Migranti verso le Canarie: la “bara” atlantica

La rotta atlantica affrontata dai migranti della costa occidentale dell’Africa verso le Canarie si sta dimostrando doppiamente letale rispetto al 2020. Secondo i dati riportati dai sistemi di rilevazione spagnoli, tra il primo gennaio e il 14 settembre 2021 sulle coste dell’arcipelago sono sbarcati oltre 11mila migranti, il doppio rispetto ai primi nove mesi del 2020, contando quasi ottocento vittime recuperate, tra cui circa 180 donne e cinquanta bambini. Ma il numero dei morti, compresi i dispersi, è stimato molto più alto. Il 24 settembre, l’OimOrganizzazione internazionale per le migrazioni – ha dichiarato che il numero dei morti, sulla “via delle Canarie”, è in costante aumento. L’Oim, controllata dalle Nazioni Unite, ha stimato che solo nel mese di agosto quasi 380 migranti hanno trovato la morte lungo questa rotta per raggiungere l’arcipelago spagnolo.

Va tuttavia considerata la consistenza dei “naufragi invisibili”, affondamenti che non risultano dalle statistiche reali, ma che sono una realtà che si manifesta al momento del ritrovamento dei relitti o dei corpi arenati, generalmente sulle coste occidentali del continente africano. Secondo l’Ong Caminando Fronteras, che è in contatto con le comunità di migranti, nel 2021 quasi 2mila persone sono morte durante la traversata, stimando che almeno 40 barche siano scomparse senza lasciare traccia sulla rotta verso le Isole Canarie. Dati ufficiali affermano che il 20 agosto un gommone con oltre cinquanta persone a bordo si è rovesciato a circa 250 chilometri dalle coste dalle Canarie: risulta sopravvissuta solo una persona. Una barca partita dalle coste della Mauritania a metà agosto si è persa a 500 chilometri dall’isola di El Hierro, ritrovata a fine agosto con a bordo ventinove persone decedute tra cui sette bambini, solo 26 erano sopravvissuti. A largo di Fuerteventura una trentina di migranti sono morti a fine agosto su un barcone partito dal Marocco. Ma questi naufragi sono una piccola parte di una lista ancora molto lunga.

Le testimonianze dei sopravvissuti sono agghiaccianti: “Dopo giorni alla deriva i naufraghi iniziavano a morire e i loro corpi sono stati gettati in mare in modo che la barca non fosse troppo pesante”. E ancora: “C’erano persone che sembravano perdere la testa, a volte si mordevano e urlavano e si buttavano in mare”. Molte segnalazioni di pescatori parlano di questi “naufragi invisibili”, i cui corpi rimangono impigliati nelle reti da traino dei pescherecci, o spiaggiati sulla costa atlantica dell’Africa.

Tuttavia, a differenza del 2020, quando un flusso inaspettato di migranti ha travolto le Canarie, con un numero di migranti otto volte superiore a quello del 2019, oggi le isole si dicono “pronte” ad affrontare l’aumento della pressione migratoria. Su questa emergenza il Governo spagnolo ha attuato nel 2020 il “Piano Isole Canarie”, un sistema di accoglienza che ha organizzato nell’arcipelago circa 7mila posti abitativi di emergenza, dei quali attualmente sono occupati circa mille. José Luis Escriva, ministro per la Migrazione e l’Inclusione sociale, a inizio settembre ha dichiarato che il sistema organizzativo di accoglienza ha permesso di “pilotare” i migranti in modo da non creare indignazione sia tra gli autoctoni che tra i turisti, che prima dovevano assistere a migranti che dormivano per le strade o si accampavano sia nelle città che in prossimità delle zone turistiche, creando spesso disordini.

L’accoglienza è senza dubbio un “atteggiamento” da valutare per la dignità di tutti, sia di chi emigra che di chi deve riceverli, ma la problematica maggiore, visto che la fase di allontanamento dalla propria terra pare ingestibile, è quella del “viaggio”. Frank Laczko, direttore del Global migration data analysis center dell’Oim, ha affermato che il numero effettivo di morti in mare è probabilmente molto più alto rispetto alle improbabili stime, sottolineando che “relitti in cui non ci sono sopravvissuti sarebbero comuni su questa rotta, e anche quando le barche sono segnalate in difficoltà e soccorse, è difficile determinare il numero di vite perse”.

È noto che le motivazioni che spingono alla migrazione sono molteplici e anche fisiologiche alle dinamiche umane, ma in questi ultimi tempi, oltre i conflitti, la povertà e la complessità a effettuare una migrazione “regolare”, si aggiungono pressioni che continuano a costringere le persone a intraprendere questi viaggi nell’Atlantico estremamente pericolosi. Tra queste “pressioni” annovero il grosso contributo dato dalle esacerbanti misure imposte da organismi internazionali finalizzate, in teoria, a combattere un Covid sanitariamente non percepito in Africa; ma in pratica tali imposizioni applicate per creare un “credo del Covid” causano un disastro economico e sociale, i cui effetti si scorgono anche sulla migrazione. Effetti che, con alcune “varianti”, sono simile all’Occidente.

Aggiornato il 04 ottobre 2021 alle ore 10:11