Ucraina: diplomazia di un mondo pericoloso

Quella di Vladimir Putin nei confronti dell’Ucraina è certamente un’aggressione ed è ormai prassi internazionale rispondere, in tali casi, con sanzioni. Si stanno quindi dispiegando sulla scena europea eventi relativamente prevedibili, di cui resta ancora incerto l’epilogo finale. Potrebbe tuttavia essere interessante chiederci se l’invasione dell’Ucraina avrebbe avuto luogo nel caso in cui, da parte occidentale, fossero state accolte alcune richieste di Mosca più o meno espresse.

Innanzitutto, eravamo consapevoli che, come ha sempre sostenuto Sergio Romano, la Russia non avrebbe accettato anche una minima eventualità che l’Ucraina entrasse nella Nato. Così come per la Finlandia, che infatti non ha mai avuto problemi di confine. Quando, per inciso, hanno aderito all’Alleanza Atlantica i tre Paesi baltici, la Russia non ha reagito più di tanto, considerandole entità minori. Diverso fu il caso dell’apertura della Nato alla Georgia nel 2008 (e alla stessa Ucraina), che comportò la guerra contro la Georgia e il riconoscimento di Mosca delle due province separatiste russofone, Abkhazia e Ossezia del Sud. D’altra parte, dopo il rovesciamento del regime a Kiev e l’instaurazione di un presidente filoamericano, la Russia rispose con l’annessione della Crimea.

L’ambasciatore Umberto Vattani ci ha autorevolmente ricordato che il fallimento dei vertici tra leader, cui abbiamo assistito per l’occasione, comportava l’opportunità di organizzare una conferenza per dibattere la questione da cui nessuno uscisse sconfitto, alla luce dell’evidenza che gli accordi di Minsk erano superati e che, per risolvere il conflitto nel Donbass, sarebbe occorso un “modello Alto Adige”, perché dove ci sono minoranze non si può fingere che non esistano. Del resto, quando fu stabilito di includere la Germania riunificata nella Nato, si trattò con l’Unione Sovietica ormai al tramonto e fu assicurato a Michail Gorbaciov che l’organizzazione atlantica non si sarebbe spinta oltre il nuovo confine tedesco (“not one inch eastward”, per usare la formula dell’allora segretario di Stato americano, James Addison Baker).

Come tutti sappiamo, le cose sono andate molto diversamente. Ora Putin sarà anche cambiato dai tempi dello spirito di Pratica di Mare di berlusconiana memoria, ma forse sono mutate pure le circostanze, nel senso che la Russia adesso può ragionevolmente sentirsi accerchiata e, quindi, reagire come fa chi si sente messo all’angolo, anziché invitato al tavolo delle trattative. Dove, ad esempio, l’Ucraina avrebbe avuto tutto il diritto di chiedere l’adesione alla Nato e alcuni dei Paesi della Nato (ne basta uno solo per impedirlo) il diritto di reagire negativamente. E così via, cercando di ricostruire una Minsk 2 aggiornata a criteri più attuali. Si sarebbe così data qualche soddisfazione anche a Putin, l’Ucraina non avrebbe forse subito invasioni né avrebbe perso gli investimenti esteri, le nostre bollette energetiche non si sarebbero triplicate e, infine, la Russia non si sarebbe abbracciata con la Cina, come è invece avvenuto contro ogni evidenza geografica.

Sarebbe stato meglio rifletterci prima e magari qualche passo in avanti si sarebbe potuto fare, evitando guerre e distruzioni. Il mondo è multipolare, occorre accettare questa realtà che implica il ricorso autentico, costante e coerente alla diplomazia.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio

Aggiornato il 04 marzo 2022 alle ore 09:59