Crisi ucraina: le cleptocrazie africane al fianco della Russia

Sempre più spesso si sente evocare la minaccia di una Terza guerra mondiale imminente; se si immagina un conflitto con le caratteristiche generiche delle prime due, appare improbabile, ma dal punto di vista di un coinvolgimento strategico-politico degli Stati probabilmente lo è già. Assistiamo, quotidianamente, ad azioni belliche e diplomatiche che fanno parte del “percorso dei negoziati”, ma quello che è più interessante è il seguito che hanno, a livello planetario, le coalizioni antagoniste, Russia e Occidente. In miei recenti articoli ho descritto del riposizionamento del Venezuela nello scacchiere geopolitico, riposizionamento che da fedele partner russo si sta trasformando in “soggetto” collaborativo con gli Stati Uniti; come anche ho scritto dei movimenti filorussi, che si stanno delineando in alcuni Paesi africani. Infatti, anche diversi Stati africani, fino a poco fa completamente soggiogati dalla ormai stanca influenza francese, in particolare, e occidentale in generale, si stanno ordinando velocemente sul solco del Cremlino. Così, il 2 marzo, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel voto per la risoluzione di condanna dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, si sono registrate le astensioni, oltre che del Mali e della Repubblica Centrafricana, di altri Stati africani, come anche il voto contrario dell’Eritrea, unica nazione del Continente a essersi opposta alla “risoluzione”. Ma, come stiamo vedendo, queste astensioni non significano in alcun modo prendere le distanze dal loro nuovo partner privilegiato. Infatti, si sono poi susseguite manifestazioni popolari pro-Russia a Bamako, capitale del Mali; tale atteggiamento è rafforzato anche dal ministro della Difesa maliano, Sadio Camara e dal Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Alou Boi Diarra, che si sono recati a Mosca per fare il punto sulle ultime consegne di equipaggiamento militare all’esercito maliano e per discutere ulteriori forniture. Manifestazioni pro-Russia si sono verificate anche a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, dove il presidente Faustin-Arcangelo Touadéra è stato attento a non prendere posizione sulla invasione dell’Ucraina da parte russa, apparentemente optando, come altri 23 Paesi del Continente africano, per una cauta neutralità.

In questa fase della “crisi” gli equilibrismi sono necessari al fine di prendere tempo per magari decidere in quale sponda stare. Tuttavia, per questi due Stati la strada, per avere una continuazione della collaborazione con Mosca, è stretta. Sono ancora molto dipendenti dai sussidi europei, e a causa dei loro rapporti con i mercenari del gruppo Wagner, l’esercito non ufficiale del Cremlino, hanno perso parte dell’assistenza economica della Francia e poi dell’Unione europea. Queste posizioni neutre, di non allineamento, sono motivate esclusivamente da interessi immediati. Il Mali sta cercando di riallacciare con la Cedeao, Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, al fine di fargli revocare le sanzioni imposte. Allo stesso tempo la Cedeao (Ecowas) nella riunione del 25 marzo tenutasi ad Accra, in Ghana, ha annunciato il mantenimento delle sanzioni contro il Mali a causa del ritardo nel passaggio del potere ai civili, lanciando un ultimatum alla Guinea e al Burkina Faso, che navigano in condizioni quasi identiche. Anche la Repubblica Centrafricana, che si appoggia ai mercenari Wagner per la sua sicurezza e non solo, sa bene che Mosca può guidare nelle campagne militari, ma non fornisce assistenza finanziaria e tanto meno potrà fornirla.

Così a Bruxelles, durante l’ultimo vertice tra Ue e Unione africana, il presidente Touadéra, che nega sfacciatamente di riconoscere la presenza nella sua nazione di questi mercenari, da cinque anni al suo fianco ha trovato un muro di ostilità tra i delegati dell’Unione europea e il rifiuto del dialogo da parte del presidente francese. Infatti, Bruxelles considera difficile, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, la normalizzazione dei rapporti con questi due Paesi, visti come il collegamento cardinale dell’influenza di Mosca in Africa.

L’aggressiva guerra economica condotta dalla Nato contro la Russia sta sviluppando effetti molto importanti verso Mosca; ma è evidente che la lotta globale per mutilare le risorse russe necessarie anche al mantenimento della forza offensiva dell’esercito in Ucraina deve orientarsi anche verso quegli Stati che la supportano. In molti Paesi cleptocratici africani, dove il gruppo Wagner ha un ruolo che va oltre l’ordinario “mercenarismo”, si confermano finanziamenti di importanti campagne di propaganda anti-Onu, antifrancese e anti-occidentale. Infatti, durante il corso del 2020, si è verificata una vera e propria rapina elettorale, sullo sfondo di una guerra di influenza, che ha portato il presidente Touadéra al suo secondo mandato, ma sotto una sorta di Amministrazione fiduciaria del Paese da parte del Gruppo Wagner.

A oggi, queste cleptocrazie africane alleate del Cremlino sono una sponda troppo importante per la Russia. In una ottica globale del conflitto in atto, operazioni di buona geo-strategia dovrebbero prevedere o sanzioni serie contro questi Stati o azioni per ricondurli in un recinto geopolitico dove esercitare un “controllo globale”. Ciò minerebbe l’ascesa al potere di governi cleptocratici, satelliti della Russia, utilizzati come serbatoi di risorse naturali e umane per sostenere uno sforzo bellico russo a lungo termine. Non dimenticando ciò che sta muovendosi nell’area caucasica dove l’Azerbaigian, forse meno intimorito dal “pugno russo” impegnato in Ucraina, ha riaperto le ostilità nel Nagorno Karabakh. Un pericoloso contagio tra cleptocrazie tracotanti e passioni caucasiche non ancora spente.

Aggiornato il 30 marzo 2022 alle ore 09:49