Guerra in Ucraina: un mercato globale delle armi

La guerra è un sistema apparentemente complesso: giustificazioni, scopi, obiettivi strategici, riassetti nazionali, nuovi ordini mondiali, vittime, ma allo stesso tempo anche semplice, dato il suo collaudato utilizzo. Questa modalità di confronto tra società, ma spesso anche tra individui dotati di immenso egocentrismo negativo, ha nel suo bagaglio di obiettivi – non sono effetti collaterali – la spinta economica nazionale, che viene pagata con un tragico “rilassamento demografico” (stragi). Intorno al tavolo del mercato delle armi siedono sempre i soliti principali attori della geopolitica, anche e soprattutto se avversari in quel dato momento. Commerci che viaggiano trasversalmente da prima dell’inizio delle ostilità e che, con modalità occulte, continuano anche quando le strade sono contrapposte.

La guerra in Ucraina è l’esempio di turno. La motivazione principale pare lo “spazio vitale”, e da un lato lo è, ma una volta trovato il “casus belli” la corsa al mercato delle armi è irrefrenabile. Così i grandi gruppi industriali produttori di armi, legati intimamente ai propri Stati, forniscono armamenti ai belligeranti, anche se schierati su rive opposte, foraggiando i propri macabri bilanci. Inoltre, è necessario per questi produttori, legati alla propria nazione, rinnovare le scorte e sperimentare nuove tecnologie sul campo. Quindi, missili, carri armati, aerei, droni, armi leggere e munizioni devono essere rinnovati regolarmente per poter essere competitivi e tecnologicamente aggiornati.

I primi tre Stati esportatori di armi al mondo sono Stati Uniti, Russia e Francia, che oggi sono antagonisti. Ma nonostante l’embargo europeo nei confronti della Russia, la Francia, per esempio, dopo l’invasione della Crimea nel 2014 da parte di Mosca, tra il 2015 e il 2020 ha continuato a consegnare riservatamente armi al Cremlino, in particolare tecnologia visiva destinata ad aggiornare elicotteri e carri armati, che oggi sono utilizzati dai russi in Ucraina, dove le armi fornite da Parigi all’esercito ucraino giocano da protagoniste. Uno scontro che vede diversi combattenti ma le stesse armi. La rivista Disclose, che si occupa a livello giornalistico di investigazione, afferma che la Francia ha fatturato con la Russia 152 milioni di euro per circa ottanta contratti di fornitura di materiale bellico. Gli Stati europei hanno nel mercato delle armi un fattore economico cruciale, infatti la Gran Bretagna, che in Europa è al secondo posto nella produzione e vendita di armi, fattura circa 40 miliardi di euro, segue la Germania (8 miliardi di euro), l’Italia (5 miliardi di euro), la Svezia (3 miliardi di euro) e la Spagna poco meno. È chiaro che i destinatari di questo mercato sono almeno due tipologie di clienti: gli Stati dove la guerra è cronica, vedi molti Paesi africani e alcuni del Vicino Oriente, e quelli che vedono nel rafforzamento del proprio armamentario la propria ragione di vita, in questo caso dovrei enunciare quasi tutto il resto del pianeta, ma cito solo la Russia e gli Stati Uniti.

Per una visione economica più ampia, ricordo che a questi dati economici vanno aggiunti centinaia di migliaia di posti di lavoro nel settore della produzione delle armi e un robusto indotto. Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, i Paesi Nato e occidentali hanno offerto armi all’esercito di Volodymyr Zelensky. Tra queste attrezzature, caschi e giubbotti antiproiettile, missili anticarro Milan per i caccia ucraini. In questa guerra apparentemente trasparente, varie fonti attestano che Finlandia, Repubblica Ceca, Canada, Spagna, Paesi Bassi hanno fornito all’Ucraina fucili di precisione e missili terra-aria; il Belgio circa duecento armi anticarro, cinquemila fucili automatici, duemila mitragliatrici e oltre quattromila tonnellate di carburante. La Germania, nazione fortemente in riarmo, ha equipaggiato l’esercito ucraino con quasi 2800 missili antiaerei di fabbricazione russa: le trasversalità! Gli Stati Uniti, grazie ad aziende come General Dynamics, Boeing, Raytheon e Lockheed Martin, tra le 500 società più grandi al mondo, sono l’attore, anzi il commerciante, principale su questo tragico palcoscenico. Il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, ha dichiarato che gli Usa forniranno ulteriori aiuti militari all’Ucraina per un importo di 350 milioni di dollari.

La Russia è la seconda potenza militare del pianeta, anche se la Cina in questi giorni l’ha messo in dubbio, e destina un budget di 41 miliardi di euro agli armamenti, circa il 2 per cento del Pil. Mosca ha a disposizione quasi 900mila soldati attivi e una riserva di 250mila elementi, comprese anche donne soldato. Poche ore fa il Cremlino ha dichiarato di coinvolgere altri 60mila soldati in Ucraina, segno di una certa incertezza. La Russia è uno dei sette Paesi ufficialmente riconosciuti come possessori di armi nucleari, pare quasi 7mila bombe. In questo quadro bellico, apparentemente sproporzionato a favore della Russia, due fattori vanno ulteriormente valutati: il primo è l’emotività, “arma in dotazione all’esercito ucraino” e fattore di debolezza dell’esercito russo nel suo complesso, nonostante la presenza di mercenari. Infatti, la resistenza ucraina sta sorprendendo; oltre che ben armati, sono molto motivati, e non hanno nemmeno bisogno di convincimenti motivazionali per galvanizzarsi. I deludenti generali russi, considerazione condivisa da molti addetti ai lavori, non pare riescano a fare sopraffare completamente la disciplina e l’organizzazione alla distrazione motivazionale. Risulta che i sottufficiali e la truppa comprendano poco l’obiettivo e meno quanto venga chiesto. Sicuramente l’elemento certo è la tradizionale, ma drammatica, regola d’ingaggio bellica, che prevede saccheggi e stupri, cosa che sta accadendo, ma di cui poco se ne parla.

L’altro fattore da valutare è che in questo normale caos che è la guerra – ricordo è una necessità sociologica – intanto che i trafficanti d’armi festeggiano c’è una fisiologica previsione economica che vede nel business europeo dell’esportazione delle armi un effetto a “cascata” sull’economia europea e occidentale nei prossimi anni. Effetto economico scontato che si verifica sempre dopo un conflitto importante, e questo lo è abbastanza, anche alla luce di quanto l’Unione europea ha annunciato, cioè l’istituzione di un fondo di cinquecento milioni di euro destinato a finanziare e coordinare le consegne di armi letali a un Paese terzo. Azione descritta dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come “una svolta storica”. Aggiungo: da analizzare con molta cura, soprattutto per il futuro.

Aggiornato il 06 aprile 2022 alle ore 10:00