Kabul come Saigon: i talebani dopo i comunisti?

Come saranno i tetti di Kabul in quel fatidico giorno a venire dell’11 settembre 2021? Affollati di elicotteri stracolmi di profughi collaborazionisti, come quelli che lasciarono in tutta fretta e nel caos più completo Saigon in quel drammatico giorno del 29 aprile 1975? No, di certo. Se è vero che la Storia la seconda volta si ripete sempre in farsa, questo del ritiro americano programmato a tavolino con largo anticipo ne è una testimonianza eloquente. Forse è il caso di chiedersi se il sogno occidentale del Nation building (di “civilizzare”, cioè, società barbare governate da regimi dispotici e illiberali, dopo averne occupato il territorio e sconfitto militarmente il regime oscurantista al potere) non sia, in realtà, una grande truffa per svuotare gli arsenali militari obsoleti, sperimentare nuove armi tattiche e super tecnologiche (droni armati, cyberguerre, missili intelligenti) e, soprattutto, per controllare aree di importanza strategica per i flussi planetari di merci e per l’approvvigionamento di materie prime essenziali.

Di certo, l’Afghanistan non ricade in nessuna delle due condizioni precedenti, essendo un territorio in prevalenza montuoso e arido, in cui la più grande risorsa è rappresentata dalla coltivazione estensiva e illegale del papavero per l’estrazione dell’oppio. Venti anni fa, l’America e l’Occidente si allearono per invadere l’Afghanistan ed estromettere il regime fondamentalista dei talebani, colpevoli di aver dato ospitalità e rifugio agli autori degli attentati dell’11 settembre 2001.

Tuttavia, nonostante due decenni di occupazione e di lotta alla guerriglia condotta senza tregua dalle milizie fondamentaliste degli Alunni di Dio, l’America e l’Occidente si ritrovano al punto di partenza, dopo aver inutilmente bruciato nell’impresa 2 trilioni di dollari e causato la morte di molte migliaia di vittime civili e militari, sia afghane che americane. Pertanto, è lecito chiedersi per quale motivo la drammatica farsa del Nation Building porti sistematicamente al risultato finale di dover abbandonare a se stessi regimi collaborazionisti corrotti e incapaci, come avvenne per il Vietnam del Sud, per l’Iraq e oggi per l’Afghanistan, nonostante le immense risorse finanziare e militari investite (soprattutto dagli Usa) per rafforzarne il potere.

La spiegazione è, forse, molto semplice: facile per una superpotenza armare corpi militari di spedizione; impossibile o quasi, una volta ottenuta la vittoria militare, sostituirli sul campo con altrettante truppe civili formate da ingegneri, interpreti, esperti e profondi conoscitori degli usi, delle tradizioni e dei costumi locali, insegnanti, tecnici qualificati per la costruzione delle reti infrastrutturali (ferrovie, elettricità, acquedotti, scuole, ospedali e fognature), in grado di creare occupazione di massa degli attivi locali in età da lavoro e di formare le giovani generazioni, tenendole il più possibile lontane dai conflitti armati. Basterebbe sostituire i soldati con qualche decina di migliaia di professionisti civili di buon livello (garantendone la sicurezza) per ottenere il risultato di un Nation Building degno di questo nome, come lo fu, ad esempio, quello conseguito dall’Impero Romano.

Anche stavolta, in occasione dell’ennesimo ritiro epocale dell’Occidente da uno scenario problematico di guerra, a prendere le difese di una popolazione civile inerme e poverissima saranno reparti militari e di sicurezza locali, sfiduciati, demotivati e con scarsa preparazione professionale. Alla prima malaparata, vista la determinazione dei loro avversari che non temono la morte e non esitano a ricorrere alle stragi indiscriminate provocate dagli attentatori suicidi, i reparti lealisti sono destinati a dissolversi come neve al sole, rinunciando a combattere per poi mettersi in salvo oltreconfine (come già sta avvenendo!) dopo aver abbandonato le armi, fuggendo dalla provincia nord-est del Badakhshan per rifugiarsi nel Tajikistan come è accaduto per migliaia di soldati governativi in queste ultime settimane!

La speranza remota, una volta abbandonato a se stesso l’Afghanistan, è che si insedi dopo l’11 settembre 2021 un Governo di coalizione e riconciliazione nazionale, formato da laici e da fondamentalisti islamici, con l’America pronta sostenere in modo determinato, finanziariamente e militarmente, il Governo filo-occidentale di Kabul. Essenziale sarebbe in questo senso il contributo di pacificazione offerto dal Pakistan che, da sempre, ha solidi alleati tra i signori della guerra pashtun afghani.

Comunque sia, anche nell’ipotesi migliore, questo vorrebbe dire raggiungere soluzioni di compromesso con i talebani, tenendo conto delle loro richieste che riporterebbero indietro di qualche secolo le attuali, deboli conquiste dei diritti civili, impedendo nuovamente alle donne di uscire di casa e alle ragazze di frequentare regolarmente la scuola. Sotto la rigida scure della censura fondamentalista ricadrebbero libertà elementari come quella di ascoltare musica “profana”, di vestirsi all’occidentale e di praticare la propria religione. Torneranno così in vigore le pene corporali per chi commette peccato e la pena di morte per i blasfemi e per tutti coloro che violeranno i precetti fondamentali della Sharjah, o legge islamica. Lo scenario più probabile, comunque, è quello di una riconquista manu militari di “tutto” l’Afghanistan da parte dei talebani, che faranno buon uso delle loro scontate vittorie militari contro le forze lealiste per riprendersi il potere senza la necessità di ricorrere a mediazioni e accordi con il regime laico di Kabul.

Del resto, finora la riconquista talebana di almeno metà del Paese ha incontrato una scarsa se non nulla resistenza da parte delle truppe governative, anche se i fondamentalisti si sono limitati a occupare i sobborghi delle principali città, senza ancora penetrare a fondo negli insediamenti urbani. La cosa si spiega con il fatto che, una volta conquistate le città, bisogna poi saperle gestire dal punto di vista amministrativo con personale civile competente, risorsa umana quest’ultima che scarseggia notevolmente nei ranghi degli islamisti, ben indottrinati al Corano e alla guerra, ma assolutamente digiuni di quelle competenze tecniche ritenute prerogative del “Satana” occidentale. Quindi, sempre meno burro e molti più cannoni per il futuro del popolo afghano!

Aggiornato il 15 luglio 2021 alle ore 10:32