L’Ucraina e il diritto all’autodeterminazione

Siamo sull’orlo di una guerra nel cuore del Vecchio Continente? A giudicare da quello che si legge sui giornali e che riferiscono i notiziari sembrerebbe proprio di sì. In pratica, i leader mondiali sanno bene che le guerre non convengono a nessuno e che, in genere, i conflitti sono solo il preludio a problematiche ancor più serie, come le crisi economiche ed energetiche. Di conseguenza, è più probabile che, alla fine, dopo aver mostrato i muscoli ed essersi guardati in cagnesco per qualche giorno, si giungerà a una soluzione diplomatica. Il problema è capire in cosa consisterà tale soluzione e se l’Occidente, anche stavolta, si piegherà alle pretese (sinceramente assurde) della Russia, pur di vivere in pace. Ci sono molti modi, infatti, di subire una sconfitta: uno di questi è darla vinta ai prepotenti e chinare la testa dinanzi alle loro rivendicazioni.

Sono in molti, animati da incomprensibili simpatie filo-russe, i quali pensano, in fin dei conti, che Vladimir Putin abbia ragione e che non stia facendo altro che difendere gli interessi geopolitici del suo Paese. Il presidente russo – sostengono – vuole solo evitare l’ulteriore espansione del blocco d’influenza occidentale (e in particolare statunitense) fino ai suoi confini, impedendo che l’Ucraina possa entrare a far parte della Nato. Infatti, se quel Paese dovesse diventare quello che i russi definirebbero “l’ennesimo satellite americano”, si ritroverebbero, di fatto, gli americani dentro casa: il loro peggior incubo si avvererebbe. Meglio obbligare l’Ucraina a essere un satellite russo, allora.

In secondo luogo, è dall’inizio della sua presidenza, che Putin accarezza il progetto di restituire prestigio internazionale al suo Paese, e di farlo con una restaurazione “de facto” della vecchia Unione Sovietica. Il “sogno proibito” del presidente russo è quello di ampliare la sfera d’influenza russa e di (ri)fare della sua nazione una grande potenza economica, politica e militare in grado di competere e di essere alternativa agli Stati Uniti: il modo migliore per farlo è assoggettare, diplomaticamente o militarmente, gli Stati vicini. Un tempo, si chiamava “imperialismo”, e sebbene siano quasi sempre gli americani a essere accusati di ciò, loro non hanno mai mandato i carri armati in Europa per imporre ai vari Stati di aderire alla Nato.

Se volessi immedesimarmi nel leader russo e nei suoi sostenitori, potrei anche comprendere la preoccupazione per l’ulteriore allargamento della “zona Nato” all’Ucraina e per il fatto di potersi trovare le basi americane ai confini. Posso capire che una simile cosa faccia sentire i russi come soffocati, come “chiusi a tenaglia”, come sorvegliati speciali da parte dell’antagonista a stelle e strisce. Ma questo non giustifica la violazione della sovranità dell’Ucraina, né legittima la pretesa di stabilire quali debbano essere le scelte politiche di questa nazione.

C’è infatti un “convitato di pietra” del quale nessuno sembra essersi accorto o di cui nessuno pensa sia opportuno sentire il parere, sebbene sia al centro della vicenda: l’Ucraina, per l’appunto. A nessuno è venuto in mente che devono essere gli ucraini a scegliere se stare con la Russia o con l’Occidente? Nessuno ha pensato che gli ucraini, come tutti i popoli, hanno quello che si chiama “diritto all’autodeterminazione”, cioè a scegliere autonomamente e senza coercizione, il loro destino? Ebbene, che siano loro a decidere il da farsi, senza carri armati e bombardieri in giro per il loro territorio. Il fatto che Putin abbia paura di ritrovarsi gli americani ai confini o che la Russia possa perdere uno storico alleato – che, tra l’altro, ha eletto un presidente decisamente filo-occidentale, Volodymyr Zelensky, lanciando così un chiaro segnale di quali siano le sue preferenze – non lo autorizza a piombare in casa degli altri a dire loro cosa possono o non possono fare. È un atto di prepotenza e nulla di più. Ma, del resto, il presidente russo è abituato a imporre coattivamente la sua volontà agli altri: ma deve pensare che, per fortuna, il mondo non è la Russia. Se la difesa dell’interesse nazionale fosse un criterio sufficiente per violare la sovranità delle altre nazioni, il mondo scivolerebbe in una sorta di distopia hobbesiana, in cui ciascuno Stato è costantemente impegnato a fare guerre contro tutti gli altri.

Ammettiamo per un momento che il ragionamento di Putin sia corretto e che la Russia abbia il diritto di impedire all’Occidente di estendere la sua sfera d’influenza all’Ucraina per non ritrovarsi lo storico nemico praticamente dentro casa. A questo punto, un ragionamento analogo potrebbe essere fatto dall’Occidente e sarebbe egualmente legittimo e sensato, da parte nostra, impedire alla Russia di espandersi verso i nostri territori e di rafforzarsi. Nemmeno noi vogliamo ritrovarci i russi alle porte. A maggior ragione se pensiamo che quelli come Putin non si accontentano facilmente: nella loro insaziabile fame di potere, vogliono sempre di più e non si stancano mai di prendere. Chi ci garantisce che l’Ucraina non sia solo il primo passo verso i Balcani, l’Europa centrale e, infine, verso l’Europa occidentale? Del resto, non era proprio l’Europa occidentale nelle mire espansionistiche dell’Unione Sovietica?

Non sono un neo-conservatore e non credo che l’Occidente sia investito da una sorta di “missione divina”: quella di esportare la democrazia in ogni dove, di liberare i popoli oppressi e di garantire la stabilità globale. Penso che le guerre andrebbero evitate: sono troppo costose e costituiscono un formidabile alibi per il rafforzamento del potere dello Stato a discapito delle libertà individuali. Penso che quello che succede dall’altra parte del mondo non debba riguardarci e che non sia compito nostro andare a casa degli altri a dire loro come devono vivere. Penso che si debba essere realisti, abbastanza per capire che la democrazia non è un sistema adatto a tutti i popoli e che non abbia senso imporla con un atto di forza. Ma penso anche che, quando si tratta di difendere la nostra civiltà e la nostra sicurezza, allora sia lecito mettere mano alle armi. E nel caso dell’Ucraina si tratta proprio di questo. Le intenzioni dei russi non sono per niente pacifiche o benevole: Putin mente quando dice che vuole semplicemente tutelare il suo Paese. La sua intenzione non è espandere o conservare la sfera d’influenza russa, ma restringere quella dell’Occidente. Pertanto, noi abbiamo il diritto di difenderci e, comunque, di dare man forte a un Paese, l’Ucraina, che vuole essere libero, che vuole scegliere autonomamente il suo destino e che sembra voglia liberarsi dal giogo russo. Gli ucraini hanno il diritto di scegliere da che parte stare e tale diritto deve essere garantito.

Auspico una soluzione pacifica del conflitto, com’è ovvio. Ma voglio augurarmi che tale soluzione non implichi un atteggiamento dimesso e timido da parte dell’Occidente. Non dobbiamo essere accondiscendenti con chi si arroga la facoltà di scegliere per conto di altri. Anzi, dovremmo essere noi a “dare le carte” e a porre le condizioni per sventare il rischio di una guerra. Niente vigliaccate, insomma. Niente coda tra le gambe, per favore. Niente remissività con chi è avvezzo alla sopraffazione e al “bullismo” geopolitico.

Aggiornato il 28 gennaio 2022 alle ore 09:38