La Spagna respinge e l’Italia accoglie

I confini spagnoli sono letteralmente sotto assedio da giorni. Tra lunedì e martedì circa ottomila migranti hanno assaltato Ceuta e Melilla, le famose enclavi spagnole in Marocco, da cui la Spagna gestisce il fenomeno migratorio e che – per molti versi – sono assimilabili alla nostra Lampedusa. Gli immigrati, perlopiù marocchini e sub-sahariani, eludendo la sorveglianza della polizia, hanno inaspettatamente scavalcato le barriere poste a difesa del territorio iberico. Come era prevedibile – e come già accaduto in passato – sono scoppiate le tensioni: si sono registrati lanci di sassi ed episodi di violenza da parte dei migranti contro le forze dell’ordine. Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, in conferenza stampa a Madrid, ha dichiarato di essere pronto ad adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini e che la priorità è quella di assicurare il controllo del flusso migratorio e la soluzione ordinata di questa nuova crisi.

In conseguenza di ciò, il Governo spagnolo ha schierato l’esercito e i mezzi blindati ai propri confini e ha scelto la strada dei “respingimenti a caldo”, opzione prevista dagli accordi bilaterali col Marocco che consente alle autorità spagnole di riportare indietro tutti gli immigrati che valicano la frontiera privi di documenti, senza procedere prima all’identificazione e all’accertamento dello status giuridico. Insomma, per la legge spagnola, il fatto stesso che qualcuno si introduca nel Paese senza autorizzazione, è già un buon motivo per rimandarlo indietro. Il che è perfettamente sensato e naturale. Pare che più della metà dei migranti (quasi cinquemila) siano già stati riportati in territorio marocchino.

A nulla servono le denunce delle varie sigle pro-migranti per le presunte violazioni dei diritti umani e delle convenzioni internazionali: la Spagna fa quello che la sua legge gli consente di fare, in nome della sicurezza degli spagnoli. Ed è giusto che sia così. Il sospetto è che dietro questo nuovo assalto migratorio ci sia una ritorsione da parte delle autorità marocchine, solitamente zelanti nell’opera di contenimento dei flussi migratori e nella sorveglianza dei loro confini, ma stavolta inspiegabilmente negligenti. Secondo Madrid, infatti, gli arrivi massicci degli ultimi giorni sarebbero una sorta di vendetta per la decisione della Spagna di consentire l’ingresso in anonimato al capo del Fronte Polisario – l’organizzazione secessionista e repubblicana del Sahara occidentale – Brahim Ghali. Quest’ultimo, malato di Covid, avrebbe chiesto e ottenuto il ricovero presso l’ospedale spagnolo di Logroño. Sulla base di questo, sia il ministero degli Esteri spagnolo che il governo marocchino hanno convocato l’ambasciatrice di Rabat in Spagna, Karima Benyaich. Per il momento i due Paesi cercano di ribadire la storica collaborazione, lealtà e amicizia, sebbene la tensione diplomatica provocata dalla recente crisi migratoria sia palpabile da ambo le parti.

Reazioni anche dall’Unione europea. Il presidente del Consiglio, Charles Michel, ha espresso appoggio e solidarietà alla Spagna, sottolineando come non si tratti di un problema di Madrid, ma di tutta l’Unione, essendo le frontiere spagnole frontiere europee (come quelle italiane, del resto). Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, sostiene invece il bisogno di una politica comune sulla migrazione, che veda l’Europa negoziare come una entità politica unica coi Paesi circostanti, al fine di riuscire a gestire la situazione in maniera ottimale. Anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è fatta sentire chiedendo – anche lei – una politica comune sul tema immigrazione e partenariati più forti con i Paesi chiave come il Marocco. Si è espresso infine l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione, Josep Borrell, il quale dichiara che è necessario appoggiare la Spagna dinanzi ai recenti accadimenti e che la priorità è evitare la morte dei migranti e ristabilire l’ordine sul confine.

Le solite belle parole. Le solite pacche sulla spalla. Le solite frasi di circostanza che potremmo ormai citare a memoria. Ma sempre e solo di parole si tratta. Di semplici suoni cui non è connesso alcun significato reale. Di promesse vuote: le stesse che vengono tirate fuori dalle istituzioni europee quando si verificano problemi di ingressi e sbarchi illegali al limitare dell’Europa. Sicuramente sarebbe auspicabile una soluzione europea della vicenda, ma allo stato attuale delle cose sembra poco realistica, essendo quella migratoria una materia che per essere gestita richiede un potere politico del quale l’Unione non dispone. La Spagna ha agito e ha fatto ciò che doveva fare: il governo del socialista Sánchez (che le anime belle della sinistra italiana etichetterebbero come “fascista”, essendo le sue dichiarazioni le stesse dei leader della destra nostrana) ha difeso il suo territorio e i suoi cittadini, che è il solo motivo per cui lo Stato esiste. Il modello spagnolo andrebbe imitato nella maniera più fedele possibile, dall’Italia come dall’Europa, in quanto dimostratosi efficiente e capace di raggiungere il suo obbiettivo.

Ma l’Italia preferisce continuare ad aspettare le “calende europee”, invece di agire come si converrebbe e come sarebbe necessario per tutelare se stessa e i suoi cittadini. Mentre l’Europa, se da un lato da segni di voler imitare l’esempio spagnolo, almeno stando alle odierne dichiarazioni sulla necessità di bloccare le partenze attraverso gli accordi bilaterali coi Paesi del Nord-Africa; dall’altro insiste nel perseguire strade fallimentari e miopi come l’accoglienza diffusa e condivisa tra gli Stati.

Aggiornato il 21 maggio 2021 alle ore 11:39