Se vince Putin… come estrarre valore dall’Occidente

Qual è il significato di “estrarre valore da un sistema economico” da parte di un concorrente diretto? L’esempio più noto è quello della “fuga dei cervelli”, per cui i giovani e brillanti neolaureati, alla ricerca di un’occupazione di alto profilo e ben remunerata, trovano lavoro all’estero. Cosicché, in tal modo, la nazione che li ospita come lavoratori qualificati “estrae valore” da quella di origine (che perde il suo laureato), poiché avrà risparmiato tutti i notevoli costi pluriennali di struttura, necessari alla sua formazione universitaria e di dottorato. In politica internazionale esiste una versione alla Vladimir Putin di questo schema, in cui sono soltanto i costi materiali a essere posti a carico dell’autocrate russo, come il mantenimento di un contingente di centinaia di migliaia di uomini perfettamente equipaggiati e in assetto costante di “combat-ready”, cosa che comporta una spesa quotidiana colossale per lo Stato Russo! La (enorme!) compensazione immateriale per Putin consiste nella contropartita politica, valoriale e “non economica” del guadagno netto di prestigio e il riscatto dell’onore della nazione, che consente alla Russia di oggi di tornare in grande stile, temuta e rispettata, sulla scena internazionale. L’onore (perduto), in altri termini, conta molto più del denaro, delle vite umane, della dignità delle nazioni riconquistate, che saranno stati sacrificati per riottenerlo!

Questo risultato fa sì che gli attuali rapporti di forza si ribaltino letteralmente, perché alla fine risulterà che a perderci moralmente sarà stato tutto l’Occidente nel suo complesso. Vediamo perché. Putin “estrae” valore dal suo avversario storico mettendo i cannoni in prossimità dei confini dei suoi condòmini continentali, in modo da ottenere così, da vero stratega, almeno tre risultati che gli consentono di raggiungere quegli obiettivi più o meno dichiarati, ma che sono alla base della sua iniziativa alquanto rischiosa. Il primo è di azzerare la soglia del rumore di fondo che prelude ad altre potenziali nuove Primavere colorate, in cui cioè le formazioni pro-occidentali che militano all’interno dei Paesi confinanti, come Ucraina e Georgia, trovano sponde, addentellati e finanziamenti presso i Paesi democratici ai quali aspirano idealmente ad appartenere. I venti di guerra e i tank che scaldano i motori ai confini ucraini lasciano a casa le folle di democratici, in attesa del peggio. Gli stessi governi nel mirino di Mosca non hanno nessun interesse a favorire manifestazioni pro-democrazia sapendo che, probabilmente, servirà donare sangue e vite alla Patria minacciata, evitando che si faccia democraticamente strada un clima di disobbedienza civile, che troverebbe terreno fertile nelle forti minoranze russofile interne.

Il secondo aspetto è molto più delicato e riguarda la vera e propria “estrazione di valore” che Putin intende ricavare dalla sua minaccia. Infatti, le autocrazie dell’uomo forte e solo al comando, come la sua, possono mobilitare con un ordine diretto decine di divisioni di assalto e truppe corazzate, senza che i propri cittadini si possano esprimere in merito, né abbiano gli strumenti per impedirlo. Al contrario delle autocrazie, le democrazie rappresentative nazionali debbono passare attraverso l’approvazione dei rispettivi Parlamenti per ottenere il via libera a un forte aumento degli stanziamenti per la difesa, al fine di assicurare una risposta adeguata alla minaccia militare russa (e, domani, cinese). Per non parlare dei rischi connessi alle perdite umane potenziali di civili e militari, che un’Europa pacificata da 75 anni non sarebbe mai in grado di poter sostenere, a meno di dover fronteggiare un’aggressione diretta russa nei suoi confronti, il che è del tutto inverosimile. Quindi, l’estrazione di valore si avrebbe sia in un caso che nell’altro, ragionando come segue. Nel primo, obbligando Unione europea e Usa ad aumentare considerevolmente la spesa per armamenti, si toglierebbero ai loro cittadini risorse vitali per la ripresa economica post-pandemica (facendo perdere competitività e importanti quote di mercato alle loro imprese), strangolandoli per di più con i rincari delle forniture energetiche provenienti dai giacimenti di gas siberiani (il cui notevole raddoppio dei prezzi serve a coprire, oggi come domani, la forte spesa militare russa), o addirittura con l’interruzione strategica dei flussi a seguito della chiusura di Stream uno e due.

Il terzo aspetto riguarda la rimessa in discussione dei rapporti transatlantici, Usa-Ue all’interno della Nato, con gli europei sempre pronti a dissociarsi dagli americani quando si tratta di abbandonare i tavoli diplomatici di trattativa, per passare all’azione militare vera e propria. La Nato paga oggi tutte le conseguenze per aver mantenuto (antistoricamente, dopo il 1991!) il suo Dna antirusso e antisovietico, tra l’altro abbastanza inutilmente, visto che ci vorrebbero decenni per integrare nell’Alleanza nazioni come Ucraina, Georgia, Bielorussia. Ragione per cui Putin sa benissimo che i suoi avversari non cadranno mai nella trappola di un conflitto aperto, anche a seguito della riedizione (ma in tono non così marcato) di un blitzkrieg simile a quello dell’annessione della Crimea, ma stavolta ai danni del’Ucraina. L’unico, vero punto interrogativo, è se poi Putin sia davvero in grado di controllare la sua opinione pubblica, una volta che la contabilità dei caduti superi la soglia critica della tolleranza collettiva (mille, diecimila morti?).

Ora, se l’obiettivo minimale atteso da Putin (sia che invada o meno l’Ucraina) è di congelare per molti anni l’allargamento ulteriore ad Est della Nato e di far tornare la Russia neo-imperialista protagonista della scena mondiale, allora il risultato è bello che raggiunto: non sarà certo questa Europa delle anime belle politicamente corrette e di mercanti senz’anima a poterne intralciare i piani! Del resto, anche il piano delle sanzioni resta fortemente asimmetrico tra Ue e Usa, perché le due economie sono sostanzialmente diverse, pur avendo a fattor comune l’aumento dell’inflazione e il rischio del ritorno della spinta populista antiglobalizzazione. I due grandi alleati restano, invece, profondamente divisi per quanto riguarda l’autosufficienza energetica, su cui può contare l’America, ma non l’Europa, nettamente più dipendente dal gas siberiano; le dinamiche di decoupling Occidente-Cina, in cui si fa sentire l’acefalia europea per la mancanza quasi secolare di un Governo centrale a Bruxelles.

Tra l’altro, per noi, allontanarci troppo dalla Cina significa, nell’immediato, dover sostenere costi insostenibili per favorire le dinamiche inverse di de-localizzazione (stavolta, dalla Cina verso l’Europa). Infatti, in questo caso, i governi europei dovrebbero garantire alle imprese che rientrano in patria la copertura totale o parziale (attraverso la defiscalizzazione e i contributi all’occupazione) della differenza del costo e della sicurezza del lavoro tra il mercato cinese e quello europeo! E, poi, occorre dirsi francamente che, forse, Joe Biden non ha tutti i torti pensando che l’Ucraina sia un problema del Vecchio Continente, visto che il suo è rappresentato dal Leviatano cinese, che non fa sconti né a lui né a noi (vedi la diplomazia dei Wolf warrior), non potendo attualmente la Nato essere coinvolta in un eventuale conflitto nel Mar Meridionale di Cina e, nell’immediato, per la difesa di Taiwan.

In estrema sintesi, la morale è questa: io, Putin, per rifare l’impero sono disposto a sostenere costi materiali e umani immensi. E voi, occidentali? Coraggiosi a chiacchiere. Intanto, quadruplicandovi i prezzi del gas vi faccio pagare gran parte delle mie spese militari per l’assedio dell’Ucraina (e questo significa “estrarre valore”) e, in più, costringendovi ad aumentare comunque la spesa militare vi costringo a sottrarre enormi risorse alla rinascita economica post pandemia (Idem). Infine, se fate decoupling con me attraverso le sanzioni, io so tenere a bada la mia opinione pubblica e voi no: rischiate la depressione e il ritorno in grande stile dei populismi (grazie a me!). Ecco perché il pugno di ferro di Putin non può essere combattuto con i gentlemen agreement alla Neville Chamberlain!

Aggiornato il 27 gennaio 2022 alle ore 09:28