Anche il Montenegro sotto la “morsa” cinese

La recente storia dell’area balcanica ha mostrato una certa attrazione verso la “fascinosa” Cina. Ricordo solo che l’Albania, dopo lo svincolo dalla pressione dell’Impero Ottomano, raggiunto insieme a Montenegro, Serbia e Grecia, a seguito della Prima guerra balcanica, si avviò con grande prudenza a cercare legami con altre nazioni più organizzate, ma sempre con una estrema attenzione a non scegliere interlocutori “invadenti” e geograficamente troppo vicini. Così, brevemente, alla fine dei vari abbracci italo-tedeschi, e sovietici, scelse “l’antipodica Cina” come interlocutore ed alleato. Il rapporto tra Pechino e Tirana era tra Mao Zedong e il leader comunista albanese Enver Hoxha. La scelta estremorientale protesse e isolò l’Albania dal resto del mondo, ma la compresse sotto una “coltre” strategico-culturale i cui resti sono, ancora oggi, migliaia di bunker disseminati sull’ex regno di Giorgio Castriota Scanderbeg e che furono “l’ombrello dell’Albania”. Inoltre, subì anche il “soffocamento” di ogni espressione religiosa.

Ma la Cina ha troppe armi nel suo equipaggiamento strategico per poterla ignorare, così la sua pressione economica nell’aerea balcanica è proseguita con le prassi ormai collaudate, caratterizzate dalla grande capacità di offrire tecnologia a un buon livello per la costruzione di infrastrutture, con relativi prestiti di ingentissime quantità di denaro erogato dalle generose ma implacabili banche cinesi. Così nell’ambito del mastodontico progetto cinese, finalizzato alla realizzazione della Nuova Via della Seta nell’area Euroasiatica, anche il Montenegro, non solo per esigenze interne, ha contrattualizzato un rapporto con la Cina per la costruzione di una autostrada che dovrà collegare la costa adriatica al confine con la Serbia e con Belgrado. Anche questa “operazione” è uno dei tanti progetti infrastrutturali realizzati da Pechino nei Balcani.

Il Montenegro aveva ottenuto un finanziamento per questa opera nel 2014 dalla banca cinese Exim. Questo mutuo di 795 milioni di euro ha un periodo di rimborso di 14 anni, con prima rata scaduta lo scorso mese di luglio; ma si stanno già sollevando troppe accuse di corruzione e dubbi sulla fattibilità del progetto, ma soprattutto sulla capacità di solvere il debito. Il Governo di Podgorica, che sta negoziando la sua adesione all’Unione europea, tramite un comunicato del ministro delle Finanze, Milojko Spajic, citato dall’agenzia ufficiale Mina, ha dichiarato che ha pagato una prima rata di rimborso di 27,79 milioni di euro. Per agevolare il pagamento del debito, il Montenegro ha stipulato un accordo con due banche europee e due statunitensi per la copertura del rischio di cambio nel periodo. Ha dichiarato Milojko Spajic che “con questo accordo abbiamo liberato il debito pubblico montenegrino dal rischio valutario che era come un nodo del boia.

Il prestito cinese, che rappresenta un quinto del debito estero del Montenegro, riguarda la costruzione da parte di una società cinese, di un primo tratto di 41 chilometri di autostrada, per un totale di circa 170 chilometri e che, dopo diversi rinvii, sarà inaugurato a novembre. Fatto questo breve quadro, quale può essere il rischio per il Montenegro? La risposta è abbastanza intuibile: infatti in caso di mancato rimborso, una commissione arbitrale di Pechino potrebbe costringere il Montenegro a cedere la gestione delle grandi infrastrutture, secondo quanto sancito nel poco noto contratto d’appalto cino-montenegrino. La prossima scadenza per il rimborso è prevista per gennaio 2022.

La “trappola” di Pechino si insinua in un Paese che conta meno di 630mila abitanti, e che dovrà “racimolare” oltre 760 milioni di euro per terminare i 130 chilometri necessari per completare l’opera. Il Governo cinese è stato accusato, negli ultimi anni, di avere intuito e afferrato le problematiche legate al “debito” dei Paesi in cui sta realizzando titanici progetti infrastrutturali, anche nell’ambito delle sue nuove Vie della Seta. La Cina nega di voler aumentare la sua influenza nei Balcani attraverso i suoi investimenti e parla, invece, di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa.

Il Montenegro, a marzo, si è rivolto alla Commissione europea per chiedere aiuto per rimborsare o rifinanziare il prestito. In un primo momento Bruxelles aveva reagito, spiegando che non intendeva “rimborsare prestiti contratti con terzi”. Ma il commissario Ue, Oliver Várhelyi, delegato per la politica di vicinato e l’allargamento, ha comunicato all’inizio di luglio al Governo montenegrino che Bruxelles stava lavorando a una “possibile soluzione per aiutare il Montenegro a far fronte alle difficoltà” create dal credito verso la Cina.

Va considerato che tali realtà si stanno da tempo verificando anche in Africa. In Nigeria, ad esempio, la “questione” di un gasdotto di 615 chilometri del valore di 2,8 miliardi di dollari sta mettendo in crisi la compagnia petrolifera statale Nnpc e tutto l’enorme indotto, a causa delle banche cinesi, Bank of China e Sinosure, che non erogano la somma di un miliardo di dollari promessa e necessaria alla Compagnia petrolifera per pagare il debito e proseguire i lavori. Questa è una ennesima versione delle articolate “trappole cinesi” per costruire un controllo globale del sistema economico.

Aggiornato il 03 settembre 2021 alle ore 09:58