Diplomazia senza se e senza ma

Ogni nazione ha il diritto di difendere la propria sovranità territoriale e questo ovviamente varrebbe anche per l’Ucraina, qualora la stessa fosse una nazione omogenea e con una popolazione totalmente concorde riguardo alla propria unità territoriale. In Ucraina questa visione comune non c’è, pertanto esiste una parte della popolazione che si considera allotria e vicina alla cultura e alla lingua di matrice russa. Il mio riferimento specifico è alla popolazione ucraina che risiede nella regione del Donbass, che si considera autonoma e indipendente dallo Stato ucraino.

Tutto iniziò il 7 aprile 2014, quando i separatisti filorussi dichiararono l’indipendenza dell’auto-proclamata Repubblica popolare di Donetsk. Ciò determinò di conseguenza uno scontro armato tra i separatisti, finanziati e armati dalla Russia e l’esercito ucraino, composto anche da volontari di estrema destra filonazisti. Il 7 maggio del 2014, nelle città di Donetsk e Lugansk (sempre nella regione del Donbass) furono indetti due referendum sulla loro indipendenza, la quale fu sancita l’11 maggio con la vittoria di coloro che ne erano a favore. Da quanto finora esposto si evince che questa unità nazionale non è totale e comunque non è accettata da tutta la popolazione. I suddetti fatti storici avallano la tesi secondo la quale l’Occidente avrebbe dovuto indirizzare tutte le proprie energie verso una soluzione diplomatica del conflitto in Ucraina, senza se e senza ma, anziché prodigarsi in questo assurdo cimento di armare l’Ucraina contro la Russia.

Invero, se da un lato sembrerebbe utile rifornire gli ucraini per contrastare l’esercito russo, dall’altro ciò potrebbe determinare un allargamento del conflitto in tutta l’Europa e rischiare di diventare mondiale con un suo prolungamento sine die. Le ultime dichiarazioni del responsabile della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, che ha promesso di inviare ulteriori armi all’Ucraina, con l’intenzione di accontentare pienamente la lista consegnatagli dal presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, dopo il loro recente incontro, sono alquanto sconcertanti per il livello guerrafondaio che esprimono: “Torno con una lista di armi di cui gli ucraini hanno bisogno. E noi la seguiremo”. Per poi precisare “come Unione europea non abbiamo armi. Dobbiamo bussare alla porta degli Stati membri e dire cosa serve”, confidando se non imponendo, sine titulo alcuno e quindi illegittimamente da parte sua, che i 27 Paesi membri si prestino a ubbidire, senza alcuna remora e consultazione dei rispettivi Parlamenti, inviando quanto richiesto dall’ex comico Zelensky. Oltre al fatto che l’Amministrazione americana di Joe Biden spinge in modo sconcertante verso un più aspro conflitto in nome di una sedicente giustizia democratica, dimenticando o fingendo di dimenticare che lo stesso Biden fu il vicepresidente di Barack Obama, la cui Amministrazione fu responsabile di diversi morti civili, tra adulti e bambini e della distruzione di intere città in Siria e Libia, destabilizzando la zona dal punto di vista geopolitico e risultando di conseguenza l’Amministrazione statunitense più guerrafondaia della storia.

Il fatto che l’Unione europea in modo supino segua alla lettera ciò che sta pianificando Biden con la collaborazione dell’Inghilterra, garantendo all’Ucraina l’invio di armi pesanti e dimostrando di voler sostenere in modo ancor più massiccio la sua resistenza, anche e non solo per scopi meramente difensivi, ha già causato delle prime inquietanti reazioni che confermano il pericolo di un’estensione mondiale del conflitto attuale. Invero, il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha preso atto di quanto succitato, dichiarando testualmente: “Devo dire che ciò che Borrell ha detto in questo contesto aggressivo e senza precedenti, cambia significativamente le regole del gioco. Le ultime dichiarazioni di Borrell indicano che l’Unione europea vede Kiev come una testa di ponte per sopprimere la Federazione russa. Mai prima d’ora. L’Unione europea ha parlato o agito come un’organizzazione militare”. Sancendo, in tal modo, il coinvolgimento dell’Unione europea e quindi anche dell’Italia, che ne fa parte.

Inoltre, a incendiare maggiormente gli animi, destabilizzando l’attuale equilibrio geopolitico, già alquanto compromesso, la Cina, storica alleata della Russia, la quale per interessi nazionali non potrebbe mai permettere che la Russia potesse essere né aggredita militarmente e tantomeno umiliata da un punto di vista geopolitico, ha rifornito, senza alcun apparente motivo, la Serbia, anch’essa storica alleata della Russia, di sofisticati sistemi antiaerei. Tutti questi fatti, più che indizi sembrano essere dei prodromi di un drammatico, dagli sviluppi inimmaginabili, conflitto allargato se non mondiale, al quale nessuno ambisce, tanto meno la maggioranza e più precisamente il 55 per cento degli statunitensi, che secondo un sondaggio del diffuso e popolare network televisivo degli Stati Uniti, Cbs news, disapprova la politica guerrafondaia di Joe Biden riguardo al conflitto ucraino, il quale per incrementare il suo deprimente consenso e la sua bassissima visibilità internazionale, nonché per attuare quanto richiesto dalle lobby che lo finanziano e che hanno permesso che venisse eletto, insiste nel volere far degenerare il conflitto. Un conflitto militare, che oltre a rischiare di estendersi in Europa, sta già causando una guerra economica, con il conseguente depauperamento esponenziale del sistema economico europeo in generale e dell’Italia in particolare, anche e soprattutto riguardo al rifornimento di energia, gas e beni alimentari di prima necessità. Con un’analisi più approfondita, emerge che il conflitto tra l’Ucraina e la Russia consiste in una sorta di guerra ibrida declinata in quattro aspetti. Il primo riguarda il cruento e drammatico scontro militare, il secondo è inerente alla sicurezza dei sistemi informatici dei Paesi coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto, il terzo aspetto si riferisce allo scontro finanziario e dulcis in fundo emerge il quarto aspetto costituito dalla battaglia comunicativa e mediatica tra le nazioni della Nato e la Russia con i suoi alleati.

In conclusione, non vi può essere e non vi deve essere alcuna alternativa alla pace, non esiste alcuna strategia bellicosa che possa surrogare la funzione costruttiva e risolutiva della diplomazia internazionale. La comunicazione e gli intenti dei dirigenti politici europei e nello specifico dei nostri governanti italiani sono decisamente sconcertanti. Al riguardo, tralasciando le ultime dichiarazioni del premier italiano, rivelatesi tanto banali quanto perniciose per il sistema economico ed energetico nostrano, soprattutto nel passaggio in cui Mario Draghi esplicita un concetto surreale secondo il quale la necessità del consumo energetico dei nostri condizionatori sarebbe inversamente proporzionale alla rilevanza di realizzare le condizioni per la pace in Ucraina, urge evidenziare quanto la condotta del Governo italiano nell’affrontare il conflitto in Ucraina contrasti apoditticamente con i principi evinti dalla Carta costituzionale italiana, secondo la quale, nella prima parte dell’articolo 11, stabilisce che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (…)”.

Accipere quam facere praestat iniuriam” (Marco Tullio Cicerone).

Aggiornato il 14 aprile 2022 alle ore 11:05