Una guerra per caso, i danni collaterali del Multipolarismo

Troppi galli a cantar non si fa mai giorno”, dice un famoso proverbio. Non solo, aggiunge il capo di Stato Maggiore inglese, in via di pensionamento, Sir Nick Carter: nel caso dei (fin troppi!) Paesi nuclearizzati le cose possono andare anche molto peggio, sprofondando il mondo in una notte praticamente eterna. Infatti: che cosa succede se vengono a mancare i canali diplomatici attivi all’epoca del bipolarismo Est-Ovest della prima Guerra fredda quando, in fondo, erano solo in due ad avere il potere di premere il pulsante che avrebbe scatenato una guerra nucleare planetaria? Davvero oggi l’Orso russo è rimasto quello che faceva la faccia feroce ma restava, tutto sommato, sempre nella sua stessa gabbia? Prima, lo spauracchio della deterrenza faceva sì che tutti rimanessero entro i confini dettati dal Trattato di Yalta, mentre oggi le democrazie occidentali si trovano confrontate a ogni sorta di regimi autocratici ostili e risoluti, che fanno del contesto strategico globale una vera e propria arena in cui è lecito lottare con ogni mezzo a disposizione, pur di raggiungere i propri obiettivi tattici e strategici. Da qui, nascono le strategie o guerre ibride, in cui l’immigrazione illegale gioca il ruolo mediatico di deflagrazione nucleare classica! In merito, il generale Carter fa un lungo elenco della strumentazione ibrida utilizzata dai russi nell’ultimo decennio.

Si parte con l’annessione della Crimea e il dispiegamento massivo di truppe ai confini con l’Ucraina, per poi passare all’intervento diretto in cui si è offerto un sostegno determinante alla sopravvivenza e alla vittoria di un regime feroce e sanguinario come quello del presidente Bashar Assad (che ha causato oltre 500.000 vittime tra la popolazione siriana!). Poi, per quanto riguarda la repressione del dissenso e dell’opposizione interna, si citano l’avvelenamento con gas nervino di un dissidente russo e di sua figlia, avente come scenario la capitale inglese, nonché l’assassinio di oppositori in patria e all’estero, o quello mancato di Alexei Anatolievich Navalny. Per gli attacchi ibridi all’esterno, si ricordano invece sia le cyberguerre a danno di interessi politici ed economici dell’Occidente, comprese le interferenze nelle elezioni presidenziali oltre Atlantico; sia le attività di disinformazione in funzione anti-occidentale, per la diffusione di notizie false e tendenziose sulle testate giornalistiche finanziate e controllate da Mosca. Infine, ciliegina sulla torta, di recente l’intelligence di Londra ha accertato come vi sia la manina dei russi dietro la campagna denigratoria orchestrata dai secessionisti bosniaci contro il Governo legittimo di Sarajevo. L’Orso russo, liberato dalle sue stesse catene di ieri, osserva Carter, non si fermerà se l’Europa e l’America non agiranno con la massima determinazione per impedirgli un’invasione in grande stile dell’Ucraina o, anche peggio, di condurre operazioni militari coperte avvalendosi della complicità delle maggioranze russofone nei Paesi baltici confinanti, con particolare riferimento a Estonia e Lituania.

Perché poi, ricordando il Winston Churchill che stigmatizzò in modo fulminante gli accordi di Monaco, appena sottoscritti da Londra con Adolf Hitler e Benito Mussolini, dicendo “potevate scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra!”, anche oggi la difesa della democrazia contro l’aggressione non può limitarsi a una inconcludente trattativa che fa guadagnare solo tempo all’avversario irriducibile, come lo è oggi la Russia putiniana per colpe quasi esclusivamente nostre e della Germania, in particolare, visto quello che Berlino combinò nel 1992!

Mosca mira a vincere (ricorda qualcosa anche a noi?) con qualunque mezzo, ortodosso e, soprattutto, con le guerre ibride. Ed è il caso che l’Occidente dica forte e chiaro agli uomini forti dell’Est che non ci sarà mai più, né ora né mai, una Nuova Monaco! Ciò detto, è bene ricordarsi i nostri imperdonabili peccati nei confronti della Russia del 1991 in cui al tempo del collasso dell’Urss, come ricorda The Economist del 7 novembre, le onnipotenti forze armate russe erano ridotte a brandelli, tanto che un pilota da caccia guadagnava una frazione dello stipendio di un autista di autobus! I soldati erano talmente affamati che si vedevano costretti a nutrirsi di bacche e funghi trovati nei boschi! La corruzione risultava talmente diffusa negli alti gradi dell’esercito, che un generale venne denunciato per aver ceduto in affitto un Mig-29 al fine di partecipare a una competizione auto contro aerei, svoltasi in un campo di atterraggio della Germania dell’Est! “Nessun esercito al mondo è così malridotto come il nostro”, si lamentava nel 1994 il ministro della Difesa russo!

Quando nel 2008 l’esercito russo rischiò una figuraccia in Georgia, fu a quel punto che subì una rivoluzione organizzativa radicale, con il raddoppio delle spese militari in poco più di dieci anni, dal 2005 al 2018. Malgrado il bilancio russo per la Difesa sia segreto, la spesa relativa dovrebbe oggi aggirarsi tra i 150 e i 180 miliardi di dollari all’anno (circa il 4 per cento del Pil), pari a tre volte quello inglese. Rispetto agli arsenali tradizionali, è stato rinnovato il 27 per cento degli armamenti con un picco del 71 per cento nella sola aviazione militare, con particolare riferimento al perfezionamento tecnologico dell’apparato missilistico e navale. E qual è l’obiettivo che si prefiggono i grandi strateghi di Mosca con simili massivi investimenti nella modernizzazione d’avanguardia delle forze militari russe? Niente di meno quello di creare un “sistema complesso di riconoscimento-risposta”, in cui un insieme sofisticato di strumentazioni collezionano e processano tutti i dati che provengono dal movimento dei veicoli di terra, da droni, satelliti e radio segnali emessi dal nemico, per poi organizzare una risposta armata e puntuale in tempo reale.

Per evitare, poi, le guerre che non finiscono mai (vedi quella dell’America in Afghanistan), Putin ha investito moltissimo sulla forza nucleare e, in particolare, sulle armi sporche, come alianti ipersonici; torpedini in grado di inquinare radioattivamente centinaia di chilometri di costa; missili nucleari di crociera in grado di circumnavigare indefinitamente l’atmosfera terrestre, e così via. A questo punto, è chiaro che la difesa della democrazia non può limitarsi alla semplice volontà di trattativa (Monaco docet), dovendo l’Europa, la Nato e gli Usa individuare una strategia comune che funzioni da efficace deterrente, per contenere e controbilanciare questo tipo di minacce ibride. E prima lo si farà, meglio sarà per i nostri amici come per i nemici.

Aggiornato il 18 novembre 2021 alle ore 11:28