Mai Nato: le spine di un’Alleanza

Mai Nato o Nato mai, non è solo un calembour ucraino, confezionato per l’occasione, bensì un dramma umano e politico, un’illusione atroce di chi come noi si è scioccamente e ingenuamente accontentato dell’imbroglio della “Fine della Storia”, stile Francis Fukuyama. Perché non solo la Storia torna, facendosi (da farsa) dramma ma, per l’occasione, rimette in discussione, inverte e ribalta nel tempo i rapporti tra vinti e vincitori. Soprattutto nel caso, come sta accadendo in Occidente, in cui chi ha vinto si è addormentato negli agi di una lunga pace durata otto decenni, dedicandosi alla cura esclusiva del proprio benessere, perdendo così la voglia e il coraggio di combattere per le proprie idee e per la salvezza del mondo.

Finito il messianismo vuoto e fallimentare del Nation Building “made in Usa”, per cui si è ritenuto a torto che la democrazia si possa esportare con la forza delle armi, è accaduto in appena trenta anni il ritorno degli imperi russo e cinese, rinati sotto i nostri occhi gonfi di gotta, per il troppo bere e il gran mangiare che la nostra tecnologia, la dea Téchne, ci ha procurato ma che, a sua volta, è stata il nostro occulto carnefice. Perché per farla trionfare noi occidentali e le nostre élite politico-finanziarie abbiamo inventato il Trojan della globalizzazione, che ci ha procurato l’assalto e l’incubo quotidiano di due Demoni invincibili: le materie prime e la forza lavoro a buon mercato che noi non abbiamo, ma che abbonda nella Santa Madre Russia, in Africa e nel Medio, Lontano e Vicino Oriente, Stan-State inclusi.

Militarmente, la nostra pochezza di finti superuomini si è scontrata e ha clamorosamente perduto le sue epocali battaglie con la guerriglia stracciona degli islamisti sciiti e sunniti, come in Iraq e Afghanistan, in cui le super-armi della Nato ci sono tornate indietro come un boomerang. Cosicché abbiamo lasciato su terreni desertici e montagne inaccessibili sprechi per trilioni di dollari gettati al vento, e decine di migliaia di vite di soldati, caduti inutilmente (per non parlare dei milioni di vittime civili che non abbiamo saputo impedire!), come si è visto dagli infausti ritiri dall’Afghanistan e dall’Iraq invaso dagli Usa nel 2003, grazie a una notizia fake sulle armi di distruzione di massa! Incredibile, ma ci siamo davvero fatti del male così! Per cui la Nato è stata un’arma a doppio taglio, perché i suoi protocolli d’ingaggio ci legano le mani negli scenari più cruenti delle nuove terribili guerre “a pezzettini”, mentre Vladimir Putin può armare sia le sue divisioni combattenti private della Wagner (in cui i singoli comandanti decidono sul campo quali regole di ingaggio adottare, comprese esecuzioni sommarie!); sia dispiegare con ordini dall’alto centinaia di migliaia di soldati alle frontiere con le sue ex Repubbliche.

E può farlo Putin perché si fa forte della nostra assoluta impotenza, per cui ci rendiamo disponibili a cedere sulla libertà di scelta dell’Ucraina se chiedere o meno l’ingresso nella Nato, un’alleanza militare quest’ultima che, se fossimo stati più furbi e generosi con la Russia del post 1991, a quest’ora non avrebbe ragione di esistere! Alleanza che vede l’Europa in condizione di netta inferiorità, rispetto all’ombrello protettivo americano, con il risultato che il suo comando effettivo sta a Washington e non a Bruxelles! Per di più, il finanziamento della Nato dipende per l’80 per cento (dati di The Economist) dalla contribuzione di Paesi extraeuropei! Per uno scompensato e non più attuale sogno di potenza, dopo l’ultimo allargamento del 2006 della Nato stessa, abbiamo mosso interi reparti missilistici e truppe corazzate all’interno dei territori degli ex Paesi europei alleati dell’Urss, schierandole ai suoi confini e accerchiando da ogni dove l’Orso russo, senza nemmeno stare a preoccuparci delle sue fondate ragioni di sicurezza nazionale. Ma il nostro vero killer che, di fatto, ha reso inservibile la pistola (semi-scarica) della Nato, puntata alla tempia di Cina e Russia al termine della Guerra Fredda, è stato l’interscambio mondiale, sempre più accelerato e interdipendente con le sue catene di valore sempre più allungate.

Tutto ciò ha reso tremendamente vulnerabili le nostre economie all’oscillazione dei sempre più tesi rapporti politici tra l’Occidente e le vere e proprie satrapie ipertrofiche della democratura russa e dell’autocrazia del gigantesco Surveillance State costruito dagli eredi di Mao, grazie all’accesso privilegiato della Cina nel World trade organization a partire dal 2001. Anche le alleanze tradizionali come la Nato vittoriosa hanno perduto il fine stesso della loro missione, con l’avvento delle Guerre ibride succedute al terrorismo di Stato, per cui anche Paesi lontanissimi e non ricchissimi possono procurare, attraverso le cyberguerre, danni gravissimi alle società e alle economie dei loro nemici, i cui effetti destabilizzanti sul funzionamento delle infrastrutture primarie colpite (reti elettriche, idriche, informatiche con particolare riferimento alle transazioni finanziarie; pipeline per idrocarburi; e così via) sono paragonabili a cento Dresda dei bombardamenti a tappeto del 1945. E poiché la Dea Téchne non è per nulla cieca come la Dea Fortuna, è accaduto che si favorisse il ritorno mondiale del Dragone cinese, cresciuto a dismisura, ora per furto di copyright, ora perché l’Occidente si è costruito in casa un gigantesco Cavallo di Troia, formando nelle sue migliori università americane centinaia di migliaia di superdotati studenti cinesi, finanziati dalle casse inesauribili del Celeste Impero (grazie all’immenso surplus commerciale e alle enormi riserve valutarie conseguenti accumulati da Pechino).

Così, tra mancato rispetto dei brevetti, creatività industriale, assoluta disciplina dei propri sudditi, folli delocalizzazioni occidentali in Asia delle produzioni di base (che oggi ci stringono la giugulare con una morsa d’acciaio, come si è visto in questi duri tempi pandemici con i prodotti farmaceutici e le attrezzature sanitarie d’emergenza), abbiamo rimesso nelle mani degli autocrati cinesi e degli sceicchi mediorientali i destini occupazionali e il benessere delle nostre future generazioni. Rinasce pertanto a Oriente il Regno di Mezzo, in cerca di rivincita storica sulle umiliazioni subite da parte delle potenze coloniali europee. Così, da un lato, le enormi ricchezze accumulate da Pechino grazie alla globalizzazione e, sull’altro versante, da Mosca con la vendita delle sue materie sui mercati internazionali, hanno favorito il pesante riarmo dell’uno e dell’altro, senza che noi ci rendessimo conto che il Dio Denaro, di cui credevano di avere il monopolio, nulla conta rispetto all’orgoglio e alle questioni mai sepolte di identità delle Nazioni. Ed è così che la Dea Téchne si è per noi trasfigurata in un orribile Leviatano, anche perché, gonfi di orgoglio e presunzione, dopo il 1991 abbiamo mantenuto e allargato a Est la nostra santa Alleanza militare, senza capire che occorreva fare esattamente il contrario, siglando Trattati e Accordi internazionali di Cooperazione e di Pace e di Sviluppo tra Europa e America, da un lato, e Russia e Cina dall’altro.

Trascurando l’importanza degli scenari geopolitici, sommersi da un fiume di denaro utilizzato per gli scambi internazionali, ci siamo illusi di dominare “a chiacchiere” politicamente corrette e avare donazioni il resto del mondo. Siamo rimasti così immobili e impotenti di fronte a un imponente riarmo (con armi persino più avanzate delle nostre, come missili ipersonici convenzionali e nucleari, per colpirci nella stratosfera, in cielo, in terra, in mare e nel cyberspazio) dei due rinati imperi autocratici, la cui irresistibile ascesa, a prescindere da Vladimir Putin e Xi, ci costerà molto cara di qui a pochi decenni, avendo noi occidentali perso la voglia di combattere, incapaci come siamo di passare dalle parole ai fatti in caso di minaccia grave alla nostra sicurezza vitale. Come preconizzato già mesi fa da questo quotidiano in numerosi analisi ed editoriali (si vedano, tra l’altro, “Burning Ucraina” e “Indovinala Putin” del dicembre 2021, e da ultimo “Se vince Putin” e “Matto per l’Ucraina”, rispettivamente di gennaio e febbraio 2022), lasceremo che, alla fine della giostra dello sfoggio reciproco di minacce e sanzioni, Putin si appropri manu militari di aree confinanti, per costruire quelle regioni-cuscinetto che gli assicurino tempi di difesa sufficienti (qui siamo decisamente nella paranoia, ma ce la siamo meritata tutta!) per fermare un’improbabilissima invasione Nato. A questo ci ha condotti la nostra ipertrofia narcisista ed egoica. Sarà meglio fare un accurato mea culpa in merito.

Aggiornato il 23 febbraio 2022 alle ore 09:26