Ancora razzi sull’aeroporto di Kabul, 9 morti nel raid americano

Cinque razzi sono stati lanciati contro l’aeroporto di Kabul ma sono stati intercettati dal sistema anti-missili americano. Al momento non sembrano esserci vittime. È quanto riporta Fox, citando fonti della difesa americana. Secondo indiscrezioni riportate da altri media citando testimoni, i razzi sarebbero stati lanciati da un’auto. La Casa Bianca ha confermato il tentato attacco missilistico contro l’aeroporto, sottolineando che “le operazioni continuano senza interruzioni”. Lo ha reso noto in un comunicato Jen Psaki, portavoce del presidente Joe Biden. “Il presidente – si legge nella nota – è stato informato che le operazioni continuano ininterrotte all’aeroporto di Kabul e ha riconfermato l’ordine che i comandanti raddoppino gli sforzi per dare priorità e fare tutto il necessario per proteggere le nostre forze a terra”.

Ci sarebbero anche sei bambini tra le nove vittime civili del raid americano che ha colpito un veicolo che trasportava attentatori suicidi dell’Isis-K verso lo scalo della capitale afghana. E mentre i talebani assicurano che consentiranno agli afghani autorizzati di lasciare il Paese, Washington si prepara a ospitare oggi un incontro virtuale con i maggiori partner sull’Afghanistan. Sul tavolo l’approccio all’evolversi della situazione. Presente anche l’Italia.

Josep Borrell invoca un’autonomia strategica europea sulla crisi afghana. “Come europei – dichiara al Corriere della Sera – dobbiamo usare questa crisi per imparare a lavorare di più insieme. E per rafforzare l’idea dell’autonomia strategica. Dovremmo essere in grado di muoverci anche da soli. Rafforzando le nostre capacità, rafforziamo la Nato”. Il vicepresidente della Commissione e alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, analizza la complessa situazione in Afghanistan. Secondo Borrell “l’Europa spesso reagisce solo di fronte alle emergenze. Da questa esperienza dobbiamo tirare degli insegnamenti. Ognuno dei Paesi Ue presenti in Afghanistan si è mobilitato attorno all’aeroporto di Kabul in queste settimane. Hanno cooperato fra loro e hanno condiviso le capacità di trasporto. Ma come europei non siamo stati in grado di mandare seimila soldati attorno all’aeroporto per proteggere la zona. Gli americani ci sono riusciti, noi no”. Per questo propone la “creazione di una Initial Entry Force europea che possa agire rapidamente nelle emergenze. La Ue deve essere in grado di intervenire per proteggere i propri interessi quando gli americani non vogliono essere coinvolti. La nostra First Entry Force dovrebbe essere composta di cinquemila soldati in grado di mobilitarsi a chiamata rapida”.

Intanto, Marta Cartabia annuncia di essere al lavoro per salvare magistrati e giuristi in Afghanistan. In un colloquio con i giornalisti di Repubblica la ministra della Giustizia, afferma di essere “in contatto con uomini e donne afghani, per professione impegnati nel mondo della giustizia, e che per anni hanno lavorato con l’Italia per costruire uno stato di diritto nel loro Paese. Di ora in ora tutto diventa più difficile, ma i nostri sforzi per cercare di mettere al riparo professionisti che rischiano atti di ritorsione per essersi esposti nella difesa dei diritti fondamentali, anche con pronunce importanti, non possono fermarsi”.

Cartabia è “personalmente in contatto con alcuni operatori di giustizia afghani. Dalle loro parole emerge anzitutto l’angoscia per il destino di quanti si sono esposti in prima persona e per i loro familiari. Ma il loro pensiero è anche per il destino del loro Paese. Grande trepidazione mi è stata trasmessa per il timore che il lavoro di questi anni – di costruzione di uno stato di diritto, quel seme di cui tanti si sono presi cura e che hanno visto crescere lentamente e faticosamente – sia cancellato così, con un colpo di spugna”. E la ministra lancia un appello: “Confido che tutta la Ue – e in particolare il commissario Reynders, il cui impegno per la difesa dello stato di diritto è sotto gli occhi di tutti – trovi le energie per sostenere unita il popolo afghano”.

Frattanto, alcune studentesse afghane iscritte a La Sapienza rimaste bloccate a Kabul, firmano una lettera inviata alla Stampa. Un messaggio simile è stato anche inviato a Repubblica. “Chiediamo al governo italiano – scrivono – e alla comunità internazionale di collaborare con noi studenti dell’Afghanistan, siamo un gruppo sociale vulnerabile in questo paese martoriato e abbiamo urgente bisogno di aiuto per salvare le nostre vite da questa situazione di immediato pericolo. Abbiamo bisogno della speranza per continuare la vita”. Nelle due lettere le studentesse e gli altri colleghi descrivono il terrore che stanno vivendo e chiedono aiuto.

“Ieri ho letto la notizia che i talebani prenderanno il controllo dell’aeroporto alla fine di questo mese – scrivono sulla Stampa – ho un nodo alla gola che mi sta soffocando. Mi chiedevo se ci sarà qualcuno che possa leggere queste righe dal mio cuore spezzato e aiutarci a uscire da questa città sofferente prima che ci seppelliscano con tutti i nostri sogni”. Un’altra studentessa racconta il suo tentativo di fuga in aeroporto: “Mi sono trovata faccia a faccia con i talebani e ho passato il loro posto di blocco – scrive nella lettera a Repubblica – sono stata picchiata da loro: mi hanno colpito alla schiena con un tubo ma ho resistito, mi sono trascinata vicino all’ingresso dell’aeroporto, ma è successo qualcosa che mi ha scosso l’anima. Un’esplosione. Si è fatto buio ovunque, sono scappati tutti. Mi sono trovata nella stessa situazione capitata alle mie amiche qualche tempo fa. Le vite di alcune delle mie migliori amiche sono state spezzate all’interno di una scuola dove si stavano preparando per l’esame di ammissione all’università”.

Aggiornato il 30 agosto 2021 alle ore 13:14