Africa occidentale: la normalità del colpo di Stato

L’Africa occidentale in un anno e mezzo è stata interessata da quattro colpi di Stato: due in Mali, uno in Guinea e l’ultimo, avvenuto tra il 23 e il 24 gennaio, in Burkina Faso. In questo contesto geografico parlare di “incidente socio-politico”, riferendoci a un colpo di Stato, pare noioso. È cosa nota che in molte nazioni africane e non solo, l’avvicendamento al potere è dato o da un colpo di Stato convenzionale o a una surroga di questo. Riguardo al Burkina Faso, il suo presidente Roch Marc Christian Kaboré al potere dal 1978, è stato il primo capo di Stato democraticamente eletto alla guida del Paese. La sua deposizione ha fatto cadere una certezza e disincantato una generazione di burkinabé che credevano nella stabilità di un organismo politico nato su basi abbastanza democratiche. La sparizione di Kaboré, dopo la sua deposizione, ha inizialmente alimentato molte perplessità sulla sua sorte. A Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, le notizie erano molteplici: dall’esilio, alla morte; ma lunedì 31 gennaio, sono finalmente filtrate le prime immagini dell’ex presidente Kaboré impegnato in un colloquio, organizzato congiuntamente dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) e dalle Nazioni Unite, in una villa della capitale dove Kaboré è confinato. Le immagini dell’ex presidente non hanno rivelato particolare disagio: piuttosto impassibile, apparentemente pacato mentre colloquia con i diplomatici. La famiglia è con lui, ha anche l’assistenza medica personale, ma è costretto all’isolamento.

Tuttavia, tra gli osservatori e politici vari, alcune perplessità emergono circa la facilità con cui golpisti, incappucciati e armati di kalashnikov, sono penetrati nel palazzo presidenziale e hanno superato le forze di sicurezza governative. La facilità con cui è stato destituito Kaboré fanno ipotizzare, come comunicato dai media del Burkina Faso, che aveva già firmato le sue dimissioni; era sembrata più una resa che una deposizione. Nell’ambito dei governanti africani, lo stupore è il sentimento che predomina, infatti il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, ha manifestato sconcerto per l’accettazione alla rinuncia al potere, mentre il presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara, ha cercato di esortarlo a battersi, anche diplomaticamente, per restare al governo. Ha poi riferito Clément Sawadogo vicepresidente del Mpp, Movimento popolare per il progresso, partito del presidente deposto, che “voleva soprattutto evitare un bagno di sangue tra lealisti e golpisti”.

Per questa emergenza i leader dell’Ecowas si sono incontrati giovedì 3 febbraio ad Accra, capitale del Ghana; all’ordine del giorno i tre Paesi guidati dai militari golpisti e la minaccia jihadista. Ha aperto il vertice Nana Addo Dankwa Akufo-Addo presidente dell’Ecowas e presidente del Ghana, il quale ha manifestato la sua amarezza per quanto accaduto nei Paesi interessati dai colpi di Stato, affermando che il vertice dovrà trattare dei gravi pericoli presenti nella “regione”, derivanti dalla presenza e dalla interferenza di forze militari estere in Mali (Wagner russi compresi), e che tale realtà “polito-militare”, possa contagiare la Guinea e il Burkina Faso. Akufo-Addo ha poi esaltato il fallimento del tentativo, avvenuto la settimana scorsa, di deporre Umaro Sissoco Embalo, presidente della Guinea-Bissau, invitando i membri Ecowas a lavorare per fare fronte a quella che ha definito una “tendenza pericolosa che potrebbe devastare l’intera regione”.

La nuova ondata di colpi di Stato è iniziata in Mali nel 2020, seguita da un’altra in Guinea l’anno successivo, poi il mese scorso in Burkina Faso, e come detto, l’ultimo tentativo fallito in Guinea-Bissau, un attacco fatto con armi leggere, durato ore ma senza successo. Tuttavia, nonostante le pressioni internazionali per un ritorno al Governocostituzionale”, nessuno dei governanti golpisti ha ancora previsto nuove elezioni. La conquista di uno Stato da parte di militari golpisti è quasi una normalità nella regione: ce ne sono stati quasi 100 in Africa occidentale dal 1946 a oggi, diminuendo negli ultimi dieci anni. Ora l’organizzazione sovranazionale Ecowas deve operare per riportare la “democrazia” in tre dei suoi 15 Stati membri, dove i militari golpisti hanno preso il potere.

Ma a un golpe non corrisponde solo un cambiamento “politico”, ma anche una imminente necessità di controllo e gestione delle risorse minerarie. Così a ogni golpe le compagnie minerarie sono in allerta, anche se i nuovi “padroni” vogliono soprattutto rassicurare gli operatori. Così in Burkina il settore minerario non pare particolarmente sconvolto dal recente colpo di Stato; infatti il 27 gennaio, tre giorni dopo che il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, ha assunto il comando dell’esercito nazionale, Eric Gratton, general manager del gruppo Fortuna silver mines, in Africa occidentale ha affermato di avere già effettuato una spedizione di oro all’estero, estratto dalla miniera di Essakane, senza trovare nessuno ostacolo. Africa Intelligence, il più attendibile sito professionale che tratta di cronaca politica ed economica in Africa, a seguito di un’intervista al presidente della Camera delle Miniere, ha comunicato che Paul-Henri Sandaogo Damiba si è subito attivato per rassicurare i gruppi minerari, garantendo dal 27 gennaio la libera circolazione delle attrezzature e del personale, nonché il mantenimento delle condizioni di esportazione del minerale e delle convenzioni vigenti. L’oro rappresenta il 12 per cento del Pil del Burkina Faso e, insieme al cotone, rappresentano il 96 per cento delle entrate dovute alle esportazioni.

È inoltre coscienza, dei governati golpisti, che mantenere il flusso di cassa e gli investimenti è fondamentale per riuscire a rimanere al potere.

Aggiornato il 07 febbraio 2022 alle ore 10:28