Tunisia, Kaïs Saïed scioglie il Consiglio superiore della magistratura

La così detta “Primavera araba” datata 2011 e generata in Tunisia, come era previsto si è manifestata e trasformata in un “inverno arabo” che ha gelato le grandi aspettative di “democrazia” serpeggianti nel Vicino Oriente e nel Maghreb. Per aggiungere un altro tassello al mosaico ritraente la fine dell’ex pseudo-dittatore Zine el-Abidine Ben Ali, sancito dalla Primavera araba, è utile conoscere le sue ultime 48 ore di potere scaturite da una serie di registrazioni, tenute segrete fino allo scorso 14 gennaio, giorno commemorativo della rivoluzione tunisina del 2011, e rivelate dalla Bbc.

Le registrazioni fanno luce sulle turbolente ultime ore dell’autocrate presidente, ma soprattutto mostrano come anche una lunga dittatura si possa disintegrare in poche ore. Come detto la Bbc ha ottenuto delle registrazioni di straordinario interesse che si ritiene siano uno scambio di telefonate fatte da Ben Ali il 13 gennaio 2011 prima in Tunisia, poi sul volo verso l’Arabia Saudita. Le registrazioni mostrano il crollo della sua autorità, segnando la fine di una “antidemocrazia naturale” durata 23 anni, e demolita da un’ondata (coordinata) di rivolte per una utopica democratizzazione del Paese. Le registrazioni, che non riporto per opportunità di spazio, si diluiscono nel viaggio verso la Penisola araba, sede del futuro esilio, e mostrano come l’allontanarsi dalla Tunisia corrispondeva sia a un devastante aumento delle incertezze di Ben Ali, che a una crescente disobbedienza da parte dei suoi generali e dei suoi ministri.

Brevemente, l’ex onnipotente, durante le telefonate, mostra una crescente ansia dovuta ai dubbi sull’opportunità di un suo ritorno in Patria; dubbi sulla affidabilità dei suoi interlocutori telefonici, come Tarak Ben Ammar, stretto confidente e produttore cinematografico, noto per aver persuaso il regista George Lucas a girare il primo film di Guerre stellari in Tunisia, Kamel Eltaief, uomo della Bbc, Ridha Grira, ministro della Difesa, e soprattutto il generale Rachid Ammar che nella telefonata pare già “stenti” a riconoscerlo, tanto per citarli alcuni. La strada del distacco fisico e dal potere si conclude con la disobbedienza del pilota dell’aereo (sicuramente ubbidiente ad altri ordini), che sbarca, poco dopo la mezzanotte, a Gedda in Arabia Saudita.

Infatti, mentre Ben Ali e la sua famiglia vengono scortati alla Guest House di King Faisal Palace, il presidente ordina al pilota di prepararsi per il viaggio di ritorno per lui e la sua famiglia, ma il pilota disobbedisce all’ordine e abbandona a Gedda Ben Ali e la sua famiglia, per tornare in Tunisia da solo. La mattina dopo dal suo hotel, Ben Ali chiamò di nuovo il suo ministro della Difesa. Quest’ultimo ammette che la nazione è fuori controllo, dicendo che si parla addirittura di un colpo di Stato. Il presidente respinge questa affermazione qualificandola come un’azione degli “islamisti”, prima di parlare di un suo ritorno nel Paese. In poche ore fu formato un nuovo governo in Tunisia, un Governo in cui molti degli stessi ministri, tra cui Grira, hanno mantenuto le loro posizioni.

Ben Ali non tornerà più nel suo Paese, rimanendo a Gedda fino alla sua morte nel 2019. In sostanza queste registrazioni, tenute segrete ma da molti interlocutori presenti nei colloqui ovviamente smentite, dimostrano il ruolo determinate dell’esercito nella sua deposizione, che ha prima sollecitato il presidente a uscire dalla Tunisia, poi sollecitato a non tornarci, oltre dimostrare la facilità con cui è possibile perdere il potere e quanto sia azzardato, nei contesti “politici”, confidare su persone considerate affidabili.

Che cosa è accaduto dopo la deposizione di Ben Ali? Ma soprattutto che cosa è accaduto dal gennaio 2011 a oggi? Sicuramente avvicendamenti governativi ci sono stati, e sicuramente il partito di ispirazione islamista Ennahda, ha trovato i suoi spazi politici prima interdetti, come hanno trovato “campi di azione” varie forme di jihadismo. Ricordo che il movimento islamista Ennahda fu fondato quaranta anni fa dall’attuale presidente del Parlamento, ora sospeso, Rached Ghannouchi, ed è presente sulla scena politica dopo la rivoluzione del 2011; da allora ha partecipato a tutte le coalizioni parlamentari. È il partito più organizzato del paese e il gruppo principale dell’Assemblea. Tuttavia, dal 2014 la sua base elettorale è notevolmente diminuita, passando, nelle elezioni legislative del 2019, da ottantanove deputati a cinquantatré su duecentodiciassette, ovvero un milione di voti persi dal 2011.

Di contro, se l’attuale presidente della Tunisia Kais Saied è riuscito a bloccare il progetto di Ennahda di islamizzazione della politica del paese, ostacolando il dilagare dei finanziamenti dei Fratelli musulmani legati al partito Ennahda, oggi ha stretto un nuovo cappio intorno alla libertà tunisina. Infatti Saïed, che ha assunto pieni poteri dal luglio 2021, domenica 6 febbraio ha annunciato di aver deciso di sciogliere il Consiglio superiore della magistratura (Csm), organo indipendente preposto alla nomina dei giudici, accusandolo di essere parziale e al servizio di determinati interessi. In un video accusa questo corpo costituzionale di corruzione e parzialità, e di avere manipolato alcune procedure, comprese le indagini sul fascicolo di Chokri Belaïd, attivista laico ucciso davanti casa il 6 febbraio 2013. Il Movimento 25 luglio, che include i suoi sostenitori, aveva consigliato al presidente di sciogliere il Csm per “purgare” il potere giudiziario dei “magistrati corrotti”. Il Csm ha respinto lo scioglimento, in assenza di un quadro giuridico e costituzionale, denunciando un attacco alla Costituzione e alle garanzie di indipendenza della giustizia, e annunciato che i suoi membri continueranno a lavorare regolarmente.

Saïed ha affermato che in questo Csm le cariche e le nomine si vendono e si prendono in base alle “affiliazioni”, aggiungendo che “è impossibile immaginare la quantità di denaro che alcuni giudici hanno ricevuto, miliardi e miliardi, il loro posto non è dove sono loro, ma sul banco degli imputati”. Ma secondo molti osservatori il vero obiettivo è il partito islamista Ennahda, che ha controllato il Parlamento e influenzato i governi negli ultimi dieci anni. Il portavoce di Ennahda, Imed Khemiri, ha denunciato una decisione che pregiudica l’indipendenza della giustizia ed è un serio precedente che la Tunisia non ha mai dovuto subire, nemmeno durante la dittatura di Ben Ali (1987-2011).

Un precedente che se verrà applicato come principio su altri “poteri dello Stato”, magari in un prossimo governo di islamisti o no, riporterà la Tunisia probabilmente a rimpiangere Ben Ali. Comunque, essendo la “democrazia” non esportabile, quindi un “marchio geopolitico”, forse governare alcuni contesti socio-politici con la “democrazia” pare tendenzialmente fallimentare.

Aggiornato il 10 febbraio 2022 alle ore 10:43