina hanno firmato un accordo di fornitura di gas del valore di 400 miliardi di dollari, accordo che ha fatto sì che la Cina diventasse il secondo mercato del gas della Russia dopo la Germania. Un rapporto del febbraio 2015 dell’European Council on Foreign Relations affermava: “Dopo che l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia [nel 2014], il presidente Vladimir Putin ha compiuto una clamorosa virata verso la Cina e ha firmato una serie di accordi, incluso un contratto da 400 miliardi di dollari suggellato lo scorso maggio per esportare gas in Cina. Mosca sta ora cercando di riorientare la sua intera economia verso l’Asia per mitigare l’impatto negativo delle sanzioni occidentali. Quanto alla Cina, la crisi ucraina ha fornito un’opportunità unica per aumentare il suo accesso alle risorse naturali della Russia, in particolare al gas, ottenere contratti per progetti infrastrutturali e nuovi mercati per la tecnologia cinese e trasformare la Russia in un partner minore nelle relazioni tra i due Paesi”.
Oltre a minare le sanzioni attraverso il commercio di materie prime, la Cina potrebbe anche aiutare la Russia a nascondere il suo denaro. Secondo Foreign Affairs: “La Russia potrebbe aver nascosto decine di miliardi di dollari in attività di riserva in opachi conti offshore, dove detiene titoli denominati in dollari che sfuggono alle sanzioni internazionali e al congelamento dei beni (...) ci sono anche segnali che la Russia potrebbe aver spostato parte dei suoi dollari con l’aiuto di un governo straniero. (...) Non è ancora chiaro quali intermediari la Russia avrebbe usato per nascondere i titoli del Tesoro Usa offshore. Tuttavia, c’è un’alta probabilità che sia la Cina, con la quale Putin ora sembra alleato”.
Nonostante tutto quanto sopra, l’amministrazione Biden continua a parlare della Cina come se fosse ancora necessaria la prova del fatto che Pechino sta minando le sanzioni contro la Russia. Il 13 marzo, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan ha dichiarato: “Stiamo comunicando direttamente e in privato a Pechino che ci saranno sicuramente conseguenze per qualsiasi tentativo su larga scala di eludere le sanzioni o di apportare qualsiasi sostegno che consenta alla Russia di sottrarvisi. Non permetteremo che ciò continui e non consentiremo che da queste sanzioni economiche ci sia un’ancora di salvezza per la Russia da parte di qualsiasi Paese, in qualsiasi parte del mondo”.
Dopo che il 14 marzo Sullivan ha avuto un incontro di sette ore con il diplomatico cinese Yang Jiechi, un alto funzionario dell’amministrazione Biden ha detto ai giornalisti: “Voglio solo ribadire che in questo momento siamo molto preoccupati per l’allineamento della Cina con la Russia, e il consigliere per la Sicurezza nazionale è stato diretto in merito a tali preoccupazioni e alle potenziali implicazioni e conseguenze di determinate azioni”.
Il 18 marzo, in una videochiamata con il presidente cinese Xi Jinping, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ammonito che ci sarebbero “implicazioni e conseguenze se la Cina fornisse sostegno materiale alla Russia”, ma senza scendere nei particolari. Un anonimo alto funzionario degli Stati Uniti ha anche affermato: “Il presidente non ha fatto richieste specifiche alla Cina. Riteniamo che la Cina prenderà le proprie decisioni”.
La Cina ha chiaramente fornito aiuti materiali alla Russia. Allora, dove sono le “conseguenze”?
Ciò che più si avvicina al fatto che gli Stati Uniti non si siano limitati alle belle parole è l’annuncio, insieme ad altri leader del G7, di una “iniziativa in merito all’applicazione delle sanzioni” per impedire alla Russia di eludere le sanzioni, ma non è chiaro – forse intenzionalmente – cosa di fatto comporti tale iniziativa. Prima del viaggio di Biden in Europa, il 23 marzo Sullivan aveva detto ai giornalisti: “Domani, i leader del G7 concorderanno un’iniziativa per coordinare l’applicazione delle sanzioni in modo che i tentativi della Russia di eludere le sanzioni o quelli di altri Paesi di aiutare la Russia a eludere le sanzioni possano essere affrontati in modo efficace e coordinato”.
Dopo la riunione del G7, la Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione [che è uno dei 19 punti del comunicato finale dei leader del G7], che si limitava ad affermare: “Noi continueremo a cooperare strettamente, anche impegnando altri governi ad adottare misure restrittive simili a quelle già imposte dai membri del G7 e ad astenersi da evasioni, elusioni e azioni che cerchino di minare o mitigare gli effetti delle nostre sanzioni”.
Non c’è alcuna menzione della Cina: ancora una volta, tutto sembrava troppo poco, troppo tardi.
“È [la Cina] la mano invisibile dietro Putin”, ha detto Michael Pillsbury, autore di The Hundred-Year Marathon.
“Sono loro che finanziano la guerra. Circa la metà delle riserve auree e valutarie della Russia sono ora controllate dagli Stati Uniti e dall’Occidente, lui [Putin] non può accedervi. Ma i cinesi possono fornire l’accesso all’altra metà e lo stanno facendo. (...) Il commercio e l’acquisto di forniture energetiche a lungo termine hanno minato le sanzioni, perché ciò mostra a Putin che qualcuno è dalla sua parte per i prossimi cinque anni o più. Ci sono alcuni modi in cui il sostegno della Cina è cruciale per Putin. Credo che i cinesi potrebbero fermare la guerra facendogli una telefonata. Sarebbe come se ti chiamasse il banchiere (...) finora non è successo. (...) Probabilmente l’unico modo per avere successo saranno le sanzioni americane contro la Cina (...) la guerra andrà avanti perché il banchiere non fa quella chiamata”.
L’amministrazione Biden, minacciando ripetutamente “conseguenze” e lanciando “avvertimenti” alla Cina, “qualora” aiutasse la Russia a eludere le sanzioni, non fa che continuare a proiettare indecisione, debolezza e mancanza di leadership. La ripetizione costante da parte dell’amministrazione Biden di tali avvertimenti senza dar loro seguito comporterà soltanto un’ulteriore perdita di credibilità e un ulteriore degrado della deterrenza statunitense a scapito dell’Occidente.
(*) Tratto dal Gatestone Institute – Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 12 maggio 2022 alle ore 10:34