Angela e Vladimir: divorzio di coppia

Appunti di fantapolitica, in cui si ipotizza un matrimonio storico di interessi tra Angela Merkel e Vladimir Putin. La prima, tra i più longevi politici tedeschi nati in Germania dell’Est; il secondo a lungo di stanza a Dresda come tenente colonnello del Kgb, fino alla caduta del Muro di Berlino e, oggi, nuovo Zar autoproclamato di tutte le Russie. Che nesso potrebbe avere il fatto che Putin sia stato aggregato alla Stasi della Germania Est dal 1985 al 1990? Di quali informazioni (e ce ne dovevano essere parecchie) l’ex tenente colonnello è venuto a conoscenza anche a proposito della famiglia Merkel, visto che al tempo erano tutti accuratamente schedati, con particolare riferimento a chi, in un modo o nell’altro, svolgeva ruoli pubblici, come quello di un pastore luterano che esercitava la funzione pastorale all’interno della sua comunità religiosa di riferimento? In merito, si cita un passaggio del biografo della Merkel, Gerd Langguth, che riporta un commento sulla vita della cancelliera da parte di Winifred Engelhardt, ex membro anziano dell’Unione cristiano democratica (Partito di appartenenza della cancelliera). Secondo la testimonianza di quest’ultimo, il padre di Angela, un pastore luterano, così come i membri della sua famiglia, godevano di libertà non usuali di spostamento nella Ddr.

Il che farebbe supporre un solido legame con il regime comunista di allora, dato che i Merkel potevano tranquillamente viaggiare da Est a Ovest e possedevano ben due autovetture, cosa all’epoca davvero inconsueta per la Rdt. Nata nel 1954, la stessa Merkel, che parla correntemente il russo, è stata negli anni 70 un esponente del Movimento giovanile socialista, avendo svolto i suoi studi all’Università di Lipsia, in cui ha conseguito una laurea in fisica quantistica. La sua formazione universitaria, pertanto, le consentiva di avere una conoscenza molto approfondita sul funzionamento dell’atomo e sulle proprietà quantistiche della materia, mettendola quindi in grado di valutare meglio di qualunque altro politico del suo Paese vantaggi ed eventuali rischi ambientali in materia di energia nucleare a uso civile. Desta quindi perplessità il fatto che una politica accorta e lungimirante come la Merkel abbia dato seguito alla richiesta pressante dei Grünen (i Verdi tedeschi) per lo smantellamento del nucleare, legando in tal modo mani e piedi del suo Paese (e del resto d’Europa!) alla dipendenza energetica di gas e petrolio estratti dai giacimenti siberiani, consegnandosi(ci) così al ricatto politico di Vladimir Putin. Qual è stata l’intesa non scritta tra i due? Di certo, il russo deve aver, per così dire, “venduto” all’ex cancelliere l’illusione di una Pax germanica fondata sullo scambio di benessere tra il più grande Paese manifatturiero della Ue e il maggiore produttore mondiale di energia. Insomma, un patto geopolitico di interessi, a danno della futura Europa federale e a gloria della Grande Germania!

In questo quadro, gli approvvigionamenti energetici a buon mercato rappresenterebbero uno scambio in natura tra Russia e Germania che, da un lato, avrebbe funzionato come risarcimento storico per i tremendi danni umani e materiali provocati all’Urss dall’invasione hitleriana di ottanta anni fa. Sull’altro versante geopolitico, l’accordo (o “matrimonio d’interesse”) tra Merkel e Putin ha avvalorato il ruolo esclusivo di Berlino come king-maker dei nuovi rapporti Est-Ovest. Cosa che è venuta particolarmente utile quando proprio la Germania e Bruxelles hanno adottato caute sanzioni economiche (che non hanno fatto poi così male a Putin), per punire blandamente l’espansionismo panrusso, manifestatosi con l’invasione della Georgia nel 2008, l’appoggio esplicito offerto ai separatisti del Donbass e l’annessione della Crimea nel 2014. Inerzia e ignavia dell’Europa che oggi paghiamo carissime con il sacrificio terribile dell’Ucraina e con la violazione brutale del patto storico (non scritto) Merkel-Putin. Oggi che l’Orso ex-sovietico gli si è rivoltato contro, i tedeschi hanno mangiato la foglia di doversi, in primis, difendersi da soli decidendo con rapidità e unità politica d’intenti un impressionante riarmo (con 100 miliardi di nuovi stanziamenti) per il potenziamento del proprio esercito, ridotto a ben poca cosa rispetto al 1945.

Come ritorsione alle sanzioni occidentali, dopo il 2014 Putin ha concepito una strategia di forte depontenziamento dall’interno di quelli che, ormai, riteneva fossero i suoi nemici giurati, come le Democrazie liberali, favorendo ovunque la nascita e il sostegno politico-finanziario ai movimenti populisti filorussi. Per farlo, Putin e l’Fsb, i nuovi servizi segreti, hanno messo a punto (da bravi e diligenti Silovky) una nuova e devastante forma di Disinformatia, che trae dal cyberspazio la sua immensa spinta destabilizzatrice planetaria, come si è visto con le elezioni presidenziali americane del 2016 e non solo, preoccupandosi di tenere sulla corda anche i suoi alleati tedeschi grazie alla quinta colonna della crescita improvvisa e travolgente dell’ultradestra della Afd (Alternative für Deutschland) che ha basi solidissime nell’ex Ddr (solo un caso?). Nel frattempo Mosca, con il suo appoggio militare al regime tirannico di Bashar al-Assad, aveva sperimentato un’altra opzione antioccidentale appartenente alla sua ampia strumentazione per la guerra ibrida, come il forte aumento della pressione migratoria ai confini dell’Europa. Alla frontiera tedesca, con la complicità dei turchi, sono così arrivati più di un milione di profughi siriani, ai quali Angela Merkel decise nel 2015 di aprire le porte, commettendo il più grave errore politico della sua carriera, ma facendo un grandissimo favore allo stesso Putin, per essersi presa in casa un bel po’ di oppositori di Assad!

E, anche in questo caso, ci si chiede se davvero Mosca non abbia giocato un ruolo (che, per ora, ci sfugge) in quella decisione, dato che Putin rischiava all’epoca uno scontro aperto con lo stesso Recep Erdoğan, poi completamente disinnescato dai miliardi di euro regalati all’autocrate turco dalla Ue per tenere fermi (semiprigionieri?) in Turchia altri milioni di profughi siriani. Fuori di ogni congettura, i fatti storici ci dicono che dovevamo capire immediatamente come sarebbero andate le cose quando due mesi fa Putin, siglando platealmente l’accordo per il riconoscimento dei governi separatisti fantoccio del Donbas e di Donesk, dichiarò in quell’occasione che, subito dopo la firma, ci sarebbe stata una “operazione di peace-keeping”, che poi in linguaggio dei militari russi ha preso il nome in codice “operazione speciale”. Nessuno, a quanto pare, ha tirato le debite conseguenze da quell’espressione, malgrado che Putin avesse predisposto un’intera armata di invasione alle frontiere con l’Ucraina. I suoi consiglieri militari, prevedendo una forte reazione ucraina per contrastare con la forza i separatisti di Donbass e Donetsk, hanno deciso di giocare in anticipo, convinti che l’ingresso delle loro truppe corazzate sarebbe stata una comoda sfilata verso Kiev, accolti da folle festanti di cittadini filorussi, che li avrebbero salutati come liberatori!

In questo scenario idilliaco, Zelensky si sarebbe dimesso, rifugiandosi all’estero, dando così modo all’occupante di organizzare nuove elezioni-farsa, per insediare l’ennesimo governo-fantoccio, dopo quelli del Donbass e di Donesk. Sappiamo tutti, invece, come è andata a finire! Stavolta, infatti, l’intelligence americana, perfettamente informata sulla determinazione dei russi a invadere l’Ucraina, ha fornito armi moderne a Kiev e tutte le informazioni sensibili (posizione, consistenza dei reparti russi e obiettivi militari), ribaltando l’effetto sorpresa a danno dell’invasore. E, guarda caso, sulla scena dei possibili mediatori, Angela Merkel è definitivamente scomparsa!

Aggiornato il 06 aprile 2022 alle ore 11:59